Come il film la mia location è sempre la stessa, ma a differenza di Marty e Doc io non ho toccato/spostato nulla.
Potevo piazzare qualche scommessa conoscendo il risultato? Meglio di no. Per vari motivi: punto primo spiegare a Palazzi che ho scommesso conoscendo già il risultato non è il massimo in questi tempi, e poi se avete letto 22/11/’63 di Stephen King converrete con me che giocare una scommessa assurda e vincente può farti guadagnare una vagonata di soldi, ma anche una manica di botte.
Infine, non ultimo, mi avrebbero rinchiuso in un manicomio dopo avermi deriso perchè francamente una giocata su un risultato del genere non l’avrebbe fatta nemmeno il più sbronzo Jack Torrance, non so se mi spiego Lloyd.
Tutto questo per dirvi che nel 2014 ci saranno i Mondiali in Brasile. Minchia Teo, direte voi, che sbronza galattica ti sei preso per aver fatto un introduzione del genere poi poi dirci solo che nel 2014 ci saranno i Mondiali in Brasile?! Lo sapevano anche i muri del Bar.
Ok, allora vi do un consiglio. Se un fortunello di voialtri capitasse giusto dalle parti di Rio de Janeiro nell’estate 2014 avrebbe tutta la mia invidia ma si guardi bene dal pronunciare una frase del tipo “Beh, ma i Mondiali in Brasile ci sono già stati”. Il suo interlucutore potrebbe tranquillamente sbiancare nella migliore delle ipotesi, nella peggiore non escludo un’ autocombustione, tipo l’impiegato nella copertina di Wish You Were Here dei Pink Floyd.
Perche quelli del 1950 in Brasile non furono Mondiali. Fu un’ecatombe.
E il racconto del mio viaggio parte proprio dal 1950, dal Brasile che si è aggiudicato l’organizzazione dei Mondiali, i primi del secondo dopo-guerra.
Non che ci fossero tante opzioni, il Brasile era l’unica candidata. Le nazioni europee, ancora mutilate dalla guerra, non avanzarano nessuna candidatura e fu così che il Mondiale si sarebbe disputato di nuovo oltreoceano, seconda volta dopo l’edizione del 1930 in Uruguay.
Vi partecipa anche l’Italia, ma l’anno prima, nel 1949 c’è stata la drammatica tragedia di Superga, e allora un po’ per paura, un po’ per scaramanzia la compagine azzurra decide di andare in Brasile in nave. Un miracolo che siano arrivati in tempo per l’inizio della competizione.
Il viaggio fu estenuante, e io lascio gli azzurri su una chiatta in mezzo all’oceano, a calciare piano i palloni, affinchè non vadano a finire in acqua.
Arrivo a Rio, ed è una festa. E’ tutto uno scoppiettare di mortaretti, c’è gente sorridente dappertutto.
Caspita che accoglienza, ma è normale, vuoi perchè sei in Brasile, vuoi perchè ci sono i Mondiali. Ma va, ma che Mondiali, c’è una passerella d’onore, perchè la realtà è ovvia a tutti: il Brasile ha vinto i Mondiali.
Oddio, non hanno ancora consegnato la Coppa Rimet, ma si tratta solo di una formalità.
La nazionale bianco e blu (non dite verde-oro, pazzi!! All’epoca il Brasile giocava con la maglia bianca con bordi blu, se parli di verde oro ti guardano di sbieco…) ha stravinto tutte le partite giocate fino a quel momento, sia quelle di rappresentanza, sia quelle di qualificazione, sia quelle del mondiale. Le ha vinte proprio tutte, senza dubbi, ombre o niente che potesse far dire a qualcuno che “quella non è la squadra più forte del mondo”.
Ma erano i più forti, come negare l’evidenza. Potevano contare su giocatori del calibro di Ademir, stella assoluta del calcio sudamericano degli anni ’50. E poi “o Mestre” Zizinho, Jair (non quello dell’Inter), Friaça, altro attaccante formidabile.
Tra l’altro, solo in quell’edizione, non si sarebbe giocata una finale classica, ma un gironcino finale all’italiana, coomposto da quattro squadre.
Chi arriva prima in classifica vince il Mondiale. Semplice. Semplice come vincere un Mondiale in casa se sei il Brasile e sei nel 1950.
Fato volle che l’ultima partita fosse praticamente una finale.
Il Brasile ha due risultati su tre, può anche pareggiare. Ma nessuno lo dice. Perchè questo Brasile vuole solo vincere, possibilmente con due o più gol di scarto, come al solito.
Il giorno prima della premiazione dei futuri verde – oro la folla sta già festeggiando per le strade. Si improvvisa addirittura un carnevale a Rio. La gente riempie i sambodromi, si vedono trenini umani, e gli ultimi ritardatari fanno la coda per piazzare le scommesse sul Brasile vincente.
Che sprovveduti, la maggioranza s’è presa per tempo, quando la quota era leggermente più alta, ma più che altro per evitare le solite code dell’ultimo momento.
Si va sul sicuro, ci si gioca tutto il giocabile, casa, risparmi, tutto. Cosa c’è di più sicuro? Non so, al momento se proprio devo rispondere mi viene in mente solo il Brasile che vince il Mondiale. Esatto.
16 Luglio 1950, Rio. Giorno della premiazione.
Gran ritrovo al Maracanà, ci sono giusto quelle 150 mila persone sugli spalti. Record di sempre dico io guardando lo stadio gremito oltre l’inverosimile.
Svolazzano di qua e di la i fogli dei quotidiani di quel giorno. Sotto al piede mi finisce la prima pagina di “O Mundo” che titola “Estes sao os campeoes do mundo” sopra la foto del team brasiliano.
E’ una festa continua, sono cori, sono canti, è tifo. Entusiasmo allo stato puro.
Ma io voglio vedere i pezzi grossi, quelli dell’elite.
Ci sono eccome, vuoi che manchi qualcuno ad un evento del genere?! Il più esaltato è il generale Angelo Mendes de Morais che ha pronto un discorso limpido, da pronunciare davanti alla folla.
Butto un’occhiata al foglietto che non lascia spazio all’immaginazione:
“Voi, brasiliani, che io considero vincitori del Campionato del Mondo. Voi, giocatori, che tra poche ore sarete acclamati da milioni di compatrioti. Voi, che avete rivali in tutto l’emisfero. Voi che superate qualsiasi rivale. Siete voi che io saluto come vincitori”.
Non so perchè ma mi sono immaginato la scena al San Paolo,non quello in Brasile, quello a Napoli. Per me già ad un discorso così avresti visto ottantamila persone con le mani sui co…eddai Frankie, siamo in un Bar!
E’ il punto più alto della storia calcistica, anzi, probabilmente della storia della nazione.
Ma voi non vi siete proprio accorti di nulla? E’ una vita che parlo e volete dirmi che non avete notato nulla?
Avete un minuto, un’ora, un giorno, per rispondermi. Il tempo è relativo.
Non è relativa la mia sete, dopo aver parlato così tanto. Quindi Frankie, invece di guardarmi come fossi l’ultima delle Bar Refaeli, potresti farmi una birra media e segnare sul conto. Quale conto? Minchia Frankie, sono qua tutto il giorno, ormai faccio parte degli immobili, hai paura che scappi?
Sarebbe una carognata eh?
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