19 aprile 2013 di Redazione
di Lorenzo De Donno
Alberto Venditti, “L’ignudo e il vento” (2011) – olio su tela
Notte di insonnia, di tempesta e di nuvole basse. Di scirocco africano, pregno delle sabbie del Sahara e di essenze tribali. Impietoso, ha scosso incessantemente il bosco di lecci ed ha zittito la civetta e l’assiolo.
Filtrando mentalmente i rumori molesti di barattoli che rotolano, di secchi della differenziata che si capovolgono, di persiane che sbattono, si può isolare il solo fremere delle foglie. Può sembrare il frangersi schiumoso di un’onda nei pressi della riva o lo strisciato di un batterista ispirato.
A Castro, il Pizzo Mucurune, dalla notte dei tempi, taglia in due le onde gonfiate dal vento. Che voglia di essere lì, alle quattro del mattino, fra gli spruzzi che si impennano fino a raggiungere la litoranea. Stringersi nella giacca e provare quel brivido, che non è solo di freddo.
Notte di insonnia e di pensieri. Di rituali inutili e di camomille che si freddano. Il narratore, come Mister Hyde, ha la meglio sull’uomo, che spera nel riposo. E’ lui il più forte!
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