Vecchi

Creato il 16 luglio 2012 da Tnepd

Eccoli lì nelle panchine del misero parco di quartiere a respirare l’aria inquinata della città che hanno contribuito a costruire. Hanno passato una vita lavorando. I più fortunati facendo un lavoro che piaceva. Molti altri dedicando la propria vita a fare azioni incomprensibili ed alienanti così come denunciato dall’impareggiabile “Tempi Moderni” di Charlot. Molte ore alla settimana per pochi soldi con cui sono riusciti a tirare su una famiglia, e al tempo stesso hanno permesso al Belpaese di entrare a pieno titolo nella modernità. Che significa costruire quartieri dove stipare lavoratori, e strade per permettere alle merci di raggiungere ogni luogo.

Per una bizzarria del destino (cinico e baro, come qualcuno lo definisce) il sogno modernista finisce proprio quando finisce la loro vita lavorativa. Loro appartengono alla specie Homo Industrialis, soppiantato dalla recentissima specie Homo Oeconomicus. Le due specie, neanche tanto apparentemente, sono incompatibili. Attento al mercato fisico il primo quanto attento al mercato virtuale il secondo.

Quello che succede è che mentre fino a pochi anni fa la modernità non conosceva soste nel sapersi replicare ed espandere, oggi sta conoscendo una crisi irrimediabile. Basti pensare alla bolla immobiliare, vera colonna portante del modernismo dantan. Intere aree industriali ormai dismesse segnano il passaggio dell’Homo Oeconomicus che come un tornado trascina in un rovinoso vortice finanziario tutta la produttività dell’Homo Industrialis. Gli splendidi esempi di architettura caltagironese che una volta erano il vanto dell’Italia che avanza sono ora dei residuati archeologici, slums postmoderni.

Il tempo ha saputo trarre in scacco ogni velleità, ed in questo caso non ha concesso sconti alle creazioni moderniste dell’Homo Industrialis. Sono convinto che saprà mettere in scacco anche l’Homo Oeconomicus, ed in tempi molto più brevi. Ma intanto obbliga gli esponenti anziani della specie precedente (costretta a subire le ingiurie della postmodernità che lentamente erode i suoi manufatti e prospettive di sviluppo) a confrontarsi con la pensione. Finita l’epoca della produttività in cui si era di utilità per padroni e sognatori modernisti (spesso la stessa persona), è arrivato il momento di godersi in santa pace il meritato riposo. Se non fosse che il precetto fondamentale neoliberista dichiara: “Ciò che non produce subito ricchezza (alle elites) è inutile”. Anche la meritata pensione quindi.

Non che per l’Homo Industrialis il profitto fosse una sciagura, tutt’altro. Ma c’era un disegno più ampio da rispettare. Disegno che si è schiantato davanti alla risoluta mancanza progettuale dell’Homo Oeconomicus se si esclude il dogma “guadagni immediati ad ogni costo”.

Come fare per sbarazzarsi di quell’inutile (dal punto di vista produttivo) e dannosa (dal punto di vista di risorse altrimenti utilizzabili) categoria di persone che corrispondono ai pensionati? Basta aumentare l’impegno degli Stati nell’osservanza del dogma neoliberista e alleggerire progressivamente la loro responsabilità nel mantenere dignitosamente chi ne ha assecondato i piani fino a ieri.

Nel nome di tale dogma (ribattezzato di volta in volta fiscal compact, spending review, pareggio di bilancio, patto di stabilità o in qualsiasi altro fantasioso e rassicurante nome) vengono così spesi così 4500 miliardi di euro per salvare le banche mentre si chiudono i rubinetti delle spese sociali, lasciando che i cittadini si arrangino come possono[1].

Si inizia con il salasso delle pensioni il cui potere d’acquisto è calato del 50% dal ’93 ad oggi: 2,4 milioni di pensionati percepiscono meno di 500€ al mese[2]. Si passa poi alla sanità: essendo gli anziani notoriamente meno in salute dei giovani, si rende l’accesso ai servizi sempre più disagiato. C’è di tutto: dalle ore di attesa per il pronto soccorso alla difficoltà di eseguire analisi a causa di liste di attesa lunghe mesi oppure di trasporti pubblici inefficienti o assenti. Vogliamo poi parlare di quei servizi sociali che, diminuendo, richiedono una forte presenza di anziani per supplire alla mancanza di Stato? I nonni diventano così fonte di reddito per i figli: le rette degli asili sono al passo con le esigenze dell’attuale modello neoliberista, certamente non alla portata degli stipendi di una coppia di precari, prova vivente di come funzioni bene il trasferimento di soldi dal basso verso l’alto nell’epoca dominata dall’Homo Oeconomicus.

Quest’ultimo ha ben pianificato l’esistenza degli ultimi residui di lavoratori. Spostamento di impianti produttivi all’estero e tagli programmati di sanità, istruzione, pensioni e welfare per rendere l’attuale difficile situazione un roseo sogno del futuro. Se i vecchi di oggi almeno una minima pensione ed un minimo di assistenza ce l’hanno, domani tutto questo verrà inghiottito dalle voraci fauci dell’Homo Oeconomicus. Che intanto continua a spostare la fine dell’età lavorativa ad anni sempre più coincidenti con l’aspettativa media di vita per potere saccheggiare senza remora l’INPS (sempre perennemente sull’orlo del baratro secondo i think tank neocon nonostante gli ottimi bilanci). Non più pensioni di anzianità ma pensioni di vecchiaia (si va in pensione solo al raggiungimento di una specifica età anagrafica indipendentemente dai contributi versati) con quote sempre minori e ormai sotto la soglia della povertà. Le pensioni dei vecchi di domani saranno il 35% del misero stipendio da precario. Questo è il futuro dei vecchi di domani.

Per loro le panchine dei miseri parchi di quartiere saranno ancora più scomode.

Tonguessy

[1]http://notizie.tiscali.it/articoli/economia/12/06/06/salvataggio_banche_europee.html

[2]http://www.agi.it/economia/notizie/201204261210-eco-rt10062-pensioni_codacons_dal_1993_a_oggi_potere_acquisto_giu_oltre_50


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