Per una bizzarria del destino (cinico e baro, come qualcuno lo definisce) il sogno modernista finisce proprio quando finisce la loro vita lavorativa. Loro appartengono alla specie Homo Industrialis, soppiantato dalla recentissima specie Homo Oeconomicus. Le due specie, neanche tanto apparentemente, sono incompatibili. Attento al mercato fisico il primo quanto attento al mercato virtuale il secondo.
Quello che succede è che mentre fino a pochi anni fa la modernità non conosceva soste nel sapersi replicare ed espandere, oggi sta conoscendo una crisi irrimediabile. Basti pensare alla bolla immobiliare, vera colonna portante del modernismo dantan. Intere aree industriali ormai dismesse segnano il passaggio dell’Homo Oeconomicus che come un tornado trascina in un rovinoso vortice finanziario tutta la produttività dell’Homo Industrialis. Gli splendidi esempi di architettura caltagironese che una volta erano il vanto dell’Italia che avanza sono ora dei residuati archeologici, slums postmoderni.
Il tempo ha saputo trarre in scacco ogni velleità, ed in questo caso non ha concesso sconti alle creazioni moderniste dell’Homo Industrialis. Sono convinto che saprà mettere in scacco anche l’Homo Oeconomicus, ed in tempi molto più brevi. Ma intanto obbliga gli esponenti anziani della specie precedente (costretta a subire le ingiurie della postmodernità che lentamente erode i suoi manufatti e prospettive di sviluppo) a confrontarsi con la pensione. Finita l’epoca della produttività in cui si era di utilità per padroni e sognatori modernisti (spesso la stessa persona), è arrivato il momento di godersi in santa pace il meritato riposo. Se non fosse che il precetto fondamentale neoliberista dichiara: “Ciò che non produce subito ricchezza (alle elites) è inutile”. Anche la meritata pensione quindi.
Come fare per sbarazzarsi di quell’inutile (dal punto di vista produttivo) e dannosa (dal punto di vista di risorse altrimenti utilizzabili) categoria di persone che corrispondono ai pensionati? Basta aumentare l’impegno degli Stati nell’osservanza del dogma neoliberista e alleggerire progressivamente la loro responsabilità nel mantenere dignitosamente chi ne ha assecondato i piani fino a ieri.
Nel nome di tale dogma (ribattezzato di volta in volta fiscal compact, spending review, pareggio di bilancio, patto di stabilità o in qualsiasi altro fantasioso e rassicurante nome) vengono così spesi così 4500 miliardi di euro per salvare le banche mentre si chiudono i rubinetti delle spese sociali, lasciando che i cittadini si arrangino come possono[1].
Si inizia con il salasso delle pensioni il cui potere d’acquisto è calato del 50% dal ’93 ad oggi: 2,4 milioni di pensionati percepiscono meno di 500€ al mese[2]. Si passa poi alla sanità: essendo gli anziani notoriamente meno in salute dei giovani, si rende l’accesso ai servizi sempre più disagiato. C’è di tutto: dalle ore di attesa per il pronto soccorso alla difficoltà di eseguire analisi a causa di liste di attesa lunghe mesi oppure di trasporti pubblici inefficienti o assenti. Vogliamo poi parlare di quei servizi sociali che, diminuendo, richiedono una forte presenza di anziani per supplire alla mancanza di Stato? I nonni diventano così fonte di reddito per i figli: le rette degli asili sono al passo con le esigenze dell’attuale modello neoliberista, certamente non alla portata degli stipendi di una coppia di precari, prova vivente di come funzioni bene il trasferimento di soldi dal basso verso l’alto nell’epoca dominata dall’Homo Oeconomicus.
Per loro le panchine dei miseri parchi di quartiere saranno ancora più scomode.
[1]http://notizie.tiscali.it/articoli/economia/12/06/06/salvataggio_banche_europee.html
[2]http://www.agi.it/economia/notizie/201204261210-eco-rt10062-pensioni_codacons_dal_1993_a_oggi_potere_acquisto_giu_oltre_50