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Venezia 71: “The smell of us” di Larry Clark (Giornate degli Autori)

Creato il 02 settembre 2014 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Anno: 2014

Durata: 92′

Genere: Drammatico

Nazionalità: USA

Regia: Larry Clark

Mi dicevano che non essendo francese non avrei mai potuto dirigere un film sull’adolescenza francese. Questo è un progetto durato vent’anni e credo sia il mio capolavoro“. Con un messaggio breve e diretto, l’assente Larry Clark ha salutato il pubblico veneziano e introdotto il suo ultimo lavoro-scandalo presentato durante le Giornate degli Autori. A distanza di quasi vent’anni da Kids e dodici da Ken Park, il fotografo autore di Tulsa si addentra nelle dinamiche adolescenziali contemporanee del Vecchio Continente. Gli skaters parigini e il loro modus vivendi spregiudicato, underground e frustrato, entrano nel mirino dell’autore americano che si immerge letteralmente nella subcultura dei suoi affascinanti (anti)eroi maledetti. Clark è Rockstar, un vecchio ubriacone spesso accasciato nei luoghi calcati dagli skaters. Il voyeur-narratore non giudicante Clark travalica il limite dell’obiettivo per farsi osservatore diretto e lasciarsi ammaliare dalle vite corrotte di questi giovanissimi borghesi.

Un viso angelico tradito da un animo tutt’altro che innocente, Math (Lukas Ionesco, figlio della turbolenta attrice e regista Eva Ionesco e nipote della controversa Irina Ionesco), è l’oggetto del desiderio dei suoi coetanei, dal suo migliore amico JP (Hugo Behar-Thinieres) all’eterea Marie (Diane Rouxel), dallo stesso Clark/Rockstar  – che si lascia tatuare lo stesso teschio sul braccio – alla madre lasciva che vorrebbe sedurlo. Suo malgrado, l’algido Math non è sessualmente desiderato solo da amici omosessuali e amiche annoiate in cerca di appagamento, ma soprattutto da vecchi feticisti e pervertiti. Nonostante Math non si trovi nella condizione economica di prostituirsi per necessità, come poi del resto anche i suoi coetanei, concede il suo corpo a uomini disposti a pagarlo profumatamente, per poi acquistare dozzine di magliette Supreme e spersonalizzarsi nel brand-simbolo degli skaters. Pentito e mortificato, svuotato di ogni pulsione vitale e desiderio (sessuale o sentimentale), Math diventa una figura emblematica del suo tempo, effige di un disagio generazionale sprofondato nell’annichilimento, dove la lotta per gli ideali dei padri ha ceduto il passo al ripiegamento narcisistico dei figli. I corpi erranti di Clark non hanno obiettivi o necessità, vivono nella contingenza dei desideri (una maglietta, sesso occasionale, una manciata di soldi in tasca) e per appagarli sono pronti a vendersi l’anima. Nell’era dei selfie e del voyeurismo digitale, dove documentare e condividere conta più dell’attimo in sé, non stupisce l’atteggiamento permissivo degli adolescenti nei confronti dell’amico che riprende con l’I-Phone qualsiasi cosa gli capiti a tiro, dagli amplessi tra coetanei a quelli con i vecchi paganti, dalle acrobazie sugli skates alle macchine incendiate per puro diletto.

The_smell_of_us

Quell’occhio digitale intrusivo e onnipresente, testimonianza di un epoca alla deriva dove la libertà sessuale è spregiudicatezza fine a se stessa, priva di qualsiasi piglio rivoluzionario contro dettami e censure ipocrite, è probabilmente Clark stesso. In fondo, la pratica di osservare e documentare eventi ‘scomodi’ nella quotidianità dei suoi amici non è di certo un fatto nuovo nell’approccio artistico del regista.

I ragazzi di Clark non sono quelli turbati di Gus Van Sant (Parnoid Park) né tantomeno i sognatori erotici di Bertolucci (The Dreamers). Seguendo la sceneggiatura del poeta francese Scribe piuttosto che l’autore di Kids e Ken Park Harmony Korine, l’evergreen Clark sviscera la precocità disinibita e priva di un atto rivoluzionario dei giovani del Palais de Tokyo. Michael Pitt non è un cinefilo esploratore di sessualità ed erotismo, bensì un menestrello clochard vicino ma non addentro alla quotidianità degli skaters. The smell of us, l’odore della giovinezza, è un cinema di sguardi immersi nel ritratto estremo della brutale ma non pornografica verità, è un documento che si preferirebbe non leggere su una generazione dominata da inconsapevolezza, perversione, superficialità e insofferenza.

Francesca Vantaggiato


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