Come è verde oggi la montagna. Il vento feroce dell’Assietta ha soffiato implacabile tutta la notte, sibilando lugubre tra le pietre antiche e le feritoie del Forte, perdendosi poi nella valle, ma questa mattina, il cielo, completamente spazzato dalla sua furia era terso come poche volte lo si vede ed il blu così intenso da far piegare gli occhi. L’aria è così leggera che puoi spingere lo sguardo lontano, distinguere senza fatica le cime spoglie e la guglia del campanile di Usseaux, sul lato della montagna illuminato fin dal mattino. Una luce intensa che amplifica i colori e li scalda a dispetto della temperatura frizzantina. Ma è il verde che ti colpisce appieno.
La neve se ne è andata via tardi quest’anno ed i balzi del monte sono nel loro pieno splendore. Il verde intenso, quasi nero, delle foreste di pini del versante sinistro, con le loro cime tondeggianti e quasi immobili, fa da contraltare al verde pallido dei larici del fianco destro, meno ricchi di fronda e circondati dalle macchie di latifoglie nelle cui masse di rami, il vento si insinua facendole fremere in un’onda sensuale di movimento incostante. Come è ricca e viva questa montagna. La senti respirare intorno a te. Te ne stai in silenzio in una piccola radura tra i grandi sassi tondeggianti che il torrente ha modellato nelle sue furie invernali e te ne senti parte tu stesso, ne avverti la forza sotterranea, ne percepisci la fragile robustezza. Fare Tai Ji sotto un grande pino, assorbendone la sua carica di lenta immobilità, di equilibrio imperturbabile; aspirare l’aria carica di resine e di profumo di erba, rallentare ancora il tuo movimento per entrare in sincrono con il bosco e la sua vita segreta, cercare una sintonia in cui il tuo pensiero si perda, i titoli fastidiosi del giornale si confondano in un bianconero indistinto, in cui il marcio si necrotizzi e venga portato via dal fruscio dell’acqua del torrente.
Sul fondo della valle scorre adagio, è rimasto solo più un rivolo che sguscia tra i massi quasi senza far rumore, piccolo ed inoffensivo come il maschio dopo l’amore, come a voler far dimenticare la sua irruenza prepotente e spietata di poco prima, quando gonfio e guizzante penetrava il fondo della valle senza chiedere, senza curarsi di far male, violentando le rive senza riguardo, sventrando le trine delicate delle felci di primavera. Sembra quasi dire:” Guardatemi come sono debole, cosa volete che faccia di male?”. Sempre così fino alla prossima volta, quando il suo istinto violento riprenderà il sopravvento. Bisogna guardarsene, senza timore, ma stare pronti in difesa vigile. Gli istinti non si cancellano, si nascondono al massimo, ma i ladri rimangono ladri, i corruttori ed i corrotti rimangono tali; non fatevi ingannare dai sorrisi e dalle dichiarazioni di intenti. Dunque estote parati.
(Grz a Graziano per l'immagine)
Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:
Sport e politica. Manovra di bilancio.Elezioni.