Verba volant / Porcello

Creato il 05 dicembre 2013 da Margheritapugliese

Porcello, sost. m.

Mi rendo conto che quello che sto per raccontare può sembrare strano ai miei lettori più giovani, ma c’è stato un tempo in cui porcello era soltanto un animale – il giovane maiale, per l’appunto – e non un sistema elettorale, peraltro anticostituzionale, come sancito proprio oggi dalla suprema Corte.

Per dirla tutta, ad alcuni di noi era venuto il sospetto che qualcosa non andasse in quella legge, ma visto che nessuna voleva cambiarla e ci hanno fatto votare diverse volte usando quel metodo bislacco, ci eravamo quasi convinti che fosse tutto a posto.

In questa definizione voglio proprio occuparmi del porcello prima di Calderoli.

Immagino che pochissimi di voi si ricordino di Meo Porcello.

Negli anni Trenta, quando Walt Disney cominciò ad inventare il suo mondo di cartoni animati, a fianco di Topolino e di Paperino, che sarebbero poi diventati star e icone pop, c’erano altri animali che potevano ambire a quello stesso successo. Meo Porcello, come venne chiamato in Italia Peter Pig, è stato uno di questi personaggi sfortunati, uno di quelli che si è perso per strada.

Meo Porcello appare per la prima volta nel cortometraggio animato del 1934, intitolato La gallinella saggia, in cui fa la sua prima apparizione anche Paperino. Quanto questi è irascibile e attaccabrighe, Meo è pigro e indolente: potevano diventare una coppia comica, ma evidentemente qualcosa non ha funzionato. Meo ricompare in un altro cortometraggio, divertentissimo, del 1935, intitolato Il concerto bandistico. Probabilmente lo avete visto: c’è Topolino che dirige una piccola orchestra, a cui tenta di far suonare l’ouverture del Guglielmo Tell di Rossini. Meo suona la tromba e con il suo vibrato disturba Topolino.

E’ stata l’ultima apparizione cinematografica di Meo Porcello, che ricompare per un cameo in Chi ha incastrato Roger Rabbit? del 1988. E anche nei fumetti le presenze di Meo Porcello sono rarissime. Indubbiamente il porcello di Calderoli ha avuto maggiore fortuna.

C’è però un porcello che è molto più famoso di quello di Calderoli e anche di Peppa Pig: il paffuto compagno di avventure di sant’Antonio. Non il celebrato sant’Antonio da Padova (che poi era di Lisbona), ma sant’Antonio abate, detto il Grande o d’Egitto: insomma il sant’Antonio del maialino.

Sant’Antonio è particolarmente venerato in campagna, tanto che il 17 gennaio – il giorno a lui dedicato – si fa cominciare l’anno agricolo. In alcune zone d’Italia era sant’Antonio – il Befanone – quello che portava i doni ai bambini, prima che arrivasse santa Klaus, un altro che è riuscito a diventare un’icona pop.

Fu l’ordine degli antoniani in Francia, nel Trecento, ad associare sant’Antonio al maiale. Vicino ad Arles scoppiò una grave epidemia di ergotismo, una malattia che noi chiamiamo anche fuoco sacro – e che divenne poi fuoco di sant’Antonio – che si prende mangiando la segale parassitata da un fungo. Dal momento che in un monastero lì vicino erano conservati i resti di sant’Antonio, gli ammalati cominciarono a riunirsi in quel paese che sarebbe diventato st. Antoine. Qui allora cominciarono ad operare gli antoniani che scoprirono che l’ergotismo poteva essere curato spalmando un emolliente ricavato dal grasso del maiale – come noto di questo animale non si butta via niente – e da allora sant’Antonio e il porcello divennero inseparabili.

Si racconta anche di una discesa all’inferno di sant’Antonio e del suo maiale. Arrivato laggiù il santo bussò al portone, ma i diavoli, riconoscendolo, non lo fecero entrare. Comprensibile: anch’io non faccio entrare in casa i testimoni di Geova che suonano il campanello la domenica mattina. Il porcello però riuscì a intrufolarsi e fece tanti danni da costringere i diavoli a chiamare indietro sant’Antonio, perché andasse a riprenderlo.

Inutile dire che qui da noi – patria del prosciutto, del culatello, della mariola, del prete, della spalla cotta, dello strolghino - onoriamo il maiale con estrema devozione, probabilmente più del santo a cui si accompagna.

C’è un simpatico detto popolare, che a me capitava spesso di sentire quando ero piccolo. Nella traduzione dal dialetto un po’ si perde, comunque fa:

in fondo sant’Antonio si è innamorato di un maialino

Insomma per tutti c’è una speranza. Anche per Calderoli.

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