Venuto al Mondo – Quando l’Amore vince su ogni cosa

Creato il 20 novembre 2012 da Thefreak @TheFreak_ITA

“L’Amore è come il mare. Va e viene, ma è sempre lo stesso.”  Gojko

Una pietra miliare.

Un piccolo capolavoro di poesia ed atrocità, dove l’Amore, quello vero, infinito, accecante, furioso e passionale, fa da sfondo ad ogni cosa.

Epico. Emozionante, straziante, come un energico colpo alla bocca dello stomaco, che però poi, dopo il dolore iniziale, forse per magia, ti lascia solamente dolcezza ed un inspiegabile sorriso.

Tratto dall’omonimo romanzo della straordinaria scrittrice di origine irlandese Margaret Mazzantini, “Venuto al Mondo” è la quarta rappresentazione cinematografica che vede il bravissimo Sergio Castellitto dietro la macchina da presa, per di più, per la seconda volta, per un opera della amatissima consorte dopo “Non ti muovere” del 2004.

Il rischio di riportare sul Grande Schermo una storia cosi densa di immagini, temi, sentimenti, colori e profumi, come quella creata giustappunto dalla buona Margaret era veramente enorme, ma Castellitto non delude assolutamente, anzi tutt’altro. Ebbene si, perché in una pellicola di poco più di due ore, il grande Sergio riesce a regalarci delle fitte al cuore assolutamente incredibili., ed i momenti in cui la lacrima o lo scatto di ira da parte dello Spettatore si manifestano ruggenti sono praticamente inevitabili.

Questa è la storia di Gemma – interpretata da una Penelope Cruz più che mai brillante e definitivamente consacrata dopo le lezioni di Almodovar e soprattutto del precedente “Non ti muovere” – , donna romana che una mattina decide, insieme al suo giovane figlio Pietro (Pietro Castellitto), ragazzo in piena adolescenza, di fare ritorno a Sarajevo, luogo di ricordi di felicità, spensieratezza e dolore dove , quasi vent’anni prima, la sua vita era stata completamente ed irreversibilmente sconvolta.

Ed è proprio qui infatti, nella silenziosamente urlante Sarajevo che la pellicola, dopo aver presentato Gojko (Adnan Haskovic), vecchio ed affascinante amico fraterno di Gemma e sua passata guida alla sua prima visita nella capitale bosniaca, comincia, tra luci e frammenti urbani, con i suoi deliziosi flash-back della gioiosa ed euforica gioventù all’estero della protagonista.

Sarà proprio per mano di Gojko, rude ma buono poeta di fortissimo senso della patria, che Gemma conosce nel 1984 Diego – che hai qui il volto di un fenomenale Emile Hirsch che lascia letteralmente a bocca aperta per la propria eccezionale performance, maturo, poliedrico e pronto per la candidatura agli Oscar -, ventitreenne fotografo americano che , squattrinato ma dolce e gentile, si innamora follemente della giovanissima e bella protagonista, tra le note dei violini bosniaci, le allegre bevute e le delicate ed efferate poesie dell’amico Gojko.

L’infinita passione che travolge i due giovani innamorati – si veda la sublime frase pronunciata da Diego : “Tu sei madre adesso, un tempio ed io sono un monaco in ginocchio davanti a te” – è descrivibile solamente attraverso i gesti e le continue premure che i due si riservano sempre l’uno all’altro, come un’unica entità, forte, fresca ed indissolubile, che verrà tuttavia messa alla prova, vincendo poi, solamente dalla durezza della vita stessa, che si manifesta qui nella quasi totale sterilità ed incapacità di procreare della meravigliosa Gemma.

Ma l’Amore appunto, mai egoista, ma inarrestabile e trascinatore, trionfa su ogni cosa : Gemma ama talmente tanto il suo carissimo Diego che , pur di donargli un figlio che “abbia i suoi occhi”, è disposta a far si che il giovane compagno si congiunga con Aska ( Saadet Aksoy), ribelle fanciulla musulmana, dai bellissimi tratti marcati e patita di Kurt Kobain, disposta poi a cedere loro il giovane nascituro.

Ma questo quadro idilliaco,, fatto di amore, ed amicizia e magia, seppur lancinato da una dura prova come quella della sterilità di Gemma che tuttavia i due giovani son ben disposti a superare con l’aiuto di Aska, viene terribilmente sconvolto dallo scoppio della Guerra di Sarajevo, all’alba del marzo del ’92, quando la capitale , “terra di poeti , musicisti ed artisti, che appartiene solamente al proprio popolo”, come dice il vecchio Gojiko, comincia ad essere devastata dai bombardamenti e dalla brutalità dei guerriglieri serbi e bosniaci.

Lo Spettatore che ha già visto sa cosa accadrà trema al ricordo. Quello che ancora è in attesa non può che precipitarsi in Sala ad assistere a questo film violento ed incantevole, crudo e poetico, dove ogni cosa è simbolo di qualcos’altro : c’è l’amore, che è immortale. C’è la guerra, dove però c’è anche speranza. C’è la violenza umana, dalla quale però “possono sbocciare petali di rosa”. Ci sono i figli, che sono sempre e comunque un miracolo della vita, e che forse si, “somigliano proprio a chi li ha amati”, come taluni hanno detto.

Una pagina cinematografica straordinaria, con una cast fantastico ed una intrecciata trama che mette, senza mezze misure, i brividi, per bellezza, dialoghi, immagini e tematiche.

“Tu non sarai mai vecchia Gemma. Arrivederci, bella donna italiana!” Gojiko

Jack Forrest Sabella


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