Varna: " Libertad"

Creato il 04 settembre 2010 da Sara

"Libertad" nello stretto di Mitilene - golfo di Sigri- Mar Egeo.

Libertad", 85 tonnellate di stazza, lunga ventun metri e larga sei, a bordo 390 persone, stipate come sardine. 
Sulla Libertad si ammassano in vere e proprie barricate bagagli e uomini che strisciano e si arrampicano in questo groviglio di valigie e fagotti, tra i quali sono sparsi dappertutto gallette e pane. Dalla passerella della nave giungono in continuazione nuovi passeggeri alla ricerca di un posto: la maggior parte vengono così indirizzati verso la stiva dove si schiacciano l'uno contro l'altro, moltissime donne, molti vecchi, 85 bambini.
Con questa nave e con altri 389 compagni "di viaggio" nel giugno '40 mio padre, privato d'ufficio della sua nazionalità bulgara, viene costretto a lasciare Varna, la sua città,  la Bulgaria, il suo paese natale e tentare l'approdo illegale in Palestina.
Mi porto sulla prua della nave e piglio posto, guardo nell'acqua scura del Mar Nero e sento chiaramente che il nostro calvario è iniziato. E' una mattina di giugno chiara e fresca. Una ridda di sentimenti diversi si agita nel mio animo. Il mio sguardo scivola sulla città dove sono nato, alla quale mi legano i ricordi d'infanzia e di gioventù, di felicità e di spensieratezza, e tante care, varissime immagini, vive nella mia mente, si affollano davanti ai miei occhi.
Ho scritto "costretto" perché questa è  la realtà storica. Sarà pur vero che re Boris non ha consegnato gli ebrei a Hitler, ma ne erano rimasti pochissimi in Bulgaria, si era già provveduto ad espellerli  quasi tutti. Il metodo verrà utilizzato più volte e da più stati, anche da quelli dalle più nobili tradizioni di terra d'asilo come la Francia. Divenuta apolide la cantante Sylvie Vartan che rischiava il peggio nella Bulgaria comunista, per la famiglia Gainsbourg, proprio quella del famoso chansonnier Serge, il governo di Pétain decreta che in quanto ebrei non possono essere francesi e toglie loro sic et simpliciter la naturalizzazione francese prima concessa, anche il pittore Chagall conoscerà la stessa sorte.
La polizia continua implacabile con le espulsioni. Privare della cittadinanza è il mezzo migliore per sottrarre velocemente a persone inermi i diritti civili e politici. " Le viene tolta la nazionalità bulgara. La polizia le concede un mese di tempo per riacquistare la sua precedente nazionalità. Trascorso questo periodo lei deve assolutamente lasciare il paese!" - " Ma io non ho mai posseduto altra nazionalità che quella bulgara e quindi non mi è possibile acquistarne un'altra"- rispondo gentile ma risoluto. " Questo è l'ordine della polizia, firmi che è d'accordo. Altrimenti sarà obbligato a lasciare il paese immediatamente!".
Sono conosciute a molti le tragiche  peripezie dell'Exodus, ma di "Exodus" ce ne sono state tantissime, Atlantic, Milos, Pacific, Salvador, Sakariya, giusto per citarne qualcuna, navi dai nomi altisonanti e promettenti, navi cariche di disperati in fuga dall'Europa nazista verso la Palestina. Svariati i loro destini, alcune ce la faranno a mettere i piedi sulla "Terra Promessa", come per esempio dopo cinque settimane di navigazione e alterne drammatiche vicende il 18 luglio 1940 la Libertad di mio padre, altre no, come la Salvador affondata nel Mar di Marmara con il suo carico umano, i passeggeri dell'Atlantic verranno addirittura deportati nell'isola di Mauritius.
Libertad, Atlantic, Milos, Pacific trasportano questa gente verso le tempeste del mare e verso un'incertezza ancora più terribile dell'infuriare degli elementi. Nei paesi europei dove incalza la persecuzione antisemita non c'è più posto per questa gente, sull'intera superficie della terra sembra non esserci più un angolino per loro.
La foto è molto sfuocata e me ne scuso, mi sono servita di una fotocopia, gli originali li ho depositati qualche anno fa a  Yad Vashem, il Museo dell'Olocausto di Gerusalemme, come pure l'originale in lingua tedesca del libro " Libertad" di mio padre redatto nel '41, da cui ho tratto le citazioni di questo post.  E' solo un tassello fra le innumerevoli testimonianze e documentazioni di quei terribili anni, ma sono preziose perché ci sono sempre in circolazione i Faurisson e gli Irving, i revisionisti della storia, pericolosi "cattivi maestri" per  le nuove generazioni. Scrivendo penso a me, a ricomporre il puzzle della mia storia ma anche e soprattutto a loro, i miei figli, i miei nipoti, a tutti i giovani, al nostro dovere di trasmissione, siamo tutti figli di un difficilissimo 900 che bisogna però conoscere per comprendere e trovare delle risposte alla complessità del presente. In tempi più recenti abbiamo assistito alla tragedia dei boat people vietnamiti e oggi a quella delle masse di disperati che regolarmente tentano di approdare lungo le coste del nostro sud. Penso anche a quei 25 milioni di italiani che nell'arco di un secolo tra il 1850 e il 1950 sono emigrati  cercando una vita migliore in tutti i continenti, ne parla magistralmente il giornalista Gian Antonio Stella nel suo prezioso libro "l'Orda. Quando gli albanesi eravamo noi". Il senso dell'accoglienza risulta allora essere un valore imprescindibile, individuale e collettivo, da integrare nel  DNA dell'homo sapiens e degli Stati a tutte le latitudini.
Mio padre ha scritto il suo libro ad Atlith, il campo di internamento inglese a pochi chilometri da Haifa dove è rimasto sette mesi prigioniero (sei mesi la pena prevista allora dal Protettorato inglese per immigrazione clandestina) prima di ritornare ad essere finalmente un uomo libero.
Anche per noi si sono infine aperti i portoni di Atlith- non potevano certo tenerci prigionieri per sempre- e i miei compagni, ed io con loro, siamo entrati nella libertà. Quando i raggi del sole luminosi e liberi hanno cominciato quel mattino ad inondarci, abbiamo lasciato il campo nel quale eravamo rimasti così a lungo e ci siamo avviati per prendere il nostro posto in una nuova vita.


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