Senza rendercene conto siamo, facciamo parte di quella infinita platea, che assiste noiosamente ad uno spettacolo teatrale del quale conosce le battute di ogni singola comparsa, o dell’attore/ dell’attrice, principale che sia, che in quel momento sul palcoscenico recita la sua parte. Quello a cui assistiamo è un’opera pirandelliana buffa, divenuta ormai noiosamente ripetitiva, assurda allo stesso tempo.
Che noi siamo una platea oltre che nauseata, anche stanca di vedere in ogni teatro la stessa commedia è una cosa ormai certa, assodata; ma quello che non comprendiamo allo stesso tempo è che noi per assistere a questo mero spettacolo paghiamo pure un biglietto d’ingresso pure salato. Si sente in quest’aria frizzantina di maggio nascere uno strano desiderio o forse la necessità dei nostri polmoni di respirare un’altra aria fresca che ventilando ci ossigeni, ci faccia tornare a vivere cavalcando forse cavalli freschi di speranza.
Ci sono e li incontriamo per le strade di “ Cartulandia” imbonitori e saltimbanchi, funamboli, che recitando e rappresentandosi in tutte le loro forme vorrebbero incantarci e risvegliare in noi quella che un tempo arcaico si chiamava – attenzione – questi sono attori di strada in stanchevoli è gente che non molla, che conosce il loro mestiere, e sanno anche come meglio rappresentarcela questa lurida e schifosa, noiosa opera buffa.
Essi portano avanti ciò che i loro padri hanno scritto, è un copione che conoscono profondamente e in ogni sua partitura solo loro, noi no poiché siamo solo a margine e di questa, possiamo solo coglierne le sfumate verità centellinate con preziosa cadenza, quasi per diventare una cosa unica noi e loro, tutti aggrovigliati come vermi dentro un catino di terra morbida. Qualcuno indifferentemente attore o spettatore che sia, riesce a risalire il catino per rivedere la luce, magari dopo aver soffocato o stritolato chissà quanti altri vermi. Sere addietro, non ricordo io, spettatore scoglionato e deluso, ho assistito alla recita in un teatro di periferia, di un nano saltatore, il quale ancora mezzo truccato e mezzo no, recitava la sua parte con la quale cercava di spiegarci a noi presenti che lui andato ormai in pensione non è vero che ha percepito o percepisce un compenso mensile stabilito dal grande e spietato, sacrosanto,costituente, “ Emos” pari ad un misero undicimila euro mensile! Lui il piccoletto, dichiarava questa somma come se fosse la cosa più normale di “Cartulandia” ; io mi sono alzato e gli ho detto: Senti piccoletto, perché non ci provi a vivere anche tu non con un undicimila euro al mese, ma con un undicimila centesimi …. E poi magari potresti anche venircelo a dire come si possa vivere dopo in uno dei tanti teatri in cui pagato in passato hai recitato?
Era solo che un sogno, niente di tutto questo. Ma in realtà è un incubo che non fa dormire nessuno e tutti abbiamo la canotta o la maglia della salute o il pigiama matidi di sudore. E’ un incubo che fa cadere una sottile pioggia di sangue che oltre ad inumidire i muri fatiscenti di Cartulandia, li coloro ormai da tempo di rosso. Non è un rosso comunista, è sangue!
Cosa ci sarebbe da dire oltre ciò? Tanto, moltissimo, e tutto sarebbe ugualmente inutile, poiché ora quasi tutti noi spettatori intimamente aspettiamo la venuta di un messia dal futuro che faccia pulizia, e ci sazi la sete di giustizia che abbiamo e per assistere a nuovi spettacoli in cui non ci saranno differenze poiché saremmo tutti: attori e spettatori allo stesso tempo, con lo stesso biglietto prepagato per salire in treno o su un aereo…. Dipende!