Vaudeville? Pochade? No, è proprio una gran vastasata. Come partire dall’Albergo del libero scambio e arrivare al Tito Andronico passando per Il Consiglio d’Egitto.

Creato il 06 agosto 2012 da Federbernardini53 @FedeBernardini

Questo articolo è stato pubblicato il 10 giugno del 2009 su “La Voce del Ribelle”…profetico, purtroppo.

Se vivessimo in un paese normale, non nel mondo iperuranio, ma semplicemente e modestamente in un paese normale, governato da una classe politica decente e forte di un’opinione pubblica bene informata e provvista di autonomia di giudizio, potremmo considerare con leggerezza la tresca del vecchio ganimede, della scaltra fanciulla e della moglie tradita, che minaccia il fedifrago brandendo il matterello mediatico. Sui quotidiani e sui periodici sarebbe tutto un fiorire di articoli di colore, che allieterebbero, in questi giorni d’estate incipiente, i nostri soggiorni marini.

Ma non viviamo in un paese normale. Sulla decenza della classe politica di governo, lasciamo a chiunque sappia leggere, scrivere e far di conto e abbia ancora la voglia o la capacità di informarsi, la più completa autonomia di ricerca: dall’analisi dei curricula di lor signori e di lor signore, potrà ricavare dati più che sufficienti a definire quali siano le loro attitudini.

Per quanto riguarda un’opinione pubblica ben informata e provvista di autonomia di giudizio, temiamo proprio che nel nostro Paese sia ridotta alla stregua degli eroici Spartiati di Leonida, che osarono l’impossibile, tentando di opporsi al dilagare dei Persiani “barbari”.

Ciò che ci viene offerto, dunque, non è un vaudeville, non è una pochade. No, è proprio una gran vastasata, diremmo con Leonardo Sciascia, un piatto più sapido, con un retrogusto amaro di tragedia.

-Ma quale tragedia?-  si affretteranno a dire lor signori e lor signore, -si tratta soltanto delle farneticazioni dei soliti comunisti con la sveglia al collo, trinariciuti e divoratori d’infanti-.

Eppure, a chiunque abbia letto o ascoltato con attenzione il pubblico  sfogo di Veronica Lario, non dovrebbe essere sfuggito che le sue non erano soltanto le parole indignate di una moglie ferita, ma una lucida, sintetica, spietata e quasi profetica proclamazione di una verità che rappresenta il nocciolo della questione politica e morale che affligge il nostro Paese e lo rende diverso da tutti gli altri, o almeno da quelli che usiamo definire civili.

Un grido d’allarme, quello di Veronica Lario, che si leva fuori del coro dei timidi e indecisi esponenti di un’opposizione debole e divisa, ancora alle prese con gli aspetti più esteriori e meno inquietanti del problema.

La verità profonda è un’altra  e ha il retrogusto amaro della tragedia: una tragedia in un prologo e due atti.

Nel prologo ci viene narrato l’antefatto: i lunghi anni della preparazione, che vedono un Re pescatore intento a pasturare i pesci, per trattenerli nelle acque basse e renderli facile preda, una volta gettate le reti. Il Re pescatore è malato: per punire i suoi peccati Iddio lo affligge con una deformità dalla quale potrà emendarsi soltanto con una pesca miracolosa.

Col primo atto torniamo al tempo presente. Il Re pescatore getta finalmente le sue reti e si compie la pesca miracolosa, più miracolosa di quella del lago di Genesaret. La sua barca brulica di pesci, milioni, decine di milioni e questi, anziché dibattersi nell’agonia della morte, sembrano danzare in preda a uno stupore ebete.

Ma il Re pescatore è sempre malato e allora continua forsennatamente a gettare e salpare le sue reti, perché ora Iddio gli comanda, per emendarsi dalla sua deformità, di pescare tutti i pesci del mare.

Col secondo atto veniamo proiettati nel futuro. Il Re pescatore, non sappiamo se per sua  libera  scelta o per volontà  divina, esce di scena. I conti palatini, ormai sciolti dal voto di fedeltà, si accapigliano per dividersi le sue spoglie, mentre i pesci continuano a danzare, in preda al loro stupore ebete.

Il reame è rimasto senza sovrano ma, all’orizzonte, si profila minacciosa la nave del generale Tito Andronico, nelle vesti di un caudillo sudamericano. I conti palatini, laceri e contusi, abbandonano la lizza e si apprestano a giurare fedeltà al nuovo padrone. La sorte dei pesci sarà, inevitabilmente, quella di essere fritti.

Federico Bernardini

Illustrazione: “Allegoria del Cattivo Governo”, fonte http://it.wikipedia.org/wiki/File:Lorenzetti_ambrogio_bad_govern._det.jpg



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