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Venezuela: la rivoluzione chavista al bivio

Creato il 05 agosto 2014 da Bloglobal @bloglobal_opi

VENEZUELA-ELECTION/

di Francesco Trupia

La conclusione dei Mondiali di calcio in Brasile sembra aver riaperto improvvisamente i drammatici scenari politici di molte potenze latinoamericane che la stampa internazionale sembrava aver dimenticato durante la manifestazione sportiva. Destano maggiore preoccupazione non solo Brasile e Argentina – quest’ultima per seconda volta in tredici anni in default tecnico –, ma soprattutto il Venezuela ed il futuro del governo di Nicolás Maduro.

Dallo scorso 4 febbraio, le guarimbas e le manifestazioni popolari hanno rappresentato la risposta del fronte unico d’opposizione alle momentanee incapacità del governo di Caracas di arginare un collasso economico rischioso per il Paese. Le 42 vittime negli scontri di piazza, molte delle quali funzionari appartenenti alle Forze Armate, nonché gli 800 feriti e i 3 mila arresti, hanno spinto molte organizzazioni in difesa dei diritti umani e la comunità internazionale, Stati Uniti d’America in primis, a monitorare attentamente la situazione venezuelana. Human Rights Watch ha prodotto nei mesi scorsi un importante dossier tra gli Stati federati più colpiti dalla protesta, rispettivamente Carabobo, Lara e Miranda, criticando apertamente Maduro per il trattamento riservato ai manifestanti e l’inaccettabile silenzio del gruppo UNASUR (Brasile, Colombia ed Ecuador) [1]. Trasparency International, invece, dopo aver evidenziato l’impunità tra le forze dell’ordine nella repressione sistemica degli oppositori e l’elevata corruzione del governo centrale, ha collocato il Venezuela alla 160esima posizione su 177 posti disponibili nella propria lista riservata alle istituzioni politiche di ogni Paese [2].

Anche il Washington Post ha largamente criticato l’uso del monopolio della forza legittima del Venezuela [3], ospitando tra le pagine del quotidiano l’intervista che l’ex parlamentare venezuelana María Corina Machado aveva rilasciato pochi giorni prima al quotidiano spagnolo El País.

La veemente risposta del Presidente Maduro contro le accuse internazionali hanno interessato direttamente non solo la Machado, fondatrice dell’associazione di volontariato Sùmate, rea di aver cospirato contro il governo nazionale, ma anche le stesse organizzazioni pro-diritti umani poiché finanziate con oscuri fondi privati [4]. Le forti critiche del Presidente venezuelano hanno colpito direttamente anche gli Stati Uniti, non solo per il legame che intercorre con l’organizzazione di monitoraggio della Machado ma, soprattutto, per le sanzioni che Washington aveva da poco varato nei confronti di Caracas.

I rapporti bilaterali tra i due Paesi hanno mantenuto in questi mesi un profilo assai basso, caratterizzando la fase più critica e complicata della storia recente. Il testo delle sanzioni contro il Venezuela prevede il congelamento dei beni di alti funzionari venezuelani, il divieto di accesso negli USA per tutti coloro che sono ritenuti responsabili di violazioni di diritti umani e pesanti sanzioni sul piano commerciale che potrebbero condurre a veri e propri blocchi. La Camera dei Rappresentanti ha già varato le sanzioni contro il Venezuela, mentre un altro documento simile, dopo l’avvenuta consegna del placet della Commissione Esteri statunitense al Senato, ha condotto l’altro ramo del Congresso USA a varare un testo analogo che adesso aspetta solo l’approvazione presidenziale di Barack Obama.

Nonostante il peso delle sanzioni, che avrebbero durata biennale e hanno un potenziale tale da sancire il definitivo declino dell’economia bolivariana, il Presidente Maduro è andato oltre la solita retorica anti-americana. L’erede di Chávez ha infatti espulso ben otto funzionari statunitensi dal Venezuela, poiché accusati di ingerenze negli affari interni e di collaborazione con l’opposizione, sostituendo il vecchio Ambasciatore a Washington con Arvelaiz Massimiliano, da poco confermato dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.

Le ferme posizioni del Lìder chavista sembrano però aver perso l’appeal di qualche anno fa anche a causa del perdurare della crisi economica, la quale ha attenuato la retorica anti-imperialista. Sebbene l’inflazione sia la più alta all’interno del panorama internazionale – con un tasso su base annua pari al 60% –, la gestazione dell’economia venezuelana sembra essere causata anche dalla mancanza di capitali esteri e dal conseguente calo dell’export, in particolare petrolifero, la maggiore ricchezza nazionale.

Alle critiche relazioni tra Caracas e Washington si aggiungono anche le preoccupazioni per le tante aziende in difficoltà a causa della politica voluta dal “socialismo chavista” in merito alla gestione dei beni amministrati. Come ha spiegato Ignacio Guitierrez, economista del Centro Politica Publica, l’assenza di circa un bene primario su quattro è dovuto alla confusione sui tassi di cambio presenti nel mercato interno. A questi problemi si aggiungono quelli relativi al mercato nero del dollaro derivante dalla crescente assenza di valuta americana che non permetterebbe alle imprese del Paese, bisognose della moneta USA per le importazioni di alcuni prodotti, di riuscire a fronteggiare un cambio pari a 50 bolivares per 1 dollaro.

L’emissione da parte della Banca Centrale del Venezuela di 61,1 milioni in biglietti da 100 bolívar, ossia il 100% in più di quanto emesso in tutto il 2013, evidenzia l’intento del governo di Caracas di creare un circuito monetario composto per metà da soli bolivares nei prossimi mesi e di fronteggiare sia la svalutazione della moneta nazionale sia il mercato nero del dollaro, che ha superato uno dei giri d’affari più illegali come quello della prostituzione.

La nuova manovra del Saducón, così chiamata da Maduro e fortemente voluta dal vice Presidente dell’area economica Rafael Ramirez, è partita ufficialmente ad agosto attraverso una razionalizzazione delle spese, una revisione della valuta per le importazioni e l’abbandono degli attuali sistemi valutari di cambio (Sidac I e Sidac II). Il nuovo tasso sarà in un primo momento pari a 6,3 bolivares per 1 dollaro, mentre successivamente di uno pari a 3 bolivares per 1 dollaro. Tale revisione dei tassi di cambio, definita positiva anche dall’economista José Guerra, rientra nel Plan Nacional de Divisas, ufficializzato in tutte le sue componenti nel 3° Congresso del Partido Socialista Unido de Venezuela.

I trenta milioni di cittadini venezuelani, soprattutto quelli schierati nel fronte unico di opposizione, hanno atteso l’importante evento del 26-29 luglio per comprendere le decisioni del partito di governo per l’imminente futuro. I dati propinati dall’Istituto Venezuelano de Analisis de Datos (Ivad), che confermano un calo dei consensi per il PSUV, sceso dal 55,9%, all’indomani della morte di Hugo Chavez all’attuale 36,7%, ha condotto il partito chavista ad una frenetica mobilitazione, dall’establishment fino alla base militante.

L’agenda di governo si è immediatamente arricchita di importanti manovre sociali che rientrano nella campagna nazionale “Vamos a cambiarlo todo para servir el pueblo”, lanciata da Maduro ma che è stata discussa al Congresso del partito. I due maggiori interventi promossi, oltre a quelli in chiave economica per evitare una maggiore svalutazione del bolivar, sono il nuovo piano “Miseria Zero” e la “Ley para el Empleo Juvenil y el Emprendimento Productivo”: il primo, sebbene integri le misiones populares avviate da qualche anno tra la popolazione meno abbiente, è già stato criticato poiché descritto come una “brutta copia” del progetto Fome Zero voluto in Brasile nel 2003 dall’ex Presidente Lula; il secondo, invece, ha interessato non poco l’intero mondo giovanile venezuelano poiché rivolto esclusivamente al contrasto della disoccupazione. La stessa formazione giovanile del PSUV ha promosso la manovra del governo all’interno delle sue giornate di formazione nelle maggiori università del Paese, lanciando un forte segnale a quella parte d’opposizione nata proprio all’interno dei campus studenteschi [4].

Come affermato dallo stesso Presidente Maduro attraverso le varie emittenti televisive e radiofoniche venezuelane, il 3° Congresso del PSUV è stata l’occasione per festeggiare al meglio il compleanno del Comandante Chávez con la presentazione della nuova squadra speciale del Gobierno de la Eficienza. Oltre ai neo Ministri della Pianificazione Ricardo Menendez e del Lavoro Jesus Martinez, il Congresso ha salutato l’insediamento del nuovo consulente per la riforma della pubblica amministrazione, Orlando Borrego. La scelta dell’economista cubano di 78 anni, ex combattente della storica Colonna Otto agli ordini del Ché Guevara, all’interno di uno dei settori poco fondamentali per il riavvio dell’economica nazionale, sembra confermare la classica strategia propagandistica scelta negli ultimi tempi dall’esecutivo Maduro per garantirsi un pronto recupero dei consensi persi [5].

Nonostante tutto ciò, il Congresso del PSUV ha rappresentato ugualmente un appuntamento importante proprio per l’attuale Presidente che, soprattutto negli ultimi mesi, ha dovuto difendere la propria leadership apertamente contestata da alcuni “guardiani della rivoluzione”. L’escalation di “dichiarazioni anti-Maduro” sono iniziate dapprima contro i rappresentanti del suo governo, come l’ex Ministro della Pianificazione Jorge Giordani, e subito dopo sono continuate con un attacco diretto proprio alla figura dell’attuale Presidente. Le critiche più pesanti sono giunte da Yoel Acosta Richinos, uno dei quattro tenenti colonnelli che insieme a Chávez comandò l’operazione militare nel tentativo di rovesciare nel febbraio 1992 l’allora Presidente Carlos Andrés Pérez. L’appello dell’ex ufficiale ha difatti invogliato altri dirigenti ed ex ufficiali della coalizione chavista ad esternare il loro malcontento contro la gestione del governo: Guyon Carlos Acosta, anch’egli ex ufficiale, ha chiesto le dimissioni di Maduro e dei suoi Ministri; Florencio Porras, responsabile del Consiglio Legislativo di Stato, ha dichiarato di vivere nel Paese dell’anti-rivoluzione; Freddy Bernal, ex Capo della Polizia e Sindaco di Libertador di Caracas dal 2000 al 2008, ha rilasciato un’intervista al più importante canale antigovernativo Globovision parlando del fallimento nella gestione delle aziende espropriate dallo Stato [6].

La linea difensiva di Maduro davanti alla direzione generale del PSUV è stata quella tenuta durante uno dei suoi ultimi appelli serali alla Nazione, nel quale ha attaccato Yoel Acosta Richinos rimarcando le sue “atipicità” di ex ufficiale e rivoluzionario chavista. Maduro ha rivelato i motivi che hanno spinto negli anni proprio Acosta ad appoggiare ad intermittenza la rivoluzione; secondo le parole del Presidente, l’ex ufficiale avrebbe supportato prima Chavez e dopo Maduro, solo per vincere la disputa con Eustaquio Contreras, capo della sinistra socialdemocratica, nella corsa alla formazione satellite della coalizione chavista VPR.

Le accuse di Maduro ai suoi detrattori sono state seguite dall’arresto di tre militari delle Forze Aeree per concussione con l’opposizione e dalla successiva premiazione di ben 189 militari dell’Esercito a Guardias de Honor per l’intransigente atteggiamento avuto durante quei mesi assai complicati. Durante la cerimonia, lo stesso Presidente ha richiamato tutti i reparti delle Forze Armate all’unità patriottica, al mantenimento dell’ideale antimperialista e ad una più forte difesa della Costituzione, della democrazia e della sovranità popolare.

L’instabile scenario interno, sia economico sia politico, apparentemente ben saldo nelle mani dell’attuale establishment del PSUV, non aiuta il Venezuela nella sua personale crescita regionale. Nonostante la solidarietà arrivata da tutte le 118 nazioni del Movimento dei Paesi non Allineati, incontratesi recentemente in Algeria per un summit generale in cui ha partecipato anche il Ministro degli Esteri venezuelano Elias Jaua, le politiche di integrazione in America Latina sembrano aver condotto Caracas all’interno di un vero e proprio paradosso.

Dopo aver ceduto a prezzi di favore il proprio petrolio alla Comunità dei Paesi dei Caraibi, all’America Centrale e soprattutto a Cuba, la società produttrice di greggio Pdsa, il cui apparato burocratico fu sostituito da uno militare da Chávez, ha visto il drastico calo della sua produzione dai 3,4 milioni di barili al giorno agli attuali 2,5. Proprio nei rapporti tra Venezuela e Cuba nel biennio 2009-2011, dati ufficiali della Cia World Factbook attestavano un forte calo delle esportazione di greggio, che decresceva dai 123.200 ai 104.800 barili al giorno [7]. Oggi la società venezuelana ha accumulato debiti per 48,3 miliardi di dollari e, come classica conseguenza nelle logiche aziendali, ha aumentato i costi di produzione che al momento si attestano come tra i più alti della regione.

Proprio in politica estera la critica maggiore nei confronti di Maduro riguarda la malsana gestione delle entrate petrolifere e delle relazioni mantenute nell’esportazione del greggio con i tanti “Paesi amici”. Dati ufficiali rilevano che solo il 40% degli introiti petroliferi è stato utilizzato in investimenti all’interno del Paese mentre, al contrario, la maggioranza (circa il 60%) è stato negli anni utilizzato per opere di ammodernamento nelle raffinerie di Cuba e Giamaica, in operazioni di dragaggio del suolo amazzonico per la costruzione della rete di comunicazione continentale in fibra ottica, in accordi con la Cina convenienti solo per i bassi prezzi di manodopera che la potenza asiatica ha sempre offerto.

Il prezzo della benzina, inoltre, invariato dal 1997 ad un centesimo di dollaro al litro, conduce i vari distributori venezuelani a non vendere attualmente le proprie riserve. L’assenza di dollari, un tasso di cambio ancora da modificare e lo spettro del blocco commerciale con gli USA, hanno condotto il Ministro degli Esteri venezuelano a promuovere lo scorso 29 luglio a Caracas, giorno conclusivo del Congresso del PSUV, un incontro tra MERCOSUR, Paesi del gruppo Petrocaribe (El Salvador, Guatemala, Honduras e Nicaragua) e ALBA. Rispetto ai recenti incontri, l’obiettivo di Maduro e Jaua è stato quello di modificare i prezzi preferenziali del petrolio venezuelano cercando di rilanciare le esportazioni in una direzione differente da quella degli Stati Uniti.

Proprio all’interno del gruppo MERCOSUR il Venezuela, tra i membri più importanti in quanto esportatore di greggio come il Brasile, ha ultimamente cercato un’intesa tra i vari blocchi economici dopo l’esponenziale crescita dell’Alianza del Pacifico. Il gruppo latino-americano nato ad ovest delle Ande, sull’ormai celebre “Asse del Pacifico”, rappresenta l’ottava potenza economica a livello mondiale grazie ad una prospettiva di crescita del 4% nel prossimo decennio ed un aumento delle proprie esportazioni superiore rispetto a quelle del blocco MERCOSUR di oltre il 60%.

Grazie ad un accurato lavoro diplomatico, il Venezuela ha ripreso nuove e più distese relazioni con il Paraguay, lasciando così ampio spazio al vice Presidente uruguayano Danilo Astori di affermare pubblicamente che l’Alianza non deve guardare con diffidenza eccessiva le attuali difficoltà del MERCOSUR, etichettandole come la “stazione terminale” che impedisce la completa integrazione tra i due blocchi economici. Anche la diatriba intorno all’ingresso della Bolivia all’interno dell’Alianza, già membro del MERCOSUR, sembra essere stata superata egregiamente con un percorso di avvicinamento semestrale che è stato ufficializzato dalle ultime dichiarazioni ufficiale dal Ministro degli Esteri paraguayano Eladio Loizaga.

Quello del 29 luglio è stato solo il primo di una ricca agenda di impegni che il governo venezuelano dovrà affrontare in politica estera. Come all’interno dello scenario inflazionistico che ha causato la nascita del mercato nero del dollaro, il paradosso della mancanza di benzina in Venezuela ha condotto lo spaccio di quest’ultima lungo i confini colombiani. Per evitare la nascita di un altro mercato illecito tra il Venezuela ed uno dei tanti Paesi dell’America Latina, il Presidente Maduro e il suo alter ego Juan Manuel Santos si incontreranno il primo di agosto per occuparsi delle specifiche tematiche inerenti al contrabbando, non solo della benzina ma anche degli alimenti, e della lotta alla criminalità organizzata che tale fenomeno sta fortificando.

Oltre i confini latinoamericani invece, nell’ultimo meeting svoltosi a Caracas, Maduro sembra essere stato rassicurato dalle parole del Presidente cinese Xi Jinping in merito alle prossime collaborazioni in tema di sviluppo energetico. Durante la terza tappa del suo personale tour in America Latina, dopo gli incontri con i rappresentati delle istituzioni di Brasile e Argentina, Xi Jinping ha raggiunto la capitale venezuelana per festeggiare il quarantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi, iniziate nel 1974, e rinsaldare i rapporti col Venezuela. Se con Chávez si erano vissuti momenti poco idilliaci tra Caracas e Pechino, Maduro è riuscito a ripristinare importanti relazioni di cooperazione e sviluppo per il futuro. Per il Venezuela infatti, la Cina rappresenta non solo il secondo importatore di petrolio ma anche un’ancora di salvezza sul piano globale qualora gli Stati Uniti inaspriscano le sanzioni con duri blocchi economici.

Osservando attentamente i prossimi lavori del nuovo diplomatico a Washington, Alexandir Massimiliano, impegnato quantomeno nella costruzione di un disgelo tra il Congresso statunitense e Caracas, Maduro sembra essere consapevole che il destino della rivoluzione chavista non avrà come sfida principale solo la politica estera. Le forti relazioni con i Paesi del Sud America, nonché l’appoggio di Pechino e Mosca, potrebbero rilevarsi insufficienti per arginare un crescente malcontento nazionale che dalle proteste contro la crisi economica potrebbe celebrare il de profundis alla rivoluzione del socialismo bolivariano.

* Francesco Trupia è Dottore in Politica e Relazioni Internazionali (Università di Catania)

[1]Unasur: end silence on Venezuela abuses, 26 giugno, http://www.hrw.org/news/2014/06/26/unasur-end-silence-venezuela-abuses. Al dossier dello HRW è seguita la lettera inviata ai vari Ministri degli Affari Esteri sudamericani da parte dell’Executive Director – American Division dell’istituto statunitense, José Miguel Vivanco.

[2] I dati ufficiali di Trasparency International: http://www.transparency.org/country#VEN_DataResearch

[3]Venezuela’s Nicolas Maduro continues human rights abuses, The Washington Post, by Editorial Board, 20 June 2014, tratto da: http://www.washingtonpost.com/opinions/venezuelas-nicolas-maduro-continues-human-rights-abuses/2014/06/20/c49851e0-f644-11e3-a3a5-42be35962a52_story.html

[4] In uno dei suoi discorsi alla stampa venezuelana, Maduro ha accusato l’istituto statunitense National Endowment for Democracy (NED) di elargire fondi privati per aprire inchieste all’interno del Venezuela contro l’operato del governo. La stessa Machado fu condannata ai sensi dell’art. 132 del codice penale poiché colpevole di aver ricevuto fondi dal NED.

[5] Il portavoce del movimento giovanile Anthony Coelho non ha risparmiato dure critiche all’opposizione giovanile condannando l’irrispettoso comportamento di quest’ultima nel non presentarsi ai dibattiti pubblici sminuendone la consistenza dal punto di vista numerico e sul piano delle proposte costruttive.

[6] Orlando Borrego è stato anche Ministro per l’Industria dello zucchero a Cuba tra il 1964 ed il 1968. Ha completato gli studi in Unione Sovietica nel 1980 ottenendo un dottorato in Scienze Economiche presso l’Accademia delle Scienze. Attualmente lavora come docente e consigliere del Ministero dei Trasporti di Cuba.

[7] Il canale Globovision, dopo le sue inchieste del Lunedì sera, è stata colpita da multe e pesanti inchieste giudiziarie, per poi essere svenduta dopo l’intervista dell’ex ufficiale dell’Esercito Freddy Bernal.

[8] https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook

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