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Venezia .68. “Contagion”: un cast sontuoso per l’ultimo film di Soderbergh (Fuori Concorso)

Creato il 08 settembre 2011 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Venezia .68. “Contagion”: un cast sontuoso per l’ultimo film di Soderbergh (Fuori Concorso)

 

I colpi di tosse a schermo ancora scuro e, un attimo dopo, la faccia pallida e smunta di Gwyneth Paltrow, che siede di fronte alla sua ultima birra e affonda le dita in una ciotola di noccioline, non sono troppo rassicuranti nemmeno se sei seduto in poltrona a sessanta metri di distanza, in un’altra dimensione. Steven Soderbergh non indugia in prologhi e va dritto alla questione. Quale? Lo suggerisce il titolo di quest’ultima opera che il regista premio Oscar (Traffic, 2000) ha presentato Fuori Concorso alla 68° Edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.

In una narrazione che potremmo definire corale, i personaggi che prendono vita sullo schermo sembrano costruiti per mettere in luce, di volta in volta, i diversi aspetti e gli effetti che una pandemia globale potrebbe assumere e sortire nel terzo millennio.

Negli USA l’eroica Dott.ssa Erin Mears (Kate Winslet), che sacrificherà la vita per la causa, allerta i cittadini sulla potenziale rapidità di diffusione del virus: “Una persona si tocca il viso in media da tre a cinque volte al minuto, nel frattempo tocca maniglie, rubinetti ed altre persone…” (e intanto, nella sala di proiezione, le mani ti cominciano a prudere e lo starnuto del vicino diventa una potenziale minaccia).

Il suo supervisore, il Dr Ellis Cheever (Laurence Fishburne), si rivela più tradizionalmente legato all’evergreen mors tua vita mea, pure se insidiato dal giovane blogger freelance Alan Krumwiede (Jude Law), personaggio figlio dei nostri tempi: giornalista “fai da te”, intelligente, critico, spina nel fianco dei governi e degli informatori di massa, sulla cui figura, però, Soderbergh non mostra di avere uno sguardo ingenuo e acritico.

Il marito della prima vittima, Mitch Emhoff (Matt Damon), ingaggiato nella feroce difesa dell’ultima vita a lui cara, quella di sua figlia, è immune al contagio e sembra destinato dallo sceneggiatore a rivestire il ruolo di testimone e spettatore della propagazione del panico tra la popolazione che, nel terrore generale, assalta farmacie, supermercati, senza risparmiare nemmeno le case dei vicini.

Dall’altra parte del mondo, la Dott.ssaLeonoraOrantes (Marion Cotillard) cerca di risalire alle origini della pandemia. Le vicissitudini di questi personaggi costituiscono tutte gli elementi di un disegno unitario più grande che non sembra lasciare molto spazio all’approfondimento della psicologia del singolo, e rischia così di appiattirsi in un’immagine stereotipata priva di profondità e non del tutto credibile.

Il tema narrato non costituisce di per sé un’idea originale e trova nella cinematografia, e soprattutto in letteratura, numerosi precedenti illustri, a partire dalla mitologia antica e dai Testi Sacri. Ciò che rende interessante questo film dal ritmo serrato è, invece, l’attenzione rivolta a come l’uomo contemporaneo si serve, ed insieme diventa vittima, dei potenti mezzi di comunicazione e di controllo di cui dispone nell’epoca dell’ipermodernità, tempo in cui un’epidemia appare comparabile ad un attacco terroristico con potenzialità distruttive direttamente proporzionali a quelle che, nell’ambito dell’interattività e del contatto virtuale, offrono la globalizzazione e l’avvento di internet. Rispetto al resto, si ha l’impressione che nel film vengano forniti molti altri spunti che, però, rimangano tali. Inoltre, forse con il nobile intento di pacificare gli animi degli spettatori (e chissà forse anche il suo?), ma con l’effetto di saturare il finale, nei minuti conclusivi Soderbergh sceglie di svelare l’arcano e, montando scene nuove in ordine diacronico, mostra la storia dell’origine del virus killer.

Manuela Materdomini

Venezia .68. “Contagion”: un cast sontuoso per l’ultimo film di Soderbergh (Fuori Concorso)
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