foto Galetto
15 SETTEMBRE – I risultati della sessantanovesima Mostra del Cinema di Venezia confermano l’amore di questa manifestazione verso le pellicole orientali. Vince il Leone d’Oro il film “Pietà”, di Kim Ki-duk. Il regista nasce in una cittadina del Sud Corea cinquantadue anni fa. Si arruola nell’esercito a vent’anni, esperienza che lo segna moltissimo, ma che gli consente di maturare una sua sensibilità e una personale visione del mondo, che segneranno in seguito tutte le sue opere; lasciata la carriera militare, segue la sua passione per l’arte cimentandosi nella pittura, attività che lo porta a trasferirsi a Parigi. La fortuna avversa non gli consente però di vivere solo con i suoi quadri, così si arrangia scrivendo anche sceneggiature per il cinema. Tornato in patria, fa il salto alla regia e comincia a girare film autobiografici che vengono molto apprezzati anche nei vari circuiti internazionali. Dal 2003 le sue pellicole vengono distribuite anche in Europa e il regista raggiunge la notorietà con il titolo “Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera”, opera morale fortemente simbolica ma con un tono semplice e leggero. Quest’anno, alla sua quinta partecipazione alla Mostra, la consacrazione con il massimo riconoscimento del festival ad un film che è la storia di un usuraio senza scrupoli che riceve la visita di una donna che dice essere sua madre, cosa che gli scombina completamente la vita e lo rende vulnerabile contro le sue stesse malvagità. Il film è un atto di accusa al capitalismo e, per usare le parole del Leone d’Oro, “un’indagine ravvicinata alla più grave stortura che il denaro, alla base di questo capitalismo moderno, porta con sé: il crollo dell’umanità insita in ciascuno di noi e l’interruzione delle relazioni interpersonali”.
Il Leone d’Argento viene invece assegnato al film “The Master”, di Paul Thomas Anderson (Il Petroliere), basato sulla storia del fondatore di Scientology (L.R. Hubbard) e dei primi anni del movimento, mentre ai due attori protagonisti, Philip Seymour Hoffman (Truman Capote) e Joaquin Phoenix (Il Gladiatore), è stata consegnata la Coppa Volpi.
Questa scelta di premi da parte della giuria, composta, tra gli altri, dal regista di Gomorra Matteo Garrone e dalla supermodella e attrice francese Laetitia Casta, ha fatto sorgere molti dubbi sulle reali intenzioni dei giurati. Dubbi che sono stati confermati successivamente dallo stesso presidente di giuria, il regista Michael Mann (Heat-La sfida), che in un’ intervista esclusiva a The Hollywood Reporter ha ammesso che l’intenzione era di dare il Leone d’Oro a “The Master” assieme al premio per i due attori, i quali sono la vera colonna portante del film (infatti le loro interpretazioni sono già state indicate come da Oscar), solo che per regolamento non è possibile consegnare il massimo premio assieme ad altri premi del concorso alla stessa pellicola. Così si è deciso di mantenere i premi agli attori e di consegnare il Leone d’Argento ad Anderson e, visto che “Pietà” era piaciuto molto e il regista è uno dei massimi esponenti della “primavera cinematografica coreana”, far trionfare quindi Ki-duk. Questo scambio di voti è stato reso evidente da un pasticcio avvenuto in sala, durante le premiazioni, poiché la giuria ha scambiato i premi, consegnando a Hoffman , in rappresentanza sul palco della produzione di “The Master”, il Premio Speciale della Giuria, poi andato all’austriaco Ulrich Seidl per “Paradies: Glaube”, e a quest’ultimo il Leone d’Argento, accorgendosi poi dell’errore e facendo scambiare, sempre sul palco, i due premi erroneamente consegnati.
La Coppa Volpi alla migliore attrice è andata ad Hadas Yaron, protagonista del film israeliano “LEMALE ET HA’CHALAL” di Rama Bursthein, storia d’amore in una famiglia ebra ultraortodossa a Tel Aviv.
Il cinema italiano anche quest’anno, proseguendo quella che ormai sembra essere una tradizione, non ha prodotto film da Leone d’Oro e si è dovuto accontentare di premi che paiono di consolazione. Così, come da un copione che sembra ripetersi ogni anno che premia gli attori italiani e non i registi, è stato dato il premio Marcello Mastroianni al ventiquattrenne Fabrizio Falco, che compare sia nel film di Ciprì “E’ stato il figlio” sia in quello di Bellocchio “Bella Addormentata”, che lo ha dedicato a “tutti quei giovani attori innamorati del loro mestiere che lo fanno con umiltà”. Ciprì, che era stato indicato come uno dei favoriti, si è però portato a casa il premio per la fotografia, dato che, oltre alla regia e alla sceneggiatura, ha firmato anche quella.
Venezia 69 è stata anche la prima del nuovo direttore Alberto Barbera, che ritorna alla direzione della Mostra dopo l’allontanamento, avvenuto nel 2002, imposto dall’allora ministro dei Beni Culturali Giuliano Urbani. All’insediamento ha dichiarato che la mostra dove essere resa più “leggera”, ovvero riducendo il numero di film in concorso e non, e che bisognava riportare il mercato all’interno della mostra. Ora starà al botteghino, quindi, valutare il lavoro fin’ora svolto.
Filippo Picinelli