La giornata si preannunciava luminosa fin dal primo mattino. Un vento sostenuto si era alzato fin dalla sera precedente quando, ammirando il cielo dalla finestra dopo cena, mi dicevo che le stelle erano superiori al solito. Durante il viaggio sul Frecciarossa ho pensato al mio amico Sabato Cuomo perché mi ritrovai seduta accanto ad un terzetto d’ingegneri napoletani che, con le loro caustiche ed esilaranti battute sulla politica, mi distoglievano dal mio libro costringendomi involontariamente ad interrompere la lettura, in quanto era impossibile trattenere le risate. Mi sono goduta il tragitto in macchina fino al Campidoglio dove il cielo era sempre più azzurro, un azzurro quasi marino che rendeva il tutto più splendente. Sottolineo che un panino al prosciutto l’ho pagato solo 2 € e ho persino conservato lo scontrino: lo mostrerò alla barista dalla quale ogni tanto pranzo e chiederò cos’ha di diverso il pane e il crudo brianzolo per costare esattamente il doppio. Le due ore trascorse nell’attesa di poter entrare nella Sala Promoteca sono praticamente volate, tra orde di chiassosi ragazzini in gita e frotte di turisti da ogni dove, anche se a me sembrava di trovarmi in un distaccamento statunitense in più di un’occasione.
All’ingresso ho incontrato i messi comunali più gentili e simpatici che mi sia mai capitato in cinquant’anni di vita, e durante l’attesa ho chiacchierato amabilmente con Corrado Rainaldi, autore de Il lido verde, giunto giusto sei posizioni prima di me. Abbiamo parlato dei nostri libri, come una mamma e un papà che si ritrovano a chiacchierare dei propri figli all’uscita di scuola. E soprattutto mi ha raccontato, con occhi umidi e voce emozionata, della sua scelta di vita, ora che è solo e in pensione: una scelta di solitudine e scrittura in un luogo ameno ma volutamente sperduto. Devo dire che una certa invidia l’ho provata piuttosto per questa possibilità che per tutto il resto.
La sera si preannunciava un’affollata rimpatriata tra amici, e così è stato, quando ho raggiunto Pietro Vanessi a casa sua. Lì temo
Il Frecciarossa del ritorno mi sembrava più brutto di quello dell’andata, il paesaggio era più triste, il cielo lievemente velato. La mia anima però era serena e la soglia di casa è stata varcata con felicità, perché ero certa e consapevole che il mio libro era stato letto veramente: dettaglio non da poco e per nulla scontato nel panorama dei premi letterari italiani.
A proposito, mi stavo dimenticando: il mio romanzo Sogno amaranto è giunto al nono posto su 350 libri partecipanti.