(la versione breve e senza troppe divagazioni la potete leggere su Wait! Music)
C’è chi parla tanto, e c’è chi fa. I Verdena dicono solo: Wow. E mica mentono, come troppi stronzi in giro. Wow è la reazione che si prova ascoltando questo grandioso ambizioso mastodontico doppio album. Wow è ciò che ci voleva non solo a una scena italiana piuttosto in coma (ma questa non è una novità), Wow è soprattutto la risposta alla crisi mondiale del rock chitarristico. Giusto analizzando i migliori dischi del 2010 lamentavo il declino inesorabile di un certo tipo di rock cazzuto, quand’ecco che la risposta migliore alle mie preghiere arriva a sorpresa proprio dal Belpaese (sarebbe meglio dire ex Belpaese?).
Difficile dire quale sarà la reazione a questo disco. In Italia si guarda sempre con diffidenza a chi vuole fare troppo, a chi è troppo ambizioso (e non parlo di ambizione a rubare e avere più potere possibile), a chi cerca di uscire dal gregge, a chi non ci sta a mantenere un basso profilo allineato alla mediocritas, a chi ha talento vero e non parlo di fenomeni da baraccone di YouTube o talentshow: fare un gorgheggio o cantare con qualcosa infilato nel deratano non è talento, è solo una forma sterile di esibizionismo.Se il mondo dei blogger e delle (poche) riviste musicali oggi rimaste mi sembra abbia reagito alla grande del tipo: “Wow!”, mi riferisco piuttosto al mondo dei grossi media generalisti tv-radio-quotidiani già pronti ad esaltare come “Capolavoro” il nuovo album di Vasco Rossi e che presumibilmente invece poche (o nessuna) parola proferiranno su questo reale capolavoro italiano.
Tante le invenzioni e le trovate sorprendenti presenti, vedi una geniale “Loniterp” (anagramma di Interpol) in continua mutazione o l’intarsio vocale di “A capello”, al punto che per l’apertura nelle strutture e nell’uscire da un modello di canzone canonico strofa-ritornello-strofa, i Verdena finiscono per ricordare soprattutto il genio di Lucio Battisti, giusto più virato verso il rock (“Mi coltivo” e “Attonito”, per dire, vanno giù belle heavy), ma non dimenticando nemmeno un notevole gusto pop, vedi anzi senti “Sorriso in spiaggia PT 1”, o una “Grattacielo” che va in altissimo. E “Tu e me” ma che bella è? 1 minuto e 54 secondi di incanto.
Sembra un impegno non da poco cimentarsi nell’ascolto di questo doppio lavoro fuori dal tempo, soprattutto in tempi fuori come i nostri, ma in realtà non è così; grazie al suo divertimento e al suo variare di atmosfere e soluzioni sonore si rivela infatti sorprendentemente piacevole e leggero. Un doppio long playing imprescindibile come non capita più molto spesso con i dischi italiani (anche se a me con i dischi italiani è capitato di rado). E soprattutto come non capita più molto spesso con i dischi rock.(voto 8,5)