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Si può superare la velocità della luce?

Creato il 18 maggio 2022 da Gliscrittori
Si può superare la velocità della luce?

Scienza Di Stefania Bergo. La velocità della luce è una grandezza fondamentale per spiegare il nostro universo. È un limite invalicabile su cui si basa la teoria della relatività di Einstein, è la costante che regge l'equivalenza tra massa ed energia. Ma perché non si può raggiungere o superare?

Fino al XVII secolo si pensava che la luce viaggiasse a una velocità infinita, cioè che si spostasse istantaneamente da un posto all’altro senza alcun ritardo. Fu Galileo Galilei – manco a dirlo – a intuire per primo che la velocità della luce non fosse infinita, ma avesse un valore finito, anche se non riuscì a provarlo, principalmente per la limitatezza degli strumenti a disposizione all'epoca.

L'esperimento di Galileo Galilei fu puramente empirico e non portò alcun risultato apprezzabile sulla misura della velocità della luce.

Egli aveva posto due persone a distanza di un chilometro l’una dall’altra, entrambe con una lanterna e uno straccio per coprirne la luce. La prima persona doveva scoprire la lanterna e la seconda doveva fare altrettanto dopo aver visto la luce della prima: in questo modo sarebbe stato possibile calcolare la velocità della luce semplicemente misurando il ritardo tra il momento in cui la prima lanterna era stata scoperta e quello in cui aveva visto la luce della seconda lanterna. Ma la luce è talmente veloce – oggi lo sappiamo, viaggia a una velocità di quasi 300.000 chilometri al secondo – che per distanze piccole, come possono esserlo pochi chilometri sulla Terra, non poteva essere percepibile a occhio nubo un ritardo nella rilevazione dei due segnali luminosi – senza contare che il ritardo avrebbe potuto essere introdotto semplicemente dai tempi di reazione fisiologici della seconda persona.

Galileo non riuscì a misurare la velocità della luce, ma fece una scoperta che servì qualche decennio più tardi a Ole Rømer e Giovanni Cassini per misurarla con apprezzabile precisione.

Nel 1610 Galileo scoprì quattro dei 79 satelliti di Giove – Io, Europa, Ganimede e Callisto. Qualche decennio più tardi, intorno al 1676, Ole Rømer, all’Osservatorio di Parigi fondato da Giovanni Cassini, utilizzando la posizione e il movimento dei quattro satelliti di Giove cercò di misurare la velocità della luce a partire dalla rilevazione del tempo, utilizzando, per così dire, una sorta di "orologio" spaziale e la relazione che lega queste grandezze: velocità = spazio/tempo. Egli si basò sull'osservazione delle eclissi lunari di Io, rilevando delle differenze nella misurazione dei tempi delle eclissi a seconda della distanza di Giove dalla Terra. Tenendo presente che osservare, e quindi misurare, un fenomeno significa che lo "sguardo", cioè la luce che lo illumina per renderlo "visibile", ritorna all'osservatore, e che l'osservatore in quel caso era Rømer sulla Terra, mentre l'eclissi osservata era su Io, dividendo il doppio dello spazio che separa il nostro pianeta da Giove – l'andata e ritorno dello "sguardo" – per il tempo impiegato per la rilevazione della misura, ottenne una buona approssimazione della velocità della luce.

Oggi sappiamo che la velocità si propaga nel vuoto a quasi trecentomila chilometri al secondo. E nulla può viaggiare alla velocità della luce, ad eccezione dei fotoni: è un limite imposto dalla teoria della relatività ristretta di Einstein.

La velocità della luce nel vuoto è una costante fisica, indicata con c, nel senso che il suo valore è uguale in qualsiasi sistema di riferimento inerziale e per qualsiasi osservatore, sia esso in quiete, in movimento con velocità costante o in accelerazione, misurerà sempre lo stesso valore.
Ci addentriamo ora in un ambito un po' più complicato, quello prettamente fisico, dal momento che ci baseremo sulle leggi della meccanica quantistica.
Ci risiamo, signora Maria, torniamo a parlare di meccanica quantistica, quella di cui le ho parlato in un paio di vecchi articoli: si ricorda del paradosso del gatto di Schrödinger e dell'entanglement? Se vuole può andarseli a rileggere. In ogni caso, anche questa volta cercherò di raccontarle in modo molto semplice, per quanto sia possibile semplificare la meccanica quantistica, perché non si può superare la velocità della luce.

La velocità della luce rappresenta un limite fisico e matematico invalicabile.

Partiamo considerando una massa visibile che si nuove a una velocità ordinaria: ad esempio una macchina che sfreccia a 120 km/h. Ovviamente, per muoverla è stata spesa una certa quantità di energia, quella necessaria al motore per muovere i pistoni e accelerarla, ad esempio. Ma in generale, ogni volta che un corpo è in movimento significa che una qualche forza lo ha spinto e che quindi è stata spesa dell'energia per variare il suo stato di quiete. Questa energia, supponendo che non ci siano "sprechi" – cioè attriti – viene totalmente convertita in energia cinetica, che è appunto l'energia di un oggetto in movimento, ed è legata alla sua velocità dall'equazione:

E=12m·v2


dove E è l'energia cinetica, m la massa dell'oggetto in movimento e v la sua velocità.

Si può quindi accelerare indefinitamente una massa fino a portarla alla velocità della luce o addirittura maggiore?

Data la natura dell'equazione qui sopra, si potrebbe pensare che con energie sempre più grandi si possa accelerare una massa fino a velocità sempre maggiori, quindi apparentemente non ci sarebbe limite alla velocità raggiungibile, se non quello dato dalle tecnologie a nostra disposizione oggi. In realtà non è così, perché l'equazione così formulata vale solo per velocità molto più piccole di quella della luce.
Per velocità prossime a quella della luce, infatti, vale l'equazione:

E=mo c2√1-v2/c2 — mo c2


che rappresenta l'energia cinetica relativistica, dove mo è la massa a riposo dell'oggetto. La celeberrima equazione di Einstein E = mc2, infatti, suggerisce che, dato che c è una costante, all'aumentare dell'energia di un corpo – o particella elementare – aumenta anche la sua massa, e per velocità prossime a quella della luce questo implica che una parte sempre maggiore di energia vada ad aumentare la massa mentre la restante frazione contribuisca effettivamente ad accelerarla.

La velocità relativistica è stata verificata sperimentalmente e afferma che qualsiasi sia la massa iniziale di un corpo, per accelerarlo alla velocità della luce servirebbe un'energia infinita.

Dal punto di vista matematico, è evidente che nella formula precedente è presente un punto di discontinuità di seconda specie proprio per v = c. Questo significa che per v = c il corrispondente valore di energia cinetica è infinito, cioè servirebbe una energia infinita per accelerare una massa fino a farle raggiungere la velocità della luce e più che infinita se si volesse fargliela addirittura superare. Il che, ovviamente, non è possibile, quindi non è mai possibile accelerare una massa fino a farle raggiungere la velocità della luce.
Lo so, signora Maria, dalla formula in poi si è persa... Anzi, forse proprio sulla formula. Ho dato per scontato un po' troppe cose. Ad esempio non ho spiegato cosa sia un punto di discontinuità, la cui presenza nella formula di Einstein è tutt'altro che evidente per chi non mastica matematica dai tempi della scuola. Si concentri per un attimo sul denominatore della formula, 1-v2/c 2: per v = c vale 0. Si ricorda che alle elementari ha imparato che non si può dividere alcun numero per 0? Ecco, non è che proprio "non si può", semplicemente dividendo un numero per 0 si ottiene infinito, ∞.

Tuttavia, ci sono "particelle" che viaggiano proprio alla velocità della luce: i fotoni.

Ma quindi, contrariamente a quanto detto finora, si può raggiungere la velocità della luce?! In un certo senso sì. Ma non contrariamente a quanto detto finora. I fotoni, infatti, sono "particelle" senza massa, per cui non ha più senso applicare la formula della velocità relativistica di Einstein: possono quindi viaggiare alla velocità della luce, anzi, viaggiano solo alla velocità della luce, né più, né meno.
«Come possono delle particelle non avere una massa?»
Le rispondo semplificando molto, signora Maria. In effetti i fotoni non sono propriamente delle "particelle" nel senso classico del termine, sono più "pacchettini di energia luminosa" e tutti insieme formano la luce stessa. Quindi, ovviamente, viaggiano alla velocità della luce perché sono la luce!
«La luce è formata da pacchettini!?» Gliel'ho detto, signora Maria, ho semplificato molto. Magari lo vedremo la prossima volta, in un articolo a parte, quando le spiegherò la Relatività di Eintein... Non si allarmi e cerchi di seguirmi, ho quasi finito.

Nel 1967 il fisico Gerald Feinberg ipotizzò l'esistenza di particelle che viaggiano a velocità superiori a quella della luce: i tachioni.

Secondo la sua teoria, i tachioni viaggerebbero sempre a velocità superiori a quella della luce senza poter mai decelerare, come se la velocità della luce fosse comunque un limite invalicabile: alcune particelle nascono al di qua – non possono mai accelerare fino a raggiungere la velocità della luce – altre al di là – non possono mai essere frenate fino a raggiungere la velocità della luce.
Ma i tachioni, esistono davvero? Anche Einstein aveva ipotizzato l'esistenza delle onde gravitazionali ma non aveva potuto provarlo per la limitatezza della strumentazione a disposizione. Si può quindi pensare che in futuro si possa dimostrare anche l'esistenza dei tachioni?
Forse. Lo vedremo nei prossimi articoli.

La velocità della luce è un limite matematico e fisico. Non solo, rappresenta anche un limite alla causalità, una proprietà fondamentale dell'universo.

Pensiamo ad esempio a un messaggio – una informazione, una domanda – inviato tra due osservatori, l'uno fermo rispetto a un sistema di riferimento inerziale e l'altro in movimento a una velocità maggiore di quella della luce, oppure tra un osservatore fermo e uno in movimento a una qualsiasi velocità minore di c ipotizzando di inviare un messaggio istantaneo, cioè a velocità addirittura infinita. Saremmo di fronte a un paradosso: la risposta al messaggio inviata a sua volta dal secondo osservatore raggiungerebbe il primo osservatore indietro nel tempo, nel suo passato, cioè prima che la domanda stessa fosse fatta – in accordo con la teoria della relatività che vedremo in uno dei prossimi articoli. Verrebbe violato il principio di causalità, che poi è lo stesso problema sollevato dal fenomeno quantistico dell'entanglement.

Ok, la velocità della luce non si può raggiungere, tanto meno superare. E se utilizzassimo un sistema di due "veicoli" che viaggiano uno sull'altro a velocità uguali alla metà della velocità della luce?

L'espediente è una furbata, vero signora Maria? Pensiamo ad esempio di viaggiare in treno: se, senza dare troppo nell'occhio, lanciassimo una pallina da tennis nella direzione del moto del treno, per un osservatore a terra, tipo suo marito Franco, la sua velocità vp si sommerebbe a quella del treno vt arrivando a una velocità totale v = vp + vt.
E se queste due velocità valessero proprio la metà di quella della luce? Potremmo sommarle e arrivare alla velocità della luce?
No. Mi dispiace, ma no. Perché per velocità grandi, come lo è la metà di quella della luce, valgono regole differenti, ancora una volta rifacenti alla relatività di Einstein. Le due velocità relative – tra i mezzi – non vanno semplicemente sommate per dare il valore della velocità misurata da un osservatore fermo – velocità assoluta – ma la formula che descrive il fenomeno fisico è la seguente:

v=vp+ vt1 + vpvt/c2


che quindi risulta sempre minore della velocità della luce.
Quindi no, la velocità della luce non può mai essere raggiunta, tanto meno superata, accelerando una massa qualsiasi con energia finita. Le uniche "particelle" che viaggiano alla velcità della luce sono i fotoni, che però non hanno massa e sono la luce stessa. E poi ci sarebbero i tachioni per cui la velocità della luce rappresenta comunque un limite, anche se inferiore. Ma approfondiremo la prossima volta...


Stefania Bergo



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