Retour à Ithaque
Quello che finora è mancato nei film in concorso, quel qualcosa in più che ti fa amare ed eleggere tra i preferiti una pellicola, l'ho finalmente trovato nella Settimana della Critica, sotto la regia di quel Laurent Cantet già palma d'oro a Cannes.
La ricetta non è delle più difficili, anzi, perchè il regista mette assieme 5 amici in una terrazza dell'Havana, e complice il ritorno nell'isola dopo 16 anni di volontario (o quasi) esilio di uno di loro, li lascia andare a ricordi, a risate e a una malinconia che ben presto viene sostituita da una rabbia, dalla realizzazione della disillusione, di una vita ormai passata e che non tornerà più, che è stata ingannata.
Le parole sorreggono l'intero film, parole bisbigliate o urlate, parole che si vanno a scagliare contro l'utopia cubana, contro quel comunismo che ha instillato la paura in ognuno di loro. I 5, pur con le varie differenze, si ritrovano a 40-50 anni sfioriti, con i sogni derubati e ormai infranti, a fare i conti con un presente che li vede soli, anche se assieme.
In questi ricordi, nei loro sentiti dialoghi, si muove la macchina da presa, che solo per poche scene scende da quella terrazza, che man mano si riempie con la musica, i libri, le piante e i quadri che si fanno mementi.
Cantet giostra alla perfezione la sceneggiatura, calibrando silenzi e commozioni, ma soprattutto dirige degli attori in stato di grazia che si immergono completamente nei loro personaggi, piangendo e ridendo con loro.
Retour à Ithaque riesce così non solo ad entrare nel cuore come altri film sono riusciti a fare, ma a smuoverlo, a toccarlo e a commuoverlo.
Visto che la Lucky Red lo distribuirà, non perdetelo in sala.
Red Amnesia
Un'anziana signora vive testardamente legata alle sue abitudini e alla sua famiglia: si presenta all'improvviso nelle case dei figli per preparare loro la cena, va a prendere il nipote a scuola, accudisce la madre nell'ospizio. Ma un giorno strane e continue telefonate interrompono la sua quiete, nessuno all'altro lato del capo.
Quando anche i figli vengono coinvolti in piccoli attentati al loro benessere, l'allarme scatta, ma ciò non risparmia Deng dal portare ignara a casa sua il suo stalker, di farlo dormire con lei e di poi perderlo.
Ma chi è questo ragazzo sbucato dal nulla? E' davvero un fantasma, un rimorso che dopo anni torna a bussare alla mente di Deng, costringendola a tornare sui suoi passi, a ripensare al passato?
Wang Xiao-shuai attraverso un ritmo lento e distensivo, ci immerge nella vita di Deng, facendoci assaporare i suoi manicaretti, facendoci camminare al suo fianco, e sobbalzare ai suoi incubi, il tutto con una solidità che acquista ancora più peso nella parte risolutiva finale, dove come la protagonista si corre e come lei si guarda a una Cina passata le cui conseguenze politiche ancora si avvertono.
Alla sua vicenda ci si appassiona, quindi, come lei si vuole arrivare a capo del mistero che avvolge il suo pedinatore, e una volta finito il film, una volta che alle domande sono state date risposte, ma che a il rimorso non sarà data una fine, non si può che applaudire.