31 gennaio 2014 di Redazione
di Salvatore Ciriolo
Poggiardo. La notte del 28 dicembre 1950 circa tremila braccianti e contadini poveri si riversarono sulle terre dell’Arneo, una zona incolta della penisola salentina comprendente le province di Brindisi, Taranto e Lecce (ne fanno parte i comuni leccesi di Porto Cesareo, Veglie, Leverano, Nardò, Copertino, Salice Salentino e Guagnano), per occuparle con l’obiettivo di dissodarne la terra improduttiva e per protestare contro gli agrari e l’ingiustizia della cosiddetta legge “Stralcio” che escludeva il Salento dallo scorporo del latifondo in Italia.
Il contesto storico in cui ebbe luogo l’occupazione simbolo delle lotte contadine nel Salento, era quello delle macerie, dei lutti e della disoccupazione lasciati in eredità dal fascismo, il regime nato in seguito alla saldatura tra gli stessi latifondisti del sud e gli industriali del nord (e i loro servi), ma
anche della nuova coscienza maturata dalla lotta partigiana. Gli agrari del sud, dal loro canto, non intendevano offrire neppure il minimo contributo per il miglioramento delle condizioni economiche
e sociali del paese e, come nel caso delle terre incolte e acquitrinosa dell’Arneo, per non pagare le tasse preferivano lasciare incolti i loro feudi, pur rappresentando gli stessi l’unico sbocco lavorativo per le masse di disoccupati che intendevano occupare inediti spazi di diritti umani e civili.
La rivolta, la dura repressione delle forze dell’ordine caldeggiate dagli agrari e le vicende giudiziarie che ne seguirono, portarono comunque ad un esito positivo: l’assegnazione delle campagne ai contadini.
Il 28 dicembre 2013, in occasione della ricorrenza del sessantatreesimo anniversario dell’occupazione dell’Arneo, al castello di Copertino è stato presentato il nuovo romanzo storico della scrittrice poggiardese Tina Aventaggiato, dal titolo “Vento freddo sull’Arneo” (Loffredo Editore, 2013). Il romanzo, con prefazione storica di Gianni Giannoccolo, propone la vicenda della grande ribellione contadina vissuta nelle campagne di Nardò da due famiglie povere, costituite da personaggi immaginari che però si muovono accanto alle figure storiche che hanno organizzato, contrastato o giudicato i braccianti e i contadini che occuparono le terre (tante le grandi personalità coinvolte all’epoca dell’occupazione, basti pensare, ad esempio, al contributo fornito dal parlamentare comunista Giuseppe Calasso). Figure storiche che Aventaggiato, però, nel romanzo non fa mai agire direttamente in prima persona, ma attraverso gli occhi della gente comune. E la gente comune che agisce nel romanzo è ispirata ai racconti, ai miti, alla cultura che la stessa autrice ha respirato da piccola, quando viveva con la sua famiglia a Castrignano dei Greci, figlia di un reduce (e prigioniero) di guerra e sindacalista della Cisl e di una tabacchina, e quindi di gente semplice, così come uomini e donne semplici erano coloro che avevano partecipato all’occupazione delle terre dell’Arneo.
Naturalmente c’è anche un grande lavoro di ricerca su quei fatti, un lavoro facilitato, come la stessa autrice sostiene, dalla lettura di alcuni libri dello storico Salvatore Coppola, il maggiore storico dell’Arneo. “A spingermi ad esplorare quanto avvenne in quel periodo – spiega Tina Aventaggiato – è stata proprio la grande curiosità destata in me dal coraggio dei contadini salentini ad alzare la testa contro il potere. Si tratta di un gesto che ha consolidato la cultura salentina, fornendo solide radici alla nostra terra, alla nostra identità. La rivolta dell’Arneo – conclude – fa parte del patrimonio genetico dei salentini e rappresenta per la nostra gente qualcosa di grande, di eroico”.