In Guinea, Liberia e Sierra Leone, l’attuale stima dei casi di morte e di contagio secondo l’OMS ha fatto segnare cifre molto elevate, rispettivamente oltre la decina e la ventina di migliaia. Numeri destinati a crescere, che hanno allarmato la comunità internazionale già dall’agosto del 2014. Attraverso numerosi forum, l’OMS, i Paesi africani e le organizzazioni no-profit di settore, stanno cercando un rimedio alla malattia tramite lo sviluppo di numerosi vaccini. In questo breve articolo cercheremo di fare il punto sulla situazione dello sviluppo dei vaccini, presentando i dati relativi all’impegno presente e futuro degli attori internazionali coinvolti.
Nei Paesi maggiormente colpiti dall’Ebola (Guinea, Liberia e Sierra Leone), la stima dei casi di morte al 20 marzo di quest’anno – secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – è di 10.236 decessi, mentre il numero complessivo di contagi da febbre emorragica (Ebola Hemorrhagic Fever – EHF) è di 24.753 casi1. A essi vi sono da aggiungere 35 casi di infezione, di cui 15 decessi, avvenuti nei Paesi limitrofi (Nigeria, Mali e Senegal) e in alcuni Paesi occidentali (Stati Uniti, Regno Unito e Spagna). Numeri significativi, che fanno di questa pandemia la più diffusa infezione del genere Ebolavirus mai registrata nella storia.
Le conseguenze di questa crisi sono evidenziate dai notevoli disagi sociali ed economici presenti nelle aree colpite, incentivate anche da una cultura non sempre aperta agli aiuti umanitari2, dal malgoverno locale e da un eccessivo restringimento dei rapporti commerciali aggravato dalla chiusura dei confini da parte dei Paesi partner.
Sono numerose le organizzazioni in campo che lottano per ridurre gli effetti di questa malattia e corposo è il numero di risorse economiche e umane investite nell’area: solo Medici Senza Frontiere, con i suoi 4.475 operatori, ha curato circa il 60% delle persone infette3; la statunitense Center of Disease, Control and Prevention (CDC) ha inviato staff di esperti in aiuto ai Governi dei paesi colpiti4; inoltre, un rilevante contributo è stato dato anche dalla Croce Rossa e dall’intera Comunità internazionale attraverso l’OMS e i singoli aiuti economici dei governi.
Come noto, durante il primo incontro dell’International Health Regulations (IHR) Emergency Committee sulla diffusione dell’Ebola del 2014 (tenutosi il 6 e il 7 agosto dello scorso anno a Ginevra), è stato dichiarato lo stato di “Emergenza di Sanità Pubblica di Rilevanza Internazionale”. Non meno rilevante è che in quella occasione, tra le raccomandazioni dell’OMS rivolte agli Stati membri, vi è stata una richiesta di una collaborazione internazionale per lo sviluppo di un vaccino capace di debellare definitivamente il virus.
A questo scopo, sono attualmente in corso numerose sperimentazioni. Tre di queste, che riguardano due tipi di vaccino, nel mese di marzo sono entrate nella terza fase del processo di sviluppo, caratterizzata da prove cliniche su gruppi di pazienti: il vaccino rVSV-ZEBOV, sviluppato dalla NewLink Genetic e dalla Merck Vaccines in collaborazione con l’Agenzia di Sanità Pubblica del Canada (Publich Health Agency of Canada – PHAC), è in fase di test a Conakry (Guinea) con il contributo dell’OMS e nella città di Freetown (Sierra Leone), con il supporto del CDC e del Ministero della Salute della Sierra Leone; l’Istituto Nazionale della Sanità statunitense e il Ministro della Salute della Liberia, invece, stanno lavorando nella città di Monrovia, con il vaccino ChAd3-ZEBOV, prodotto dalla GlaxoSmithKline Inc. (GSK) in collaborazione con l’US National Institute of Allergy and Infectious Disease (NIAID). Si presuppone che entrambi i vaccini potranno essere immessi nel mercato entro la fine del 2015.
Non vi sono stime ufficiali sul costo di questi vaccini, ma si conosce il prezzo della licenza di sviluppo pagata dalla Merck alla NewLink lo scorso novembre ($50 milioni) e si conoscono gli incentivi messi a disposizione dai governi, come la possibilità negli Stati Uniti di accedere al Priority Review Voucher (PRV), una cospicua somma di denaro donata alla prima compagnia che produce e registra presso la FED il vaccino contro l’Ebola. Iniziative importanti, che fanno pensare a una estrema “generosità” da parte di governi e case farmaceutiche o, semplicemente, ad un probabile tornaconto con un eventuale diritto di distribuzione di un vaccino capace non solo di prevenire la diffusione della sottocategoria Zaire Ebolavirus presente in questo periodo nell’Africa Occidentale, ma utile anche per affrontare altre categorie di Ebolavirus o di virus filamentosi simili.
Anche l’Unione Europea sta dando un notevole contributo alla lotta della malattia: tra ricerca clinica e copertura di misure di supporto a lungo termine, il contribuito UE è di oltre 414 milioni di euro, mentre, se si considerano i fondi donati dai singoli Stati Membri, la cifra sale ad oltre €1,2 miliardi. Di questi, 24,4 milioni sono stati destinati dalla Commissione Europea al finanziamento di cinque progetti che puntano a sviluppare potenziali vaccini e farmaci contro l’Ebola, con l’obiettivo di tradurre le scoperte in trattamenti disponibili nel mercato nel più breve tempo possibile. Il lavoro di questi progetti è iniziato nel mese di ottobre 2014 e alcuni hanno già cominciato a produrre risultati applicabili per l’attuale epidemia. Inoltre, insieme a una serie di partner dell’industria farmaceutica europea, la Commissione finanzia altri otto progetti di ricerca per lo sviluppo di vaccini e test rapidi di diagnostica. Questi progetti sono gestiti nell’ambito del nuovo Ebola+ Programme dall’Innovative Medicine Initiative (IMI) e finanziati per un totale di € 215 milioni, 114 dei quali provenienti dal progetto europeo Horizon 20205. Ad esso, si aggiunge un ulteriore sostegno alla ricerca clinica sull’Ebola attraverso l’European Developing Countries Clinical Trials Partnership (EDCTP), un progetto congiunto da parte dei paesi dell’Africa Sub-Sahariana ed europei per sviluppare i trattamenti per le malattie legate alla povertà, non solo Ebola.
Successivamente alle raccomandazioni dell’OMS di agosto, un passo in avanti da parte della comunità internazionale è avvenuto agli inizi di settembre, con la Consultation on potential Ebola therapies and vaccines (4-5 Settembre 2014, Ginevra). Al Forum hanno partecipato oltre 150 esperti, che hanno rappresentato i settori della ricerca scientifica, dell’etica, del diritto, dei finanziamenti e della raccolta di dati. Gli obiettivi di questo incontro sono stati quelli di: rivedere e valutare lo stato di sviluppo di interventi contro l’Ebola (terapie e vaccini); concordare gli obiettivi generali di un piano per la valutazione e l’utilizzo di potenziali interventi; identificare le azioni più importanti che devono essere prese; e, infine, stabilire quale sostegno è richiesto. In questa occasione vi è stato un alto consenso sul fatto che il trattamento tramite il plasma di convalescenza sia prioritario; è stata inoltre ribadita la necessità di investire in trattamenti terapeutici e nei due principali vaccini in sviluppo (che già da settembre erano il ChAd-ZEBOV e l’rVSV-ZEBOV).
Con l’obiettivo di sensibilizzare e promuovere una rapida introduzione nel mercato delle potenziali terapie e dei vaccini, si è tenuto a Pretoria (Sud Africa) dal 3 al 7 novembre 2014, il nono African Vaccine Regulatory Forum (AVAREF). In questa occasione è stato trovato un accordo sulla progettazione dei test clinici dei tre principali vaccini in sviluppo: oltre che sui due vaccini precedentemente citati, i quali sono attualmente già in fase clinica, è stato preso in considerazione anche l’ Ad26-EBOV della Johnson & Johnson che è, invece, nella seconda fase di sviluppo. Il Forum di Pretoria ha riunito funzionari della sanità pubblica, esperti di regolamentazione e del settore sanitario provenienti da 25 Paesi africani. L’incontro ha risvegliato grande interesse tra i governi del continente, soprattutto perché il meccanismo di processo accelerato che sarebbe stato successivamente messo in atto potrebbe essere utilizzato come modello base per velocizzare l’accesso alle terapie potenzialmente utili in altri casi di emergenza.
Con gli stessi obiettivi dell’AVAREF, uno degli ultimi Forum a livello internazionale sul caso Ebola, è stato il WHO Scientific and Technical Advisory Committee on Ebola Experimental Interventions (STAC-EE), tenutosi a Ginevra il 13 novembre 2014. Con l’ausilio di alcuni test svolti in precedenza, anche in questa assemblea è stata ribadita la necessità di puntare sull’utilizzo del sangue infetto, considerando questo, però, come un importante obiettivo a medio termine. Un’ulteriore richiesta, è stata quella di incrementare gli sforzi per trovare uno standard sui risultati delle sperimentazioni cliniche che faciliterebbe le analisi successive. La STAC-EE ha incoraggiato, inoltre, ulteriori indagini sulla possibilità di produrre immunoglobuline dai sopravvissuti ma, poiché non esistono impianti di frazionamento del sangue nei paesi colpiti, è stato necessario considerare l’utilizzo degli impianti in altri Paesi per perseguire tale opzione.
I dati sui test sono costantemente in aggiornamento, come d’altronde lo sono le statistiche sullo sviluppo della malattia, con decine di nuove vittime e di nuovi casi di EHF ogni giorno. In questa occasione, la comunità internazionale ha dimostrato non solo di essere coesa, ma anche di essere pronta ad affrontare un’emergenza così pesante in maniera esaustiva e rapida. Certamente, i tempi previsti per lo sviluppo del potenziale vaccino contro l’agente Ebolavirus sono minacciati da problemi legati alla natura del virus stesso, dalla necessità di budget e da questioni logistiche, ma il fatto che due dei potenziali vaccini siano entrati nella terza fase di test agli inizi di marzo – se pure con un ritardo di qualche mese (durante il Consultation on potential Ebola therapies and vaccines di settembre 2014 si prospettava che sarebbe accaduto tra novembre e dicembre dello stesso anno) – fanno ben sperare che, entro la fine dell’anno, almeno uno dei vaccini possa essere immesso nel mercato. Questa speranza, inoltre, è accentuata dai numerosi incentivi previsti per la prima compagnia che riuscirà nell’impresa, creando un regime di concorrenza probabilmente mai visto per lo sviluppo di un vaccino di una malattia tropicale. Per quanto tale “novità”, dal punto di vista economico, sia interessante, essa apre ulteriori interrogativi sulla misura in cui la “concorrenza” possa esclusivamente portare a risultati positivi.
In ogni caso, un’azione così intensa è rara in questi casi e, da questa esperienza, può trarne vantaggio l’intera comunità internazionale. La speranza è che azioni simili vengano svolte anche in futuro, per quelle malattie e quelle crisi che pur non avendo “rilevanza internazionale” infliggono notevoli piaghe economiche e sociali a intere regioni.