Venezia 71 - She's Funny that Way | Anime Nere | Im Keller

Creato il 30 agosto 2014 da In Central Perk @InCentralPerk
Le sorprese più piacevoli sono finora state fuori concorso, e questa tedenza continua anche con due dei film presentati oggi.
Da un ritorno che si fa graditissimo a un documentario anomalo e per questo interessante, c'è di mezzo il primo italiano che si contende il Leone d'Oro, che paga però lo scotto di un ritardo di qualche mese per essere apprezzabile appieno.
She's Funny that Way
Di commedie così ce ne vorrebbero sempre!
Frizzanti, briose, divertenti, che immergono in un mondo zuccheroso e intrigante dal quale difficilmente vorresti uscire.
Peter Bogdanovich torna alla regia dopo 13 anni di astinenza e ci regala un film spumeggiante, dirigendo un nutrito cast di star perfettamente in sintonia e in parte.
Partiamo a conoscerli da Imogen Poots, stelletta in ascesa, che ha tutte le carte in regola per sfondare, che nei panni di Izzy sfonda invece nel mondo del teatro e poi del cinema grazie al caritatevole gesto del regista Owen Wilson, che dopo averla richiesta come escort per una notte, le dona 30'000 dollari per uscire da quel mondo e realizzare il suo sogno.
Peccato che il suo sogno sia quello di fare l'attrice, e Wilson se la ritroverà alla sua audizione assieme alla moglie e al collega che già tutto aveva scoperto. Ma gli altarini non finiscono qui, perchè a seguire Izzy attraverso uno stralunato detective c'è un ex cliente ossessionato da lei, che finisce in terapia dalla sua stessa psicologa (una Jennifer Aniston very bitch), legata a sua volta sentimentalmente allo sceneggiatore dello spettacolo da mettere in piedi.
In questo incastro di connessioni non mancano le situazioni ricche di equivoci, i raggiri e le sorprese che rendono la sceneggiatura del film solida e piena di colpi di scena: tante, tantissime le frasi da incorniciare, a partire da quella non poi così originale che Wilson snocciola alle sue amanti.
Si ride, quindi, parecchio e di gusto, lasciando da parte pensieri e godendoci uno spettacolo proprio come le commedie di un tempo sapevano fare, da Lubitsch a Allen.
Producono Wes Anderson e Noah Baumbach, colonna sonora altrettanto frizzante, cammei spettacolari che vi faranno sussultare!
Appena arriverà in sala, fatevi un piacere, non perdetelo.

Anime Nere
Siamo in Calabria, ma già dopo pochi minuti non si può non pensare a Napoli, non si può non pensare a Gomorra-La serie.
Un'altra famiglia mafiosa è infatti protagonista, una famiglia divisa al suo interno e con nemici pericolosi all'esterno. Composta da Luciano, fratello maggiore che dopo la morte del padre non vuole più avere legami con in traffici illeciti, da Rocco, emigrato a Milano che gestisce gli affari e da Luigi, scapestrato e bullo che tiene alle tradizioni e ai suoi soldi. Mina vagante, ma con il futuro già spianato, è Leo, figlio di Luciano che come Genny Savastano non ascolta i grandi, ma vuole farsi strada a suon di pallottole.
Il tema ricorrente della mostra -violenza chiama violenza- torna così ancora una volta, e le morti fioccheranno quando la guerra tra clan si fa imminente.
Francesco Munzi dirige sapientemente il suo film, con una fotografia grigia e pulita ma ben distante da quella brutalmente incantevole della serie Sky, ad alzare il tiro, però, un finale che non ti aspetti, che fa sussultare sulle poltrone.
Resta comunque quella sensazione di già visto e di ritardo.
Peccato.

Im Keller
Cosa fanno gli austriaci nelle loro cantine?
Con il senno di poi, forse era meglio non scoprirlo.
Da collezionare cimeli nazisti a suonare assieme alla propria band, da accudire come dei figli delle bambole inquietantemente realistiche a tenere prede di caccia, dal fare sport e lavatrici a luogo dove la violenza sadomaso si sfoga in maggior libertà.
Attraverso le cantine e i padroni di queste, Ulrich Seidl ci mostra un lato nascosto dei suoi concittadini, un lato metaforicamente tenuto sottoterra e che sorprende.
Tornato al documentario dopo la trilogia Paradise (Love. Faith, Hope), il regista si diverte e ci diverte, e grazie a un montaggio di contrappunto che non disdegna di mostrare scene forti (maschietti, preparatevi) riesce a dire la sua pur nascondendosi dietro una macchina da presa che installa il più delle volte al centro della stanza, inquadrandola in una geometria ordinata.
In questo racconto di scantinati e di vite c'è posto così per tutti, anche per i controsensi compresa la coppia schiavo-padrona (divertita e fiera di sé in sala) o la donna masochista che lavora a sostegno delle donne maltrattate.
Asciutto e composto, il documentario è di quelli da recuperare senz'altro, fidatevi.


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