Vendere svastiche e vivere felici. Intervista a Max Papeschi

Creato il 10 luglio 2015 da Wsf

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“I messaggi arrivavano da tutto il mondo e si potrebbero classificare in tre gruppi:

  • complimenti generici
  • richieste d’interviste
  • insulti

L’ultima categoria , la più nutrita ed originale, si potrebbe a sua volta suddividere in quattro sottocategorie:

  • Attivisti di sinistra che mi danno del neonazista
  • neonazisti che mi danno del comunista
  • patrioti americani che mi danno dell’anarchico
  • un pubblico eterogeneo che mi dà dello stronzo.

(Vendere svastiche e vivere felici, pg. 26 – 27, Sperling &Kupfer) 

Come Max Papeschi descriverebbe se stesso. Come uomo prima e artista poi?”

La mia ex fidanzata mi ha definito un “stronzo insopportabile, come darle torto.

“Non ci vuole niente a diventare famoso per 15 minuti, se ti abbassi i pantaloni a Piazza San Pietro. (Andy Warhol) Tu i pantaloni li hai calati letteralmente per girare il corto soft porn Max Papeschi fuck Minnie. Il tuo é stato uno splendido modo di sfruttamento di ogni sito. Se i nuovi mezzi di comunicazione come My Space, Facebook, Istagram, non fossero esisti, che direzione, credi, avrebbe preso la tua carriera artistica?”

Impossibile prevederlo, però se consideriamo il fatto che prima di usare i social network ero un regista cinematografico sull’orlo del fallimento e che non faccio uso di sostanze stupefacenti,  forse l’alcolismo sarebbe stata la mia successiva attività artistica.

“Dopo aver sposato Minnie, creato un Topolino nazista, venduto tua madre, fatto cadere il governo Berlusconi, essere diventato uno degli artisti più richiesti al mondo, cosa ti manca per essere completo?”

Spero di non scoprirlo mai.

“Come nasce tecnicamente un tuo lavoro e dove trai la giusta ispirazione?”

Per quanto mi riguarda la fase di documentazione prende una parte importantissima del mio tempo, mi riferisco un po’a tutto, dal leggere libri e giornali al guardare film e documentari a viaggiare per il mondo incontrando persone interessanti. La realizzazione dell’opera in senso stretto è solo una fase successiva del mio lavoro.

“In una tua recente intervista descrivi la tua arte come una serie di “multipli e d’immaterialità”, puoi spiegarci questo concetto?” 

E’ un discorso molto complesso, riguarda il fatto che nel mio caso i lavori potrebbero tecnicamente essere stampati in centinaia di copie o non esserlo del tutto e questo non cambierebbe nella sostanza il nocciolo del mio lavoro.

Per dettagli consiglio di leggere “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” di Benjamin.

“Un tuo grande merito è comunque quello di aver riscritto ed aggiornato in maniera allegorica le grandi tragedie del dopoguerra. Opere come: Duck eat Duck, Greetings from Auschwits, It’s a bird, It’s a plane, It’s SuperJesus, That’s the Napalm Show! 

Sono grandi opere quanto colpi di teatro. Ti chiedi mai, (volendo citare Damien Hirst) “For the love of God” What you have done?”

Non, je ne regrette rien (volendo citare Édith Piaf)

“It’s on America’s tortured brow

Mickey mouse has grown up a cow

Now the workers have struck for fame

‘Cause Lennon’s on sale again,

See the mice in thier million hordes

But to the Ibeza to the Norfolk

Broads rule Britannia is out of bounds

To my mother, my dog, and clowns

(David Bowie)

Guardando le tue opere mi è tornata in mente questa famosa canzone di Bowie, un attacco alla società occidentale e in particolare all’America, capitalistica in cui tutto pare essere in vendita. 

Come il pubblico americano ha accolto la tua arte e il tuo stile dissacrante?”

In realtà la mia non è tanto una critica nei confronti della cultura americana quanto verso i poteri e i mezzi di comunicazione di stampo occidentale di conseguenza globalizzati. Che poi le icone occidentali siano rappresentate in massima parte da personaggi d’oltreoceano è un altro discorso. A San Francisco ho già fatto due personali e l’accoglienza del pubblico non è stata molto differente da quella che ho avuto in Europa,  sarebbe interessante vedere le reazioni in stati un tantino più conservatori, posti dove ancora non hanno digerito l’abolizione della schiavitù per capirci.

“Che cosa ti fa paura e ti spinge a creare/dissacrare?”

Mi fa paura il fatto di vivere in mondo dove una SuperElite composta dallo 0,00001% della popolazione controlla tutte risorse economiche di questo pianeta e di conseguenza prende tutte le decisioni politiche, al di là di singoli governi ormai creati solo per la facciata.

“Tutto sembra essere concesso all’arte contemporanea, le tue opere hanno una dissacrante intelligenza, ma qual é il limite che un artista deve porsi? Ci sono limiti nell’arte che non vanno superati o tutto è da considerarsi lecito?”

Bisogna avere qualcosa da dire, se la provocazione è utile a far passare il messaggio è sempre lecita, altrimenti è solo un esercizio di stile.

“Chagall disse di Picasso: “Che genio era quel Picasso… un vero peccato che non abbia dipinto nulla” Hai mai paura che qualcuno possa fare  una  critica simile al tuo lavoro?

Ne hanno fatte talmente tante che una in più o una in meno non cambierebbe nulla e comunque, resti tra noi, ma non mi è mai piaciuto Chagall.

“Com’é cambiato il modo di fare arte e vivere l’arte dopo la strage di Charlie Ebdo? E’ stata un’ulteriore conferma di quanto sia importante la libertà di poter dissacrare e ridere su ogni cosa o tutti hanno già dimenticato?”

La seconda, purtroppo.

“L’arte, deve abbracciare o temere il denaro? Si può vedere svastiche e vivere felici?”

Il denaro serve per fare arte e facendo arte è più facile essere felici. 

Grazie Max, infinitamente

Grazie a te.

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Christian Humouda