Che cos’è la vita, se non un’interminabile corsa con gli occhi bendati? E che cos’è l’amore, al di là di tutti i significati che la gente gli appiccica sopra? L’amore. Fa paura quasi, a pronunciarlo. Ci vuole un niente che si cade in una definizione diversa. Sapete, come sul vocabolario di greco. E si finisce con lo scrivere una storia che ha tutto un altro senso. E così era stato per Serena. Iniziò ad amare un ragazzo, timido, seduto al banco di scuola davanti a lei. L’amò per anni in silenzio, camminavano sempre insieme verso casa dopo scuola, senza fretta, senza noia. Lo vide crescere e sbagliare, tirarsi su e sbagliare nuovamente. Lo vide ingarbugliarsi nei fili del destino che lo reggeva. Di quelle emozioni acerbe e smisurate nello stesso tempo, ne rimase soltanto il ricordo, solo il contorno . Non riusciva più ad amare una persona che troppe volte l’aveva delusa, e che, guardandola dall’alto, sembrava soltanto un bambino mai cresciuto. Non credeva più ai suoi racconti sul mare e le stelle. Aveva gettato in un cestino le conchiglie che lui le regalò per il suo compleanno. Rilesse senza sosta la lettera, Serena. E finalmente capì.Che cos’è la vita se non un lanciarsi nel vuoto a braccia tese? E che cos’è l’amore, se non il volo stesso, le correnti d’aria, gli spostamenti vertiginosi da una parte all’altra del cielo, “zuuuf sciuuf” , mentre si cerca di prendere una direzione, muovendo disperatamente ora le braccia, ora le gambe, la paura del vuoto sotto di sé, le case che si avvicinano troppo velocemente, l’immagine proiettata del proprio viso polverizzato sulla terra, l’espressione terrorizzata delle persone lì sotto di te, e cos’è, se non un paracadute che si apre al momento giusto, e ci impedisce di spiaccicarci su una roccia?
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