Abolizione del valore legale della laurea, per esempio, significa poter distinguere tra una laurea e l'altra mentre adesso a partità di voto (o di fascia di voto) una laurea in economia nell'università x, legalmente, equivale ad un'altra presa nell'università y. Per le aziende, in realtà, il valore legale non ha mai avuto un vero e proprio "valore" nel senso che un'azienda, se lo ritiene opportuno, è assolutamente libera di assumere un tale perchè laureato presso x piuttosto che il talaltro, laureato presso y. Per i concorsi pubblici, invece, l'uniformità era obbligatoria.
Quali possono essere i vantaggi? Abolendo il valore legale della laurea si potranno alla lunga formare poli scientifici ad alta efficienza in termini di ricerca e formazione in quanto, una volta a regime il sistema, lo studente ambizioso farebbe di tutto per accedere ad un'università eccellente perchè una laurea lì potrà aprire prospettive miglior che l'omologa presa altrove. E se abolizione del valore legale potesse voler dire la possibilità, da parte delle università, di pagare in modo non uniforme i professori (che attualmente, al di là delle anzianità, sono equiparati), premiandoli per produttività scientifica e rilevanza internazionale, davvero anche in ambito universitario potrebbe essere, in tutto e per tutto, premiata la capacità. Certo un meccanismo di questo tipo potrebbe significare, alla lunga, la morte dei poli piccoli e locali, finendo per accentrare il mondo accademico. Ma dal mio punto di vista, questa è una conseguenza logica e perfino vantaggiosa in quanto, in ambito universitario, i piccoli poli non possono fare una buona formazione: uno studente universitario deve poter avere davanti a sè un panorama formativo il più vasto possibile e un corso di laurea sarà all'avanguardia quando sarà avanti nel più possibile degli ambiti di ricerca! Un ulteriore vantaggio potrebbe essere lo stop al conseguimento da parte degli impiegati pubblici di lauree "a punti", prese al solo scopo di fare quegli scatti di carriera garantiti dal titolo di studio: in questo modo, almeno in teoria, lo scatto avverrà soltanto se il titolo conseguito sarà davvero all'altezza di ciò che veiniva richiesto per quel ruolo!
Quali i contro? Il contro, secondo me, è il rischio che nei concorsi pubblici si facciano nepotismi: di fatto, l'abolizione legale del titolo dà un maggior grado di libertà a chi assume in quanto vengono meno quei vincoli che prima escludevano i candidati meno quotati. Negli ultimi anni, per esempio, in ambito universitario la strada è stata quella di rendere più vincolati i concorsi perchè questa era l'unica strada per essere più o meno sicuri che la valutazione fosse oggettiva. Ad oggi, infatti, due commissari su tre sono estratti a sorte e la valutazione avviene sulla base del numero di pubblicazioni del candidato e sulla qualità delle riviste su cui questo ha pubblicato.. Prima, invece, c'erano scritto e orale e i gradi di libertà erano maggiori.. Vincolando la scelta a parametri oggettivi come le pubblicazioni, non si è risolto il problema, ma si sono fatti dei passi avanti rispetto a prima. E, tra l'altro, ciò è avvenuto in un periodo di vacche magre, finanziariamente parlando..
Quindi, quale la migliore scelta? Io, personalmente, propendo per l'abolizione, convinto che se questa riuscisse a creare una vera concorrenza in ambito pubblico e universitario, alla lunga uffici e dipartimenti smetterebbero di fare assunzioni a perdere ma baderebbero ad assumere gente capace di far crescere il sistema perchè così ne guadagnerebbero tutti..
Voi, in attesa della consultazione sul Miur, che ne pensate?
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