Val curone, tra haiku e natura

Da Postpopuli @PostPopuli

di Marco Grassano

“Val Curone, tra haiku e natura”

La Val Curone (da Wikipedia)

Incapace di scrivere alcunché in Alessandria, ritrovo spirito di osservazione e voglia di descrivere appena ritorno in Val Curone. Continuo così coi miei esercizi pseudo-giapponesi.

Alla sera del 5 luglio, dopo cena, il Giarolo si erge in un crepuscolo di vago bianco sporco tinto di rosa antico. I campi di frumento, o di altre graminacee, sono diventati tutti gialli, e un po’ giallognoli iniziano ad essere anche gli appezzamenti rinselvatichiti. Si sentono vibrare le ali delle cavallette, dei grilli e di qualche sparso imenottero ancora in volo. Gli uccelli, come sottofondo sonoro, continuano a intrecciare i loro richiami elaborati.
Contorna il monte
crepuscolo rosaceo.

Il giallo cresce
nei campi. Insetti vibrano.
Sferruzzano gli uccelli.

Solo con l’oscurità, poi, si vedono le lucciole: non soltanto nel bosco sopra casa, ma anche nell’erba del sentiero che sale verso l’ovile del Bruno.

Col buio pulsa,
mobile, uno stellato
tra l’erba e i rami.

Il pomeriggio del 6 luglio, il cielo era di un azzurro più pallido, quasi velato di una sottile caligine. Su di esso, grandi blocchi di nuvole, come zatteroni, si muovevano, con colori dal bianco al grigio scuro.

Nel cielo smorto
vanno le nubi a zattere
di bianco e grigio.

Mentre andavamo a Lunassi, verso le 19.30, passando da Magroforte inferiore, Magroforte superiore, Costa dei Ferrai e Serra, si vedeva un pennacchio di nube bianca, circondato e in parte coperto da altre nubi scure; suggestivo era l’accostamento tra i pendii illuminati dal sole, coi loro colori, e il tono bluastro delle nubi nel cielo.

Smagliante effetto
tra nube bianca, nembi
e ripe al sole.

Arrivato in paese, ho seguito Via Marchesi Malaspina, una stretta stradina asfaltata che costeggia da sotto le case e sovrasta il dirupo verso il Curone. Lì, verso il torrente, accanto a un capanno avvolto di rampicanti e col tetto di fibrocemento, ho visto una palmetta come quella che c’era nella piscina di San Sebastiano.

Piccola palma
dalle foglie a stiletto
sotto Lunassi.

Il mattino del 7 luglio, le cicale attaccano a cantare assai presto, già verso le 7.30, quasi il sole desse il via al loro verso raggiungendo coi suoi raggi i nidi tra le foglie.

Via alle cicale,
appena il sole tocca
i loro nidi.

Le lavande, adesso, oltre che di imenotteri, sono piene di farfalle (bianche, marrone chiaro, marrone scuro, qualcuna anche nera) che svolazzano attorno. Soffia, per qualche secondo, una brezza, che fa staccare e planare al suolo, come un nugolo di farfalle, le foglie gialle delle robinie.

A un soffio d’aria,
foglie – farfalle gialle -
volano al suolo.

Alberi e cespugli oscillano all’unisono, in una specie di danza diretta dal vento.

Vento coreografo,
fa dondolare a ritmo
alberi e arbusti.

Appena dopo pranzo, nel cielo c’erano nubi che poi si sono pigramente disfatte, sfilacciandosi verso ovest.

Tenui acquerelli
di nubi, in indolente
sfarsi verso ovest.

Il monte Giarolo (da giriesalite.altervista.org)

Mentre scendeva il buio e io innaffiavo le lavande, sul Giarolo indugiavano nubi pastellate, tra le quali il cielo appariva di un azzurro fosco, da pietra dura (verso Est, invece, le nuvolette erano scure contro un cielo ancora ardente).

Blu di zaffiro
tra le nubi, al crepuscolo,
borda il Giarolo.

Alla mattina di lunedì 8 luglio, quando mi sono alzato, appena dopo le sei, si sentiva un sonoro ronzio sulla pianta di tiglio dei vicini, che intensamente profumava. Sulle lavande, gli insetti erano ancora pochi.

Mattino presto.
Sul tiglio gli imenotteri
ronzano forte.

La sera del 10 luglio, sul versante sinistro del Giarolo, un accenno di temporale che però si è risolto in nulla.

Si affosca il monte.
Qua e là spacchi di folgore.
Rotola il tuono.

Mattino del 14 luglio, ore 9.00. Stavolta l’haiku basta da solo.

Sopra il paesaggio
un lieve appannamento.
Il cielo è smorto.

Stesso giorno, ore 11.40.

Nasconde il capo
il Giarolo fra nubi
di tenue grigio.

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