Vanni santoni, “terra ignota – risveglio”

Creato il 23 novembre 2013 da Postpopuli @PostPopuli

di Giovanni Agnoloni

Vanni Santoni, Terra ignota – Risveglio, Mondadori

Se c’è un motivo per cui mi sono appassionato al fantastico tolkieniano, è la sua ricchezza simbolico-archetipica. È dunque con questo stesso spirito che – avendone parlato preliminarmente con l’autore – mi sono avvicinato alla lettura di Terra ignota – Risveglio, primo atto della trilogia fantasy di Vanni Santoni (qui connotato dall’acronimo aggiuntivo “HG”, per differenziare la sua opera fantastica dal resto della sua produzione narrativa, e in omaggio allo scrittore italiano Guido Morselli, autore di Dissipatio H.G. – che stava per humani generis).

Un’opera, Terra ignota, che racconta una ricerca – una quest nel senso più caratteristico del genere –, quella di una ragazzina dalle eccezionali doti guerriere, Ailis, che, dopo la devastazione del suo Villaggio Alto da parte di crudeli cavalieri, parte sola per un viaggio che spera la possa portare a ritrovare l’amica Vevisa. Nel corso di questa lunga peregrinazione, conoscerà la prigionia, la crudezza dei duelli d’armi e la tortura, ma anche la bellezza dell’amicizia e dell’amore. E, soprattutto, si troverà a dover affrontare la quasi-insormontabilità di un’intelligenza malvagia, non disgiunta dal trapelare, dalle pieghe delle proprie tortuose vicissitudini, di un’antica verità che la tocca personalmente.

È proprio in questa verità che si annida il nucleo di maggior efficacia del libro di Santoni, che si colloca all’intersezione tra il fantastico d’impostazione pop, con i suoi stilemi e i suoi topoi, e quello appartenente alla tradizione classica e più in genere colta, in un’ibridazione che cerca di cogliere la natura composita – e bifronte – di ogni archetipo, per metà “concetto primitivo” appartenente al Profondo e comprensibile solo per un tramite intuitivo, e per metà immagine riflessa su un orizzonte razionale, e perciò stesso intelligibile.

Un esperimento che avrà ulteriori sviluppi nei successivi libri della saga, e nei cui “segreti” cerchiamo di addentrarci nell’intervista che segue con l’autore.

1. In Terra ignota – Risveglio ci introduci a un mondo fantastico di cui volutamente non ci illustri la geografia con una mappa. Perché?

Ci sono varie ragioni. La prima, e più prosaica, è che aprire un romanzo intitolato “Terra ignota” e trovare come prima cosa una mappa sarebbe stata una contraddizione in termini. Poi c’è il fatto che ormai la mappa a inizio libro è un vero e proprio cliché del genere fantasy, come tanti tolkienismi si è prima affermata e poi irrancidita; quanti libri abbiamo visto con improbabili geografie in apertura, con foreste dai nomi cupi, l’immancabile crepaccio, le montagne a bordo mappa… Mi piaceva quindi rompere tale prassi. Infine, ed è il motivo più importante, Terra ignota è un libro che ha molto della fiaba – il fantasy è sempre, se vogliamo, qualcosa con un piede nel mito e uno nella fiaba, ma in questo caso i riferimenti specifici sono davvero molti – e le fiabe non sono, per definizione, mappabili: agiscono in mondi dai confini necessariamente sfumati, altrimenti si perderebbe molta della loro magia. Qualcuno ha già detto che è quando si mappa la foresta che il piccolo popolo se ne va per sempre? Be’, lo dico io adesso.

2. - La pluralità di fonti e di livelli di analisi alla base di questo romanzo emerge in numerosi punti del testo, che però sono tutti amalgamati in un discorso narrativo “medio” – ovvero, né “alto”, né “basso”. Frutto della debita attenzione da rivolgere prima di tutto alla trama e al carattere coinvolgente della storia – soprattutto in un genere avventuroso come il fantasy – o di un’operazione intellettuale paragonabile, naturalmente mutatis mutandis, a quella che Dante Alighieri fece con la lingua della Commedia?

Il paragone mi onora ma è senz’altro esagerato, principalmente per il fatto che Terra ignota non mira a consolidare una nuova lingua, ma semplicemente a trovare un registro adatto a contenere riferimenti che tanto spaziano tra alto e basso, basti pensare che si va dall’epica classica di Iliade o Eneide, o opere come L’Orlando Furioso o la stessa Commedia, a fumetti o cartoni animati come Berserk, Ken il guerriero o Dragon ball.

A una presentazione qualcuno ha detto che Terra ignota starebbe al fantasy come il Django di Tarantino al western: paragone anche questo probabilmente esagerato, ma vero per quanto riguarda intenti e modalità: qui si ibrida deliberatamente un canone che va dall’opera coltissima – in alcuni casi addirittura iniziatica – alla produzione popolare per ragazzi, e per farlo senza troppi intoppi credo sia indispensabile trovare una lingua che possa essere, se non proprio comun denominatore, almeno un collante che possa far presa su entrambi i tipi di superficie.

Vanni Santoni (da liquida.it)

3. Hai già dichiarato come tu abbia voluto andare oltre il fantastico “alla Tolkien”, ma in diversi punti – penso soprattutto a varie descrizioni ambientali – la sua lezione si percepisce nitidamente. È veramente così difficile “liberarsi di lui”? E, dopo tutto, è necessario?

Quello che mi premeva era andare oltre tutto ciò che da Tolkien è derivato, o peggio ancora deriva da cose a loro volta derivate da Tolkien. Tutti quegli elfi algidi e dai capelli lunghi, tutti quei nani burberi… Molto fantastico contemporaneo patisce questo eccesso di derivatività, questo attingere da Tolkien come se fosse mito o fiaba, invece che direttamente dal mito o dalla fiaba.

Al di là di ciò, è ovvio che il fantasy moderno, per quanto a voler essere raffinati si origini in realtà da The worm Ouroboros di Eddison e dalle opere di Howard, trova la sua prima sintesi davvero efficace nel lavoro di Tolkien, e quindi non lo si può mai dire completamente archiviato.

4. Quanto del Santoni di Personaggi precari (l’altro tuo libro da poco uscito) e Se fossi fuoco, arderei Firenze è – sia pur marginalmente – presente nel Santoni scrittore di fantasy? O meglio, prevedendo che la tua risposta sia “Nulla o quasi”, qual è il minimo comun denominatore delle due esperienze letterarie? Lo spirito di osservazione e “contemplazione umana” che sta dietro tanto lo scrittore realistico quanto il “mitopoieta”?

Penso che per capire come si inserisce Terra ignota rispetto alla mia produzione “classica” del passato, ma anche del futuro, mi ci vorranno ancora diversi anni. Per ora, sì, mi pare qualcosa di completamente diverso, che si lega magari piuttosto con In territorio nemico, i lavori del quale mi hanno insegnato ad apprezzare anche i libri “tutta trama”, a trovare un certo qual gusto dell’azione – se vogliamo la piccola Ailis di Terra ignota è imparentata col giovin Curti di In territorio nemico in questo andare sempre avanti, sia pure nella consapevolezza di essere in balìa di meccaniche più grandi e e fuori controllo, e anche nel prendere tante di quelle mazzate… Anzi peggio, con tutte quelle che gli capitano, almeno il Curti non viene mai trafitto da parte a parte.

5. Sono diversi gli archetipi evocati dal primo atto di Terra ignota. Su tutti, mi pare di poter dire, la donna-guerriero. È un azzardo dire che Vanni Santoni HG ha lavorato (psicologicamente) sul suo “femminile”, insomma il suo lato intuitivo-visionario-creativo, che presumo essere lo stesso alla base della sua passione per i giochi di ruolo?

La scelta di una protagonista femminile era naturale. L’eroe maschio è esploratissimo a tutti i livelli, mentre l’eroina donna è ancora un territorio relativamente vergine, certo ci sono dei capisaldi, penso a Battle angel Alita, a Kill bill, a Queste oscure materie, a Ghost in the shell, al recente Hunger Games, oltre che ovviamente alla prima, più diretta e più grande “madre” di Ailis, l’Alice di Carrol, ma c’è ancora molto spazio per declinare l’archetipo in nuove direzioni. C’entra poi il fatto che un mondo ancestrale al femminile – un mondo di dee – è, di fatto, “più ancestrale” di un mondo di dèi.

Per quanto riguarda il lato intuitivo e visionario, è vero che in Terra ignota ha avuto libero sfogo in direzioni che la narrativa realistica difficilmente permette – penso innanzitutto alla parte, quasi psichedelica se vogliamo, che si svolge all’interno della foresta magica di Broceliande – ma visto quanto velocemente sono venute fuori, mi sa che erano cose che pressavano da tempo, e che finalmente ho potuto sfogare.

6. La saga continuerà con altri due romanzi e un prequel. Che cosa puoi anticiparci?

Intanto dico che il prequel è solo un’idea, per ora affascinante ma davvero solo ipotetica, e non è detto che esisterà mai. Per quanto riguarda invece la continuazione della saga, si passerà dal romanzo di formazione e viaggio – per più d’un verso il primo Terra ignota è infatti anche un Bildungsroman fantastico – a un discorso più corale, in cui Brigid, Lorlei, Morigan e la stessa Vevisa saranno, per dirla alla Martin, “point of view characters”, via via che la vicenda andrà ad abbracciare le grandi questioni geopolitiche – su tutto, l’espansione verso oriente dell’Impero e la crescente morsa del Cerchio d’Acciaio sulla politica interna – che nel primo volume sono solo accennate.

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