IL VENDITORE RESISTENTE AL CALDO, ALLA DONNA IN PIGIAMA E AI BAMBINI
Dallo spioncino avevo capito che trattasi di venditore porta a porta, ma ormai come potevo fingermi assente, che avevo appena imprecato “cazzo è?” giusto al di qua dell’uscio e al cospetto di tre infanti…
Raccolgo la Isa, solo perché non esca. Gli altri mi affollano le gambe. Praticamente polipi.
Lui è lì, nel varco avaro che gli concedo: l’incarnato olivastro, il volto scavato, distinto, nonostante l’evidente necessità di un intervento odontoiatrico.
Sotto il braccio un fascicolo pieno di fogli. Gli occhi a metà tra il garbo sorridente, forse perfino amante dei bambini, e la fatica nascosta dall’entusiasmo del marketing.
L’esordio è il solito.
Lui: “Volevo parlarle di…”
Io: “No, guardi, sono in pigiama, ho tre bambini addosso e sudo. Non è il momento.”
Ma tant’è, il pover uomo deve insistere nella promozione che, come sempre in questi casi (o come quelle misteriose super offerte dei call center), non può essere spedita per posta, letta su internet, o rinviata a qualsivoglia forma di contatto che non imbarazzi entrambe le parti in un tira e molla come nemmeno il pane dopo tre giorni.
Patrick e Sarah mi donano il lusso di spostarsi, hanno capito che la cosa non è di grande interesse. Preferiscono andare a scannarsi sulla cyclette, interrompendo la già poco prolifica conversazione con strilli al limite dell’umanamente udibile.
“Guardi, non ce la faccio: sente?”
Rivoli sfuggiti al galateo scendono dalle mie braccia che reggono ancora la piccola.
Qua e là rientro, quello sempre sullo zerbino: “Sarah, scendi di lì, non è un gioco! E non gridate, sto sta parlando!”
Promuove lampadine. Offerte luce. Non è chiaro (sebbene di luce si tratti).
“Non scaldano, consumano il 40% in meno, durano l’80% in più, non attirano gli insetti, sono infrangibili.”
Ma si accendono? (e in matematica quanto aveva?)
“Sarahhhh, se non la smetti di mordere Patrick ti chiudo in cucina!”
“Deve solo darmi un documento e una bolletta.”
Bingo: “No, guardi, se ne occupa mio marito, le bollette le ha lui. Io i bambini, lui le bollette.”*
“Sarah, vai in cucina, subito!”
Chiede di vedere i contatori, lo accontento.
“Deve solo darmi un documento e firmare”, il dito che già sfoglia quel suo mappazzone imbustato.
Prima che wikipedia ci salvasse facevano così con le enciclopedie. Mio padre se lo ricorda. Quella firma cazzuta sopra note infinitamente piccole che siglavano un contratto d’acquisto automatico, mi costò una lettera minatoria per tramite di un avvocato. Da allora, firmo a fatica persino le comunicazioni scolastiche (come è noto).
“No, guardi, non firmo niente. Sarah, ho detto in cucina!”
Lui sempre lì – ma come puoi non avere pietà? – inchiodato alla soglia. Con la sua giacca di lino, la camicia a maniche lunghe che si dimentica di sbucare dai polsi.
“Ma lei non ha caldo???”
“Ho vissuto in Africa.”
Ormai allo stremo propongo un armistizio: “Non è che può mandarmi l’offerta per mail?” Un interesse cordiale, seppur ben calibrato per non aizzarlo di nuovo.
Cerca un foglio con una faccia pulita (il foglio, e pure lui, che, Africa o meno, ha la pelle miracolosamente incolume dal luccichio che tutti vantiamo in questi ultimi tempi). Impugna la penna con rassegnazione e scrive sotto dettatura, senza la premura di ripetere.
Tenta un ultimo colpo al volo: “Enel? Scommetto che pagate tantissimo.”
Sì, guardi, ma mai quanto sto pagando adesso la sua presenza.
*scusa, Mathias: ho dovuto