A oltre dieci anni dall’11 settembre 2001, la caccia ai terroristi non si è mai fermata, anzi è cresciuta. Good Kill affronta un nuovo fronte di guerra e le conseguenze che questa strategia comporta sui soldati. L’Afghanistan è il nuovo Vietnam, e i “collaterali” danni mentali che la guerra genera su chi la vive sul campo sono del tutto simili a quelli di chi la vive a distanza, con la mano su un joystick che però non è quello un videogioco. Protagonista di Good Kill un sudaticcio Ethan Hawke, contemporaneo top gun senza aereo che si pone una questione morale che oggi, più che negli anni Settanta, è graffiante e cocente sulla legittimità di guerre a metà strada tra national security e terrorismo.
Good Kill è un buon film, che sa mischiare spunti di denuncia a passaggi da thriller, con un finale umano e davvero cupo dove giustizia e follia si confondono. Detto questo, fanno un po’ storcere il naso alcune inevitabili “cadute” americane di Niccol. Ma insomma, non possiamo chiedere a Niccol di rinnegare se stesso e auto-rimuovere alcuni stilemi stampati nel suo genoma cinematografico. Nemmeno fossimo in un film di fantascienza…
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