Pare incredibile ma fino a ieri era proprio così: non solo si comprava e si rivendeva il debito di chi accendeva un mutuo dimostrando di poterlo pagare (che con qualche riserva sulla rivendita sarebbe anche accettabile), ma si comprava e rivendeva un debito che non sarebbe mai stato onorato perché i debitori non guadagnavano abbastanza per sopravvivere e pagare le rate del mutuo. Tralasciando gli attori e le dinamiche che hanno gonfiato la bolla speculativa all’origine della crisi, il fatto è che il futuro, oggi, non vuole comprarlo nessuno perché fa paura. Il futuro che c’era in passato ce lo siamo già venduto da un pezzo e quelle poche migliaia di persone nelle cui mani si concentra la ricchezza del pianeta, le stesse che detengono la proprietà di una grossa fetta del debito mondiale, dovranno fare qualcosa per pianificare il loro di futuro. Comprare e vendere il destino e il futuro delle generazioni ancora da venire è stato forse il più americano di tutti i sogni che si sono trasformati in un incubo. Se a qualcuno sembra che io esageri, provi a farsi una passeggiata in riva al mare e riflettere sui milioni di vite umane sacrificate sull’altare di quella democrazia di cui gli anglosassoni si sentono depositari. A chi questi “milioni di vite umane” fanno poco effetto, forse perché troppo esotiche e anonime, consiglio di valutare l’aspetto economico dell’imperativo occidentale di dover “esportare la democrazia”: sono tanti, ma veramente tanti i miliardi di dollari tolti dalle tasche dei contribuenti e finiti in quelle delle multinazionali che hanno fatto della guerra il loro mercato.
E la cara e vecchia Europa come uscirà dalla crisi? La risposta è che non lo sa. La veneranda madre dell’Occidente che ha sparso i suoi figli armati in tutti gli angoli del mondo, con la scusa di portare la religione e la civiltà a popoli che ne facevano volentieri a meno, adesso sembra vacillare; ora l’accusano di essere diventata l’area debole del sistema economico e finanziario mondiale. L’Europa, geneticamente complessa e bizzarra come un ornitorinco, e sempre ammesso che la si possa definire un soggetto, stenta a “riprendersi” dalla batosta finanziaria perché l’economia non “tira” più, da quando le cazzate fatte da quelli che venivano osannati come i maghi della finanza hanno svuotato le tasche della classe media. Temo che a fronte di una classe media diventata povera, gli esperti suggeriscano di tagliare i rami secchi della società, le classi più povere che hanno superato la soglia dell’indigenza. Così facendo, tagliando un certo tipo di spesa pubblica, ci sarebbe più linfa per rivitalizzare l’economia e far ripartire i consumi. E dei vecchi, quelli che non hanno nemmeno i soldi per mangiare, i malati cronici, i disabili che ne facciamo? Li abbandoniamo al loro destino? Li lasciamo soli e disperati nel loro misero brodo aspettando che abbiano il buon gusto di morire in fretta? Nessun politico risponderà mai chiaramente a questa domanda; ma sono certo che qualche scientifico tirapiedi ha già fatto i conti di quello che costano alla Previdenza e alla Sanità: un vero tesoro, altro che “tesoretto”.
Se il genio di cui temo l’avvento verrà, prevedo che affronterà e risolverà il problema senza sollevare polveroni mediatici: oggi un piccolo taglio qui, domani un colpetto agli esentati dal pagamento dei ticket sanitari, magari allungando i già impossibili tempi d’attesa per un esame diagnostico. Ecco la magia che risolverà il problema: togli oggi, togli domani, dopodomani un’altra goccia d’acqua in meno agli assetati e ci penserà la natura poi a fare il suo corso. Costretti ad alimentarsi con prodotti industriali di basso prezzo ma pieni di porcherie e impossibilitati di fatto a curarsi con terapie adeguate, i nostri vecchi, sempre più poveri e sempre più malati, vedranno diminuire la loro aspettativa di vita. Meno pensioni, meno costi per la sanità, meno costi per l’assistenza sociale e più risorse per le imprese e la ripresa dei consumi.
“Fine della seccatura” dirà il genio mentecatto di turno rivolto ai suoi padroni.
Solo fantapolitica? Forse. Vedremo…
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