Settant'anni, e per certi versi li dimostra tutti: per le strutture (che sono ancora le stesse dai tempi del Duce), per l'ospitalità (idem come sopra), per le file interminabili (per tutto: proiezioni, biglietti, ristoranti, bagni...), per l'organizzazione in generale, ma anche per quel sapore antico di grande evento che ancora si respira per le strade del Lido. Insomma, Venezia è sempre Venezia, nel bene e nel male: certo, i tempi sono cambiati e il cinema è ormai sempre più globalizzato, anche a livello di festival, e giocoforza è sempre più arduo portare in laguna grandi titoli e grandi star: la concorrenza è sempre più forte (pensiamo al festival di Toronto, dove i film si comprano con pacchi di dollari sonanti, o a quello di Locarno, piccolo ma vicino e vitalissimo); aggiungiamoci poi le 'solite' difficoltà logistiche (collegamenti in primis) che certo non facilitano il compito del presidente Barbera, e il cerchio si chiude.
Bernardo Bertolucci, presidente di giuria
Orizzonti. Tanti titoli in questa sezione, da sempre la più interessante e 'sperimentale' della Mostra. Ne segnaliamo i più attesi: dal giapponese Sion Sono, autore 'cult' per legioni di cinefili, al nuovo lavoro di Lucas Moodysson (vi ricordate le due ragazzine lesbiche di Fucking Amal?), alla 'nipotina d'arte' Gia Coppola... e poi tanti, tanti esordienti, dai quali ci aspettiamo almeno una nuova stella.
Antonio Albanese e Gianni Amelio, le nostre speranze per il Leone d'oro
Fuori concorso. La Mostra si apre col nuovo film di Alfonso Cuaròn, Gravity, con George Clooney e Sandra Bullock dispersi nello spazio. Ci sarebbe da aspettarsi seriamente la bidonata, ma Cuaròn è quello de I figli degli uomini... diamogli una chance. Altro titolo 'di culto' (per gli appassionati) è il ritorno al cinema di Capitan Harlock, portata sullo schermo dallo specialista 'anime' Shinji Aramaki: si attendono folle di ragazzini e ragazzi più attempati per una delle serie televisive più amate di sempre. Da non perdere nemmeno l'ultimo film di un regista 'maledetto' come Paul Schrader, di nuovo a Venezia con lo scabroso The Canyons (con una strafatta Lindsay Lohan, la parte non dovrebbe averle richiesto troppa fatica...). Il cinema francese è rappresentato da Une promesse di Patrice Leconte (anche lui ospite fisso al Lido), mentre destano curiosità due documentari: quello su Frank Zappa dell'italo-americano Salvo Cuccia e, soprattutto, quello sul ciclista Lance Armstrong diretto da Alex Gibney, all'indomani della confessione sull'uso di doping da parte del discusso atleta texano. E, ancora, il prequel di Heimat del tedesco Edgar Reitz (ormai un tutt'uno con la sua opera) e, invece, il sequel di Wolf Creek diretto da Greg McLean.Alberto Barbera
L'Italia. Il nostro cinema piomba in forze al Lido, e non poteva essere altrimenti. Ma (lo diciamo a bassa voce...) questa volta ci azzardiamo a dire che la selezione potrebbe essere stata fatta coi criteri 'giusti' e non da Prima Repubblica come d'uso... lo diciamo perchè troviamo nelle varie sezioni titoli interessanti e non banali, che proprio per i loro argomenti e i rispettivi registi parrebbero non rispondere a criteri 'lottizzatori'. Staremo a vedere... certo che era da tempo che non si vedevano in concorso tre titoli italiani interessanti e particolari 'a prescindere', aldilà dell'aspetto qualitativo. Troviamo infatti coraggiosa la scelta di buttare nella mischia l'esordiente (al cinema) Emma Dante, apprezzata regista teatrale e debuttante in laguna con Via Castellana Bandiera: storia di un duello rusticano al femminile nei vicoli di Palermo. Così come ci piace moltissimo la presenza in concorso di Gianfranco Rosi, bravo documentarista che vive tra l'Italia e gli Stati Uniti: tre anni fa il suo Below sea level (presentato fuori competizione) fu, a nostro modestissimo parere, il più bel film dell'intera rassegna veneziana. Stavolta ci riprova con Sacro GRA, dove GRA sta per 'Grande Raccordo Anulare'... meriterebbe un premio solo per il titolo! Scherzi a parte, le maggiori chanches italiane per il Leone d'oro sono affidate in massima parte a Gianni Amelio, già vincitore nel 1998 con Così Ridevano e uno dei nostri cineasti più apprezzati a livello internazionale. Il suo nuovo film si chiama L'Intrepido e poggia per buona parte sulle spalle del protagonista Antonio Albanese, nel ruolo di un poveraccio schiacciato dalla crisi che si adatta a 'sostituire' clandestinamente, per pochi spiccioli, colleghi bighelloni più fortunati di lui. Incrociamo le dita!