VeneziaFestival2014: i 5 film che ho visto oggi, venerdì 29 agosto

Creato il 29 agosto 2014 da Luigilocatelli

‘Im Keller (In cantina)’ di Ulrich Seidl

ore 9,30: She’s Funny That Way di Peter Bogdanovich. Fuori concorso. Voto 8
Meraviglia. Smagliamte ritorno del 75enne Bogdamovich al cinema dopo un’assenza durata parecchio. Una commedia scatenata e insieme di infinita grazia, dai tempi perfetti, dialoghi di inarrivabile brio, attori benissimp diretti. Una giovane escort che vuol far l’atrice innesca senza volerlo una girandola di qui-pro-quo, inganni, tradimenti, mentre vecchie coppie scoppiano e nuove coppie si formano. Terso come una mattina a Milano dopo una notte di temporali. Preciso come un orologio svizzero. Cinema semplice e complesso, che rifà la comedia sofisticata dei tempi migliori. Esplicitamente citati Colazione da Tiffany (anche lì c’era unescort) e Fra le tue braccia di Lubitsch. Gran cast al servizio dell’amico Bogdanovich, Owen Wilson, Jennifer Aniston, Rhys Ifans e la quasi-rivelazione (quasi perché non è mica al suo primo film) Imogen Poots. Cameo di Quentin tarantino. Da adorare. Definitivo sdoganamento del mestiere di accompagnatrice. Applauso intermiabile al press screening.
ore 11,30: Anime nere di Francesco Munzi. Venezia71-Concorso. Voto 4 e mezzo
No che non mi è piaciuto questo pimo film italiano del concorso. Una storia di mafia, anzi ‘ndramgheta, che allinea tutti i possibili cliché, la legge del sangue e dell’onore, le faide, le vendette tribali, i paesi d’Aspromonte come fissati un un’eternità barbara. Donne vestite di nero, molti funerali. Tre frateli, uno è rimasto in Adpromonte e conduce una vita inesta, gli altri sono andati su al Nord per trovare un posto nel grande guro della coca, e l’hanno trovati. Ma il paesello risucchierà tutti nel proprio gorgo, ci sarà una guerra con il clan rivale, ils angue scorrerà. Purtroppo tutto già visto troppe volte, e non bastano gli ultimi dieci minuti, notevoli, a raddrizzare il film.
ore 14,40: Im Keller (In the basement – In cantina) di Ulrich Seidl. Austria. Fuori concorso. Voto tra il 7 e l’8
Conclusa la trilogia Paradiso: amore, Paradiso: fede e Paradiso: speranza – il meglio è il primo -, l’austriaco Ulrich Seidl ha avuto la brillante idea di fare un viaggio nelle cantine dei suoi connazionali,ipotizzando che lì la gente nasconda quel che non osa mostrare nel resto della casa. Cantina come sede del rimosso e dell’inconscio abitativo (ricordiamo che l’Austria è il paese in cui capita che ragazze vengano rapite e tenute recluse proprio in cantina per anni e anni). Conoscendo il gusto di Seidl per tutto ciò che è bizzaro, laido, sordido, ai bordi, ci aspettavamo un documentario per niente mainstream. Infatti. Il regista con la sua solità impassiblità, col suo sguardo ferocemente entomologico (inquadrature fisse frontali, umani ridotti a cose, oggettivati come in un diorama), ce ne fa vedere di ogni. Cantine-poligoni da tiro. Cantine tappezzati di simboli nazisti e ritratti di Hitler. E trenini, pupazzi di neonati che sembran più veri del vero. Ma il massimo è la coppia SM che della cantina ha fatto il santuario dei propri estremismni sessuali, lei, un donnone che adora fare la dominante, lui un orsone peloso che si sottopone a ogni supplizio deciso dalla sua padrona. Pesi anche da un chilo attaccati ai testicoli, dilatatori anali, sollevamenti con funi agganciate sempre ai testicoli. I due erano presenti questo pomeriggio in sala Grande insieme al regista, e sono stati applauditissimi.
ore 17,30: Takva su pravila (These Are the Rules) di Ognjen Svilicic. Croazia. Orizzonti. Voto 5 e mezzo
La vita di una coppia piccoloborghese croata viene sconvolta quando il figlio viene ricoverato in coma dopo aver subito un pestaggio da parte di un bullo. Il ragazzo non sopravviverà, e il film analizza la quotidiana disperazione dei genitori, la diffioltà di elaborare quella perdita, la tentazione della vendetta. Onesto. Modellato su certi film rumeni, ma non allo stesso livello.
ore 19,30: The Humbling di Barry Levinson. Con Al Pacino. Fuori concorso. Voto 6
Uno dei due film di Al Pacino di qiesto festival (l’altro sarà, domani, Manglehorn). Da un romanzo di Philip Roth, la storia di un attore pià vicino ai settanta che ai sessanta che, mentre recita a teatro, cvade in crisi, Anzi, si lascia proprio cadere giù dal palco. Finirà in terapia di recupero. Ma a salvarlo (o a condannarlo?) arriverà una ragazza che lui ha visto nascere, figlia di una copia di amici, e che ha quarant’anni meno di lui. Si metteranno incredibilmente insieme. Incredibilmente per gli anni che li separano, e perché lei è lesbica. In due ore ne vedremo di ogni, con un Al Pacino che deborda, straborda e gigiomeggia, forse anche oltre il consentito. Irresistibile la comparsa di una ex della ragazza ora diventata uomo. Lei è l’adorata Greta Gerwig, già regina del mumblecore e definitivamente cult-actress dopo Frances Ha. Strepitosa (solo Scarlett avrebbe potuto fare altrttanto). In fondo, la cosa migliore di questo film sta nel duello recitativo tra Pacino e Gerwing, due modi di fare l’attore, due scuole, e non solo due generazioni, diverse.


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