Vallanzasca torna in carcere

Creato il 03 giugno 2011 da Maurizio Lorenzi

Trasgredisce per amore di una pr . E Vallanzasca torna in carcere

Era con l’amica cinquantenne e non al lavoro. Detenuto a Bollate, usciva dal marzo 2010

MILANO – E stavolta più che un’evasione, una scappatella. Lei sui cinquant’anni, occupata nel campo della comunicazione: non una giornalista, forse una pr, un’organizzatrice di eventi. Lui be’, è il solito Renato Vallanzasca. Ora, la frequentazione tra i due sarebbe certa. Confermata da appostamenti e prove. Ma non è soltanto questo. Il pluriomicida, rapinatore, sequestratore, per l’appunto autore di fughe dalle carceri e ancor oggi – così acciaccato e spelacchiato – oggetto di desideri femminili, avrebbe fatto altro. Per cominciare vedeva chi non doveva. No, non la signora. Pregiudicati. Forse qualcuno del vecchio giro. I vecchi italiani della malavita. E poi potrebbe profilarsi un reato. Oltraggio a pubblico ufficiale. Nel corso d’una perquisizione nella cella a Bollate, Vallanzasca, 61 anni e 260 anni da scontare (e 4 ergastoli) avrebbe offeso gli agenti della polizia penitenziaria. Eccoli qui i motivi della sospensione della semilibertà. Il regime prevede la notte in prigione e parte del giorno fuori a lavorare.

Detenuto scomodo, Vallanzasca. Un suo sbadiglio può diventare una valanga. Fa notizia a prescindere. Impossibile cadere nella dimenticanza. Se non scrivono libri, ci fanno sopra i film. Dicono: sta pagando il debito, è da tempo in galera, basta, lasciatelo in pace. Dicono pure: rimane lo stesso, non cambia mai, se le cerca, merita una lezione. E allora chi è l’ex bandito? Kim Rossi Stuart, che l’ha interpretato per la regia di Michele Placido, ha detto: «È un uomo diverso dal pazzo assassino di una volta». Antonella d’Agostino, la moglie, amica d’infanzia, ha ricordato: «Ci sono persone colpevoli di delitti molto più efferati che sono già libere». Il provveditore lombardo alle carceri Luigi Pagano, come d’abitudine, invita alla calma: «Chiariamoci subito. C’è stata una sospensione. Non una revoca. La semilibertà tornerà? Probabile. Diversa nella forma. Dobbiamo valutare. Ci sono regole e sanzioni». Nei corridoi di Bollate le guardie ripetono: «Un tipo arrogante. Ne ha combinate troppe. Ha superato il limite».

La libertà di Vallanzasca iniziò in una cooperativache tratta pellame. Il marzo del 2010. Non durò. Forte di nozioni imparate a Bollate, il carcere diretto da Lucia Castellano e vanto del sistema penitenziario italiano, l’ex bandito s’era messo in testa di lavorare ai computer. Aveva chiesto un aiuto. Accontentato. Un impiego in una ditta di pc. Niente. Informative della polizia hanno via via disegnato una geografia milanese non proprio da regolamento. Una comparsata in questo baretto e una chiacchierata sul marciapiede con questo tizio. Vedeva, parlava, ascoltava. O forse è giusto dire rivedeva, riparlava, riascoltava. Intanto i poliziotti gli stavano dietro. Lo fotografavano. Mentre in auto andava verso il luogo di lavoro. Mentre parcheggiava. Mentre s’incamminava. Un bicchierino rapido. Un’occhiata. In due, in tre. Dalle parti di viale Certosa. Renato, stai lontano da quelli, ordinavano. Faceva il contrario. Spingendosi su verso l’ingresso in autostrada e verso Quarto Oggiaro. Cenni, sorrisi. Strette di mano. Raccontano perfino di telefonate. Dispensava consigli? Dava dritte? Chiedeva per sé? Il fascino del male, evidentemente, vale anche per Vallanzasca.

Vista nei dintorni della cooperativa di pellame. Un ritorno di fiamma? Una recente conoscenza? Quale il volto della donna della quale ha dato conto l’informato blog «Notte criminale»? Alla fine, cosa e a chi importa. Quando arriva la libertà, ti dicono, la prima che chiede il conto è la natura. Passeranno mesi, adesso, per un nuovo permesso: l’iter della giustizia sarà lungo, chissà quando uscirà, Vallanzasca. Chiacchierando con un cronista de il Giornale aveva confessato: «Io sono sempre quello, nel senso che sono fumantino… Se quando fanno le perquisizioni una guardia un po’ giovane mi dice “togliti le mutande”, a me viene spontaneo rispondergli “le mutande toglile a tua sorella”».

Di Andrea Galli. tratto da www.corriere.it


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