Vacanze italiane

Creato il 18 luglio 2012 da Tabulerase

Vacanze degli italiani, ovvero l’idea che gli italiani hanno delle vacanze. Verrebbe spontaneo ripensare a quando esse si chiamavano “villeggiatura”, a potersele permettere erano in pochi e le mete erano vicine località balneari o montane, o semplicemente il paesello di campagna appena dietro l’angolo, a respirare qualche boccata d’aria buona: pur se le città di allora non erano le camere a gas di adesso.

 Dagli anni sessanta in effetti si inizia a parlare di vacanze fisse per la massa. I più, freschi di patente e di acquisto di una vettura, si limitavano a un ritorno al sud quando le fabbriche chiudevano, sempre ad agosto. Era una transumanza folle su quella “Autosole” da poco terminata, che però rappresentava uno spostamento epico, specialmente da Roma in giù ( e se si tratta di Salerno – Reggio Calabria, poco è cambiato), completata dal “ferry boat” se si era siculi.

 Nei decenni successivi si sviluppò l’industria del turismo e dunque cambiarono molte cose: iniziarono i viaggi di nozze alle Maldive, i pacchetti per le Canarie, le transvolate verso terre sempre sognate, fossero nel lontano Oriente e verso la grande America. Si apriva anche il bacino interessante di pensionati relativamente giovani e in forma, disposti a esplorare in pochi anni il mondo che non avevano visto in una vita.

 Né male andava per le mete italiane: si scoprì la Sardegna, si diffondeva l’abitudine alle settimane bianche, si approfondivano le città storiche, il famoso triangolo Roma/Firenze/Venezia, che quasi conocevano meglio , fino a quel momento, i turisti stranieri.

 Gli anni ottanta e novanta videro l’esplosione del fenomeno, tra fiorire di agenzie e moltiplicarsi di compagnie aeree. Quieti borghi dell’Algarve o del Nord Africa si prepararono a ospitare complessi e resort per concedere ai meschinelli, sempre più stressati dal lavoro d’ufficio, un po’ di esotismo a buon mercato.

 Il terzo millennio ha portato con sé qualche complicazione. Chi da la colpa all’euro, chi alla crisi globale, fino all’ultimo implacabile “spread”, sta di fatto che ci si ridimensiona:  periodi più brevi, ricerca del bed and breakfast, prestiti reciproci di case al mare o in montagna. Tanti restano a casa, ma  il moto perpetuo della maggioranza non si arresta.

 Di più, ora si può pagare a rate, così da non rinunciare a quello sfogo imperdibile da cui gli italiani sembrano ormai dipendere.

 Sì, perché non è così in tutto il mondo. Se gli statunitensi viaggiavano un tempo di più, in media, ora si sono rititrati presso le loro “locations”, visto che ne hanno di variegate; sembrano essere diminuiti anche i nipponici, un tempo caratteristici in quanto sempre muniti dell’occorrente per filmare anche i pali della luce; francesi e inglesi prediligono località dove possono parlare in madrelingua, dunque ex colonie. restano, a sciamare per il mondo, i soliti tedeschi, i nuovi russi, ma in circuiti più  “dedicati” e noi: i soliti italiani.

Siamo ovunque e non molliamo. Forse perché la politica turistica nazionale si è rivelata deludente e qualche giorno a Majorca ci costa meno di Capri e Taormina , dove la tensione derivata dal timore di apparire fantozziani blocca l’entusiamo e limita alla gita da mane a sera, in fondo non ci siamo arresi.

 Magari facciamo debiti, accettiamo quattro scali e due notti insonni, subiamo dispepsie e colpi di sole, ma al giro dell Piramidi non rinunciamo.


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