Organo, sost. m.
Ecco una parola dalla storia veramente interessante e dai tanti significati, una di quelle parole che fanno divertire qualsiasi lessicografo. Il termine latino organum è un calco del greco organon, che ha la stessa radice di ergon, che significa opera, lavoro – e vedrete come questa parola tornerà più volte in questa nostra definizione. In senso etimologico organo significa, nel senso più ampio, strumento e da qui discendono tutti i significati particolari della parola.
In biologia l’organo è l’unità anatomica e fisiologica, costituita da diversi tipi di tessuti, che svolge una specifica funzione. Ricorderete che secondo il naturalista francese Jean-Baptiste de Lamarck, la funzione crea l’organo: così ad esempio, in un primo momento sarebbero esistite solo giraffe con il collo corto, ma alcune di queste, per il bisogno di raggiungere i rami più alti degli alberi, sarebbero riuscite a sviluppare più di altre il collo e le zampe anteriori, adattando quindi questi loro organi alle circostanze esterne.
Questo termine si usa anche in meccanica e infatti si parla dell’organo di un motore oppure di organo mobile, ossia, nella carrozzeria di un autoveicolo, quella parte che si può aprire o sollevare, come il cofano.
Poi c’è l’organo inteso come strumento musicale. Secondo la tradizione, l’ingegnere Ctesibio di Alessandria, nel III secolo a. C., inventò l’organo idraulico, il primo strumento musicale a tastiera della storia. In questo primissimo organo l’acqua comprime l’aria contenuta in un serbatoio, spingendola nelle canne. Oggettivamente da Ctesibio a Laurens Hammond c’è stata una bella evoluzione. Fu lo stesso Ctesibio a chiamare il suo strumento hydraulis, componendo una nuova parola con le radici dei termini hydor, acqua, e aulos, flauto. In modo quindi del tutto bizzarro l’idraulico, che proverbialmente non troviamo mai quando abbiamo bisogno di lui, è associato alla storia della musica.
I primi commentatori di Aristotele chiamaroro Organo l’insieme delle opere logiche del maestro del Peripato, ossia le Categorie, l’Interpretazione, i due libri degli Analitici primi e i due degli Analitici secondi, gli otto libri dei Topici e il libro degli Elenchi sofistici; quindi organo, che Aristotele usa come termine tecnico della biologia, assume già nei suoi primi discepoli un’accezione logica che ritroveremo in tutta la storia del pensiero occidentale, per indicare l’insieme delle regole che costituiscono lo strumento, il metodo della filosofia e delle scienze.
Infine, in campo legislativo e amministrativo, l’organo è la persona o l’insieme di persone attraverso cui si esplica una determinata funzione, che ne sono in certo modo lo strumento; e infatti parliamo di organi della giustizia, di organi di polizia o di organi di un partito politico. Per fare un ultimo esempio, nell’ordinamento scolastico italiano, gli organi collegiali furono istituiti nel 1974, per promuovere una più diretta partecipazione democratica alla gestione della scuola.
Ho affrontato oggi questa parola così stimolante, perché è l’anniversario di un organo, che per ragioni comprensibile e a voi note, mi è particolarmente caro.
Novant’anni fa, il 12 febbraio 1924 usciva il primo numero de l’Unità. Dal 1928 al 1991 il sottotitolo della testata recitava infatti “Organo del Partito Comunista d’Italia” – fino al ’43 – e poi “Organo del Partito Comunista Italiano“. Fino al 31 ottobre 1926, il sottotitolo era “Quotidiano degli operai e dei contadini”, poi fu “Giornale dei lavoratori” – in fondo abbiamo visto come organon e ergon abbiano la stessa radice. Finita l’esperienza storica del Pci, il sottotitolo divenne in qualche modo più esplicativo, con un richiamo alla storia del quotidiano: “Giornale fondato da Antonio Gramsci nel 1924″.
Comunque la si pensi, l’Unità è un giornale importante per la storia di questo paese e non solo per la sinistra. Dispiace vedere come un quotidiano dalla storia così gloriosa abbia un futuro così incerto e versi in un continuo stato di crisi, sorte peraltro condivisa sia da molti altri giornali sia dalla sinistra italiana. In sostanza la povera Unità si fa carico di una doppia sfiga.
Per me l’Unità ha rappresentato le mattine di domenica passate con mio padre a diffondere il giornale, e poi naturalmente le Feste. Io ho avuto la ventura di organizzare, nel 2000, la prima Festa nazionale dell’Unità senza l’Unità. E poi le lunghe discussioni sui debiti de l’Unità e sul modo di ripianarli. Un misto di ricordi belli e meno belli – come è in genere la vita – ma in qualche modo l’Unità è stata una presenza della mia vita, anche se quando ho cominciato a fare politica più seriamente ormai non era più “organo”.
L’Unità che ho conosciuto io non è sempre stata un giornale interessante, che spesso si leggeva più per dovere che per piacere. Ma era comunque un giornale in cui si potevano approfondire alcuni argomenti; ricordo ad esempio le rubriche settimanali di Mario Gozzini e di Giovanni Berlinguer su temi “alti”, come i diritti umani e l’etica, che offrivano spunti di riflessione ben al di là della cronaca di giornata. Un giornale in fondo dovrebbe fare anche questo.
Tra l’altro credo sia utile ricordare che proprio in quel giornale così istituzionale e serioso nacquero Tango e Cuore. Evidentemente non mancava la voglia di prendere e prendersi in giro.
L’Unità è adesso oggettivamente un’altra cosa, perché la sinistra è un’altra e anche il mondo è un altro rispetto ad allora. Ha poco senso rimpiangere quel modello di organo di partito e anche di partito, anche se dovremmo lavorare per far rinascere, magari dalle ceneri del Pd, una nuova sinistra in questo paese.
Chissà… e magari i coccodrilli torneranno a svolazzare. C’è scritto sull’Unità.