Il film è diretto da David Gordon Green ed è tratto dall’omonimo romanzo di Larry Brown
Nicolas Cage e Tye Sheridan in una scena del film
Fasciato in un elegante abito blu scuro, reso meno formale dalla camicia bianca aperta sul petto a mostrare delle vistose collane dorate, Nicolas Cage ha presentato alla stampa internazionale Joe, film del regista David Gordon Green - premiato all’ultimo Festival di Berlino con L’Orso d’Oro alla regia per Prince Avalanche -, in concorso alla 70esima Mostra d’Arte Cinematografica. Rilassato, sorridente e affabile, Cage ha risposto anche alle domande più provocatorie con una calma quasi zen. In Joe, pellicola tratta dall’omonimo romanzo dello scrittore Larry Brown, l’attore premio Oscar interpreta un ex galeotto con un personale codice d’onore, che ha la possibilità di rimediare agli sbagli compiuti nella sua vita grazie al rapporto instaurato con Gary (Tye Sheridan), un quindicenne figlio di genitori alcolizzati. Di questa sorta di cavaliere solitario Cage ha detto: «Alcuni potrebbero pensare che è un perdente, visti tutti i problemi che ha e le scelte che ha fatto, ma nonostante tutto ha un suo codice morale, una sua dignità. E’ un personaggio che ho molto amato. Tengo molto a questo film: tutte le persone coinvolte avevano a cuore il progetto ed è stata un’esperienza estremamente positiva. Ho girato Joe dopo un anno che non facevo film e mi ha dato la possibilità di tornare ad approfondire il personaggio. Inoltre mi piace molto lavorare con David, sono un suo fan».Tye Sheridan e Nicolas Cage al Festival di Venezia
David Gordon Green, artista poliedrico in grado di passare da film come George Washington e All the real girls, prodotto da Terrence Malick, al demenziale Strafumati, con questo film ha potuto riallacciarsi alle sue origini: «Sono nato in Arkansas e cresciuto in Texas: qui ci sono le mie radici e tornare al sud e alla sua cultura è sempre bello per me. Inoltre ho conosciuto Larry Brown, lo scrittore del romanzo da cui è tratto il film, quando era ancora in vita e ci tenevo a rendere giustizia al suo lavoro. Quando l’ho incontrato ci siamo raccontati delle storie, mi ha dato grande ispirazione». Nel film il regista affronta un tema a lui caro, quello del rapporto degli uomini con l’idea di virilità: «E’ un tema che affronto spesso: l’approccio degli uomini con la mascolinità mi affascina. Anche se io sono più simile al poliziotto che cerca di indirizzarlo sulla giusta strada, mi piace il personaggio di Joe: è un uomo che ha difficoltà a relazionarsi con i suoi sentimenti e ha un suo codice, una sua moralità. E’ quasi un personaggio da film western, poi però grazie a Gary, il ragazzo, riesce a redimersi, a stabilire un contatto umano e a diventare quasi un padre». Nel film i protagonisti risolvono le loro divergenze ricorrendo sempre alle armi: interrogato sul perché in America ci sia la tendenza a sparare invece di cercare di risolvere a parole i conflitti Cage ha risposto: «Non sono il portavoce delle persone che usano armi in America. Non posso rispondere a questa domanda». Più esaustivo invece quando gli è stato chiesto del suo rapporto con la Cina e il cinema cinese: «Il cinema cinese è grandioso! Ho un ottimo rapporto con la Cina, il pubblico lì è straordinario, ogni volta che vado c’è un grande flusso positivo. I fan cinesi sono molto calorosi e poi quando giro lì sul set c’è sempre cibo eccezionale. Andrò in Cina tra tre settimane per girare un film intitolato Outcast». Da grande appassionato di fumetti, non è mancato un commento dell’attore sulla scelta del collega Ben Affleck per impersonare il nuovo Batman: «Sono genuinamente contento per Ben. E’ un bravo attore, fa un ottimo lavoro». Oltre al tema della violenza nel film si parla anche di un altro tema difficile, l’alcolismo, aspetto che Cage aveva già affrontato nel film Via da Las Vegas: «Il personaggio di Via da Las Vegas ormai per me appartiene a un’altra era, molti molti anni fa; in quel periodo cercavo l’onestà della recitazione. Poi ho fatto Il cattivo tenente in cui mi sono lanciato in un’interpretazione più espressionista. Qui ho cercato semplicemente di evocare ricordi ed esperienze, ho quasi “non recitato”: a volte odio la parola recitare, sembra quasi un sinonimo di mentire, qui ho cercato letteralmente di essere quel personaggio».