Vent’anni senza Tondelli, vent’anni di niente

Creato il 16 dicembre 2011 da Andreapomella

Vent’anni fa moriva Tondelli. Thomas Bernhard una volta disse questo: “Non si sa mai chi si è. Non sono gli altri che ti dicono chi sei? Questo ti viene detto milioni di volte e se vivi una vita lunga alla fine non sai più chi sei. Ognuno dice qualcosa di diverso. Anche tu dici a te stesso qualcosa di diverso in ogni momento”. Tondelli non ha vissuto una vita lunga, però abbiamo avuto vent’anni, da quando è morto, per dire chi fosse. Da altre parti ho scritto che Tondelli rappresenta compiutamente la grande occasione perduta dalla narrativa italiana, la possibilità di rimanere al passo coi tempi e con la grandezza della sua tradizione novecentesca. Questo è il mio pensiero. Se Pier Vittorio (ci sono autori, chissà perché, che ti viene spontaneo chiamare per nome, come se fossi stato loro amico, come se ne avessi condiviso percorsi di vita) fosse vissuto oltre la miseria numerica di quei trentasei, intensissimi, anni, forse oggi leggeremmo cose diverse, conosceremmo nomi di autori diversi, avremmo alle spalle vent’anni di qualcosa, anziché vent’anni di niente. Qualcuno penserà che la mia sia un’immagine idealizzata, la mitizzazione di un autore che non ha potuto esprimere in pieno le proprie potenzialità, un discorso sterile quindi, di quelli che non portano da nessuna parte. Ma io appartengo a una schiera di uomini, gli uomini di oggi, che vivono nell’impasse, quelli che chiamano “individui postmoderni”, che dedicano la loro vita a una sopravvivenza piena di inconsistenze e vanità. Allora concedetemi la vanità di immaginare cosa avrebbe scritto Tondelli dopo quel prodigio che fu Camere separate. Datemi la possibilità di perdermi in questa nostalgica ucronia. In fondo non è peccato, e non fa male a nessuno.


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