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“Vacanze romane” 1983 – C’era una volta il Festival di Sanremo

Creato il 04 febbraio 2013 da Marvigar4

vacanze romane

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   La sera di giovedì 3 febbraio 1983, subito dopo l’esibizione di Giuseppe Cionfoli (forse frate, forse no), il palco del Teatro Ariston di Sanremo si illuminò per l’esibizione di un gruppo italiano da otto anni al vertice delle classifiche internazionali: i Matia Bazar. La terza partecipazione della band genovese alla rassegna canora sanremese avvenne a distanza di cinque anni dall’ultima fortunatissima apparizione, culminata con la vittoria finale grazie a un brano, …e dirsi ciao, che non verrà certo rammentato tra i più riusciti di un curriculum ormai ultratrentennale. Rispetto alla formazione del 1978 i Matia Bazar si presentarono con una novità: l’assenza di Piero Cassano, autore, arrangiatore e tastierista, rimpiazzata da Mauro Sabbione, un altro musicista genovese che seppe imprimere una svolta elettronica al gruppo proiettandolo verso nuove sonorità e sperimentazioni. La canzone dei Matia Bazar in gara al 33° Festival di Sanremo aveva lo stesso titolo di un film americano celeberrimo girato nel 1953 in Italia, Vacanze romane, ma il testo di Giancarlo Golzi, batterista della band, si mostrò subito come un’amara e ironica rivisitazione del clima magico degli anni ’50 romani rapportato al crepuscolo contemporaneo di una città che stava rapidamente obnubilando gli antichi fasti senza proporre alcun nuovo splendore. La melodia di Carlo Marrale, con l’apporto elettronico di Mauro Sabbione, sin dai suoi primi accenti propose uno stile retrò arrangiato in chiave moderna dando alla canzone un taglio tonale al limite del funereo. Tutto, in questo straordinario pezzo d’autore, sembrava uscito da un’atmosfera stile Sunset Boulevard, dove la Norma Desmond occasionale, interpretata dalla voce incomparabile di Antonella Ruggiero, riemergeva dalle nebbie del tempo per indossare i suoi vecchi candidi panni e lanciare un grido di dolore nostalgico alterato dalle sonorità delle nuove tecnologie. La sera di quel 3 febbraio 1983 i Matia Bazar furono sistemati su di un soppalco piuttosto striminzito, visto che la ribalta dell’Ariston non avrebbe potuto contenerli con tutti i loro strumenti e apparecchiature elettroniche, e di tale scomoda scarsa mobilità seppero avvalersi per regalare alla platea del teatro e agli oltre venti milioni di telespettatori italiani un’esibizione semplicemente memorabile. L’altezza della collocazione logistica divenne da subito simbolica: Vacanze romane non è stato soltanto il miglior brano di quella edizione del Festival di Sanremo, ma da trent’anni rappresenta l’ultima grande canzone uscita dalla rassegna canora, al pari di Nel blu dipinto di blu e di altri evergreen. I Matia Bazar giunsero quarti nel 1983, la classifica Totip dei voti popolari, non ancora ufficiale, li vide settimi, ma ottennero il Premio della critica, il più ambizioso e, in quel caso, il più veridico. Oggi difficilmente si è in grado di ricordare il solo ritornello della canzone vincente l’anno prima, figuriamoci di dieci o venti anni fa, perché da parecchi lustri a questa parte il livello qualitativo dei brani presentati è sempre più omologato e poco originale, però Vacanze romane fa eccezione e con la sua melodia e il suo testo “crepuscolari” ancora oggi sa descrivere un’epoca trascorsa aprendosi alla contemporaneità.

© Marco Vignolo Gargini

Matia Bazar

Vacanze romane

(Giancarlo Golzi – Carlo Marrale)

Roma, dove sei? Eri con me
Oggi prigione tu, prigioniera io
Roma, antica città
Ora vecchia realtà
Non ti accorgi di me e non sai che pena mi fai
Ma piove il cielo sulla città
Tu con il cuore nel fango
L’oro e l’argento, le sale da te
Paese che non ha più campanelli
Poi, dolce vita che te ne vai
Sul Lungotevere in festa
Concerto di viole e mondanità
Profumo tuo di vacanze romane
Roma bella, tu, le muse tue
Asfalto lucido, “Arrivederci Roma”
Monetina e voilà
C’è chi torna e chi va
La tua parte la fai, ma non sai che pena mi dai
Ma Greta Garbo di vanità
Tu con il cuore nel fango
L’oro e l’argento, le sale da te
Paese che non ha più campanelli
Poi, dolce vita che te ne vai
Sulle terrazze del Corso
“Vedova allegra”, maîtresse dei caffè
Profumo tuo di vacanze romane.



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