Venezia, quella vera

Creato il 03 aprile 2014 da Giovy

Campo del Gheto Novo, Venezia - © 2014 Giovy

Venerdì scorso mi sono svegliata, grazie alla magia del treno notturno, a Venezia.
Ed era la Venezia delle otto del mattino.
Non so se vi è mai capitato di essere nella città della Laguna Veneta a quell'ora ma io vi assicuro che le ore che vanno dalle 5 alle 9 sono le migliori in assoluto per Venezia.
A pochi passi dalla stazione, con circa 10 minuti di cammino, ci sono il campo del Gheto Vecio e quello del Gheto Novo.
Io non so cosa mi leghi al ghetto e forse non lo capirò mai.
Forse è la Storia, quella con la S grande, forse è lo yiddish che mi piace un sacco, forse tante antiche tradizioni che vorrei capire meglio. Forse il fatto che la piazza è dritta ma gli edifici un po' storti... e poi sono alti, i più alti di Venezia.
Lo sapete perché al Ghetto le case sono così alte?
Perché la zona ebraica, fin dalla sua fondazione nel XIV Secolo, non poteva espandersi in altri sestrieri. Doveva rimanere confinata alla zona prestabilita. Allora le case cominciarono a svilupparsi in altezza.
Il Ghetto, o dovrei Gheto, è una di quelle zone che, a mio avviso, appartiene ancora molto ai veneziani.
Venerdì scorso, mentre camminavo, le mie orecchie erano deliziate da tanto dialetto e dal vociare delle signore che si raccomandavano alle amiche con "Tegnemose d'ocio", l'un l'altra.
Al mattino, in quelle ore, Venezia è ancora dei Veneziani e dei pochi che amano il mattino presto.
Ti infili nel sestriere di Cannaregio oppure Santa Margherita e vedi Venezia come un luogo normale, dove la gente esce, compra il giornale, va al lavoro oppure a fare la spesa.
Vedi il postino che viaggia a passi spediti e chiama le persone con quella R arrotata tipica del dialetto di chi vive in laguna.
Lo ammetto con sincerità, molti Veneti non amano Venezia per quel suo continuo spintonarsi di turisti e quell'eterno vociare di guide che, in tutte le lingue raccontano la città. Mi domando allo stesso tempo cosa sarebbe l'Italia e la sua "Grande Bellezza" senza Venezia.
Giorni fa sono arrivata al Campo del Gheto Novo e mi sono seduta col viso al sole, su una panchina.
Ho fatto una telefonata di lavoro e l'ho fatta sorridendo.
Ho pensato a tutto quello che avrei dovuto fare in quella giornata, una volta tornata a Carpi.
Poi è passato il rabbino e sorrideva a tutti. Ha guardato anche me e avrà pensato che fossi una turista persa in chissà che calle o campiello.
Ero semplicemente me stessa, persa nella Venezia che vorrei vivere sempre.
Quella semplice, quotidiana, quella che si stropiccia tutta stirandosi mentre si risveglia, quella dei bimbi che vanno a scuola e quella di quando passi davanti alla Chiesa di Santa Lucia in Campo San Geremia e ti dici "cavolo, ma Santa Lucia è davvero lì dentro".
Poi guardi poco distante, vedi che c'è il consolato Svedese proprio lì e ti dici semplicemente "tutto torna".
La Venezia che io amo è quella di quei due signori alla finestra, in alto a sinistra nella foto (che sembra storta). Chissà che pensano tutte le mattine mentre aprono i balconi!

Gheto Vecio - Fondamenta Cannaregio - © 2014 Giovy



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