Tre regie in tutta la sua carriera tra le quali spicca questo musicarello giovanilistico, poverissimo nei mezzi eppure illuminato da momenti di detonante inventiva.
“E’ la storia di quattro ragazzi, membri del complesso musicale degli Arrapathis, e delle loro quotidiane disavventure: spiano le ragazze sotto la doccia, suonano in una palestra di aerobica, prendono lezioni di seduzione presso una prostituta dall’accento francese (ma romana) e gareggiano infine in un concorso che premierà la migliore band emergente. Tutte vicende intervallate da momenti musicali dall’aria goliardica”
Salviani girò frettolosamente e con idee confuse, considerando che la prima mezz’ora risulta essere (anche per il più volenteroso spettatore) una sequela di situazioni estemporanee prive si continuità. Tuttavia, se si accetta il compromesso del lungo incipit, il film inaspettatamente rinsavisce di ritmo, facendo giocoforza su quelli che sono i due assi nella manica dell’intero progetto: la canzonette demenzial-pruriginose degli Arrapathis ed un senso dell’umorismo che, non si capisce quanto coscientemente, travalica sovente i limiti della licenziosità.
Facendo i dovuti distinguo, si anticipa l’estetica alla base della fortunata serie tv de “I ragazzi della IIIa C” (prima serie 1987) che ne mutuerà la sensiblerie per la quotidianità rappresentata, ma innanzitutto si preannunciano i potenziali stilemi dei prodotti teen di Moccia e colleghi, i quali maldestramente ne addomesticheranno la sostanza, rendendoli quindi innocui ed inconsistenti.
Una pellicola povera ma bella, ingenua e sconclusionata, apprezzabile per quello che è: un musicarello fuori tempo massimo, pensato da buontemponi per buontemponi totalmente privo di qualsivoglia sottotesto o critica sociale, da visionare rigorosamente in compagnia di amici, colleghi e compagni di umane (dis)avventure.
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