Azogeno
La storia dell’azienda vadese “OCV “ inizia nel 1925. In quegli anni l’OCV si chiamava Società Anonima Azogeno, ancora oggi, gli anziani, la chiamano in questa maniera,”Azogeno”.
L’Azogeno era un autentico fiore all’occhiello dal punto di vista industriale e tecnologico, oltre che da quello strategico, per tutta l’Italia, per le sue produzioni. L’Azogeno era specializzata nella produzione di azoto sintetico e rappresentava un esperimento pilota nel settore, rompendo la dipendenza nei confronti con l’estero, per la preparazione dei concimi, ma anche per l’industria bellica, dove l’azoto sintetico veniva utilizzato per la fabbricazione di esplosivi.
La conversione bellica, come è noto, è stata una costante in molte aziende chimiche nel comprensorio savonese e un altro importante esempio è quello dell’Acna, ( nel periodo bellico S.I.P.E Società Italiana Prodotti Esplodenti) negli anni 80 assurta agli onori della cronaca per le vicende ecologiche che la coinvolsero.
L’Azogeno apre una strada tecnica seguita da altre aziende che svilupparono la produzione “alla grande”.
Azogeno
La fabbrica di Vado Ligure ha un’altra “sorella” che era sita nei pressi di Bussi, in provincia di Pescara, e resta per molti anni tra i principali produttori della materia già citata e rimane inserita nelle prime dieci aziende italiane specializzate nel prodotto.
Undici anni dopo la sua nascita l’Azogeno cede una quota azionaria all’allora CIELI (Compagnia Imprese Elettriche Liguri.) da questa nuova società nasce la Applicazione Processi Elettrochimici A.P.E.
E’ nel 1936 che prende avvio la produzione di cianuro di sodio e derivati uniti alla fabbricazione dei solfati e dei concimi chimici.
Nei primi anni 70 la Montedison, che nel periodo precedente aveva acquisito la proprietà, decide la chiusura dell’impianto vadese per collocarlo altrove. Inizia da qui la storia di una lotta sindacale epica, assimilata nel patrimonio genetico di ogni singolo lavoratore e, ancora oggi, i dipendenti del sito produttivo la agitano orgogliosi del loro passato. All’esperienza dei lavoratori di allora, quelli di oggi guardano come ad un esempio da seguire . I lavoratori di quel tempo infatti decidono l’occupazione dello stabilimento, occupazione che durerà tre anni, e che verrà sostenuta attraverso la solidarietà della popolazione vadese , savonese, ligure. Solidarietà che si manifesta attraverso invio di alimenti, denaro in tale quantità da superare i bisogni dei lavoratori che occupano il sito.
APE
A seguito di quella lotta, protratta per 3 anni, i lavoratori dell’Ape sono i primi in Italia a beneficiare della cassa integrazione e ad ottenere la riconversione industriale. Riconversione industriale che trasformerà la azienda chimica citata in Vitrofil azienda manifatturiera specializzata nella produzione di filati di vetro. In questo periodo le unità si attestano poco al di sotto dei 500 lavoratori. La Vitrofil, con tre forni costruiti nei suoi 14 anni di vita, riuscirà produrre diversi tipi di filati: rowing , chopped strand , chop pack,sia dry che wet; e i relativi materiali derivati dalla loro seconda lavorazione ; stuoie, ma, velo. Questi manufatti hanno indirizzi merceologici differenti, essi vanno dal settore automobilistico, alla nautica, all’elettrico ed elettronico ed infine settori legati alla produzione di materiale ad indirizzo ludico e sportivo.
Nel 1987 la Saint Gobain, colosso francese dalle variegate attività che vanno dal vetro agli abrasivi, alla ghisa e altre ancora, mette gli occhi su questa azienda dai piccoli volumi di produzione caratterizzata però da un’ottima qualità.
Vetrotex
Dopo averla acquistata, nel 1990 circa, inizia un processo che porta la Vitrofil, che nel frattempo ha cambiato denominazione in Vetrotex, a perdere numerose lavorazioni. La Vetrotex è in quel tempo una branche della Saint Gobain con numerose fabbriche distribuite su tutti i continenti che producono a loro volta fibra di vetro con diversi indirizzi merceologici. La scelta manageriale trasforma la fabbrica in una azienda specializzata nella produzione esclusiva del filo tagliato. Questa scelta comporta la conseguente perdita di posti lavoro, nel 1987 gli occupati si attestano sulle 460 unità per scendere inesorabilmente alle 200 nel 2007. Gli anni citati sono comunque caratterizzati da una particolare vitalità sia sindacale che politica, all’interno dell’azienda convivono diverse formazioni politiche e frequenti sono gli scontri sia tra queste, sia contro l’azienda.
Nel 2007 la Saint Gobain sceglie di uscire dal comparto delle fibre di vetro per rinforzo materie plastiche e inizia una stagione travagliata per tutta la Vetrotex che porterà quest’ultima ad essere acquisita dalla Owens Corning, colosso statunitense specializzato nella produzione dei filati di vetro dal 1932.
Questa operazione viene vissuta dai lavoratori con apprensione poiché il forno adibito alla fusione della materia vetrificabile è vetusto ed ha i giorni contati, il rischio della chiusura pare imminente anche perché sembra che la multinazionale non abbia interessi verso questa fabbrica. Dopo una lotta sindacale viene approntato un investimento di 20 milioni di euro, determinante per l’accordo e per ridurre il numero degli esuberi: è un’intesa tra il produttore di energia elettrica e gli esponenti di allora dell’amministrazione affinchè venga fornita energia ad un prezzo vantaggioso alle aziende energivore, tra le quali spicca l’azienda in questione.
Dopo un anno di fermata per il rifacimento del forno, il 2 di novembre 2009, la produzione riprende.
Appare subito evidente che le promesse fatte a suo tempo, su un vetro performante sia dal punto di vista meccanico sia dal punto di vista dell’abbattimento dei costi, su strumenti di lavoro esenti dai problemi precedenti , si rivelano infondate. Innumerevoli sono i problemi, problemi che non trovano soluzione fino all’agosto del 2011 quando finalmente la produzione si avvia verso un percorso virtuoso.
Probabilmente però i giochi sono fatti…… il 15 febbraio ’12 la dirigenza comunica alle rappresentanze sindacali la chiusura dell’impianto. La ragione di questa scelta è da ricercare nei costi di produzione alti, dove quelli energetici la fanno da padrone, rendendo un gap in negativo, confrontato con gli stessi prodotti in Francia, di 19 centesimi di dollaro per chilo.
La chiusura della OCV comporterà la perdita di 128 unità più altre 80 circa legate ad un’azienda “sorella”, rimasta ancora “Vetrotex” e all’indotto. Con l’abbandono di questo stabilimento, oltre ai posti di lavoro, andrà perduta l’ultima azienda del comparto chimico dall’occupazione degno di nota nel comprensorio vadese, testimonianza di un patrimonio di lotte sindacali che attraversano quasi un secolo, lotte che, additate ancora oggi ad esempio, indicano la via non della disperazione ma della lotta.
Gioele 4,10
(Pezzo inviato da dipendete OCV)
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