Una volta uscito le polemiche si placarono perché difatti nella pellicola non viene dato nessun giudizio all'opera di Vallanzasca, non vengono date giustificazioni e non viene esaltata in nessun modo la sua figura. Placido e Rossi Stuart si elevano a super partes e si limitano al solo racconto (ovviamente romanzato) del famoso rapinatore. Un punto, questo del super partes, che seppure giustamente evita di spaccare in due l'opinione etica degli spettatori, pone dei limiti al racconto, il quale risulta come una sola esposizione degli eventi.
Molto buona è la caratterizzazione del protagonista ad opera di Kim Rossi Stuart, che ci rimanda quello che era il suo stile, la sua arroganza la sua voglia di essere un qualcuno. E sebbene l'attore sia anche in grado di reggere tutta la pellicola attorno a sé, la carenza di personaggi secondari forti si sente eccome. Questi ultimi vengono solo descritti blandamente e risultano poco spiegati nonché poco caratterizzati e l'unico capace di avere un minimo profondità è il solo personaggi di Enzo interpretato da Timi, che è tale solo grazie alla bravura dell'attore.
La regia di Placido non è male e fa quel che può anche se, visivamente, si perde un po' il contorno metropolitano dell'epoca (la Milano di Vallanzasca) che viene per lo più celata... che poi è la stessa cosa che accadeva alla Roma di Romanzo Criminale.
Vallanzasca è un che si può considerare generalmente buono, anche se la preponderanza del suo protagonista tende a squilibrarlo nel racconto.
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