Ci avviciniamo al periodo in cui lo UEFA Club Financial Control Body (CFCB) inizierà a ricevere dalle Federazioni Nazionali le relazioni relative al rilascio delle Licenze UEFA ed al rispetto dei requisiti previsti dal Fair Play Finanziario. Entro il mese di luglio 2013 il CFCB dovrà ricevere i dati inerenti il periodo T-1, ovverosia l'esercizio 2011/2012 che per la maggior parte delle squadre è rappresentato dal bilancio dell'esercizio al 30 giugno 2012 (30 maggio per le inglesi).
I fari sono quasi tutti puntati sul Paris Saint-Germain, a causa della mega-sponsorizzazione da 150 milioni di Euro (200 in prospettiva), siglata a dicembre 2012 ma con effetto retroattivo, che come ha rilevato per primo Luca Marotta (superando persino la stampa specializzata europea), ha prodotto un beneficio di 125 milioni nel bilancio del PSG che hanno consentito alla squadra di chiudere l'esercizio 2011/2012 con soli 5 milioni di Euro di perdita.
La questione è fondamentale. Ai fini della valutazione del CFCB non sarà determinante la retroattività del ricavo (quella, in realtà, dipende dai GAAP francesi), quanto il possibile inquadramento di questi ricavi nell'ambito di quelli "con parti correlate", che sono soggetti a valutazioni di merito per verificarne la congruità. Il rischio per il PSG è che questa sponsorizzazione venga considerata in questo ambito e riclassificata ad un valore normale.
L'effetto non rileverebbe ai fini del bilancio civilistico del PSG e della sua iscrizione al campionato, che quindi non avrebbe problemi in Francia, ma esclusivamente ai fini della verifica del rispetto dei requisiti richiesti dal FFP, che vedrebbero il PSG infrangere il limite dei 45 milioni di Euro di perdita. Senza poter, tra l'altro, invocare un miglioramento di tendenza in quanto nella presente stagione ha ulteriormente contribuito ad incrementare i propri costi con gli ingaggi di calciatori estremamente onerosi (Ibra e Thiago Silva su tutti).
In realtà il lavoro del CFCB sarà interessante anche per le decisioni che saranno prese su altri aspetti del regolamento che oggi non sono ancora state affrontate.
Una di queste è stata sollevata da Luca Marotta nel suo blog, a seguito di un'analisi fatta sul bilancio dell'Aston Villa FC.
Nell’ultimo bilancio consolidato è stata infatti esposta, tra i proventi finanziari, la voce relativa alla rinuncia agli interessi su un prestito fatto dalla proprietà, per l’importo di 20,3 milioni di sterline. La domanda che si pone Marotta è se la stessa possa essere considerata rilevante ai fini del calcolo del break-even.
Infatti la rinuncia ad un credito maturato (gli interessi) genera una sopravvenienza attiva che, se nel bilancio civilistico sicuramente contribuisce al calcolo del risultato finale, nella riclassifica secondo criteri del FFP viene esclusa dai ricavi.
Ne' sembrerebbe, come osserva Marotta, potersi assimilare questa rinuncia ad un "provento finanziario" (che ricadrebbe più facilmente fra i ricavi rilevanti):
Nell’Allegato X, parte B, n. 1, lettera h), si trova la definizione di proventi finanziari. La definizione stabilisce un legame con la provenienza del ricavo, che deve provenire da fonti esterne. Infatti, i proventi finanziari sono gli interessi derivanti dall’uso di attività (denaro) fatto da terze parti. Ovviamente, la proprietà di una società non rientra nella categoria delle “terze parti”. Pertanto, difficilmente, ai fini del Financial Fair Play, la rinuncia agli interessi su un prestito fatto dalla proprietà, potrà essere considerata tra i proventi finanziari.
In termini pratici quindi non è una cosa che porti un beneficio diretto al calcolo del break-even
Secondo Marotta è invece assimilare la rinuncia agli interessi da parte del socio ad una "donazione", facendola così rientrare nell'ambito dell’Allegato X parte D, n. 3, lettera a), “contributi da azionisti e/o parti correlate”.
(…) la norma in questione assimila la remissione di un debito, equiparabile alla rinuncia degli interessi, a un contributo in conto capitale, in quanto si traduce in un aumento del patrimonio netto.
I “contributi da azionisti e/o parti correlate”, definibili anche col termine di “donazioni”, sono presi in considerazione dall’articolo 61 comma 2, che permette di coprire il deficit, nell’ambito delle soglie di tolleranza ammesse (ad esempio 45 milioni), proprio con le donazioni.
Personalmente condivido l'intepretazione.
Ma vorrei divertirmi a capire fino a che punto un'eventuale interpretazione più estensiva da parte del CFCB non racchiuda un rischio di possibile aggiramento delle regole del Fair Play Finanziario.
La quasi totalità delle squadre di calcio (come peraltro qualunque azienda) utilizzano le banche per finanziare il loro fabbisogno di circolante.
Per spiegare in maniera comprensibile anche ad un "non finanziario" di cosa stiamo parlando, le società di calcio hanno dei momenti in cui incassano tanti soldi (tipicamente la fase degli abbonamenti) ma sono poi tenute a dei pagamenti mensili (stipendi, spese generali, ecc.) e non possono aspettare il momento dell'effettivo pagamento delle varie entrate che hanno (i diritti tv, i premi, i contributi UEFA); vanno quindi in banca e chiedono di poter avere dei prestiti garantiti dal futuro incasso. Tecnicamente si tratta di cessioni di credito che sono anche conosciute come "anticipo" o "sconto" delle fatture.
Bene, questo meccanismo porta ovviamente con sé dei costi, che sono a tutti gli effetti dei "rilevanti" ai fini del FFP, perché si tratta di interessi passivi che non sono legati alla costruzione di impianti sportivi o centri a servizio della squadra.
Se ipotizziamo che il tasso di interesse applicato sia intorno al 5% e se è ragionevole che una squadra che partecipa alle competizioni UEFA (non parlo dei "mostri sacri") abbia un'esposizione di 50/100 milioni di Euro, la cifra in ballo può essere compresa fra i 2,5 ed i 5 milioni di Euro all'anno. Nulla di eclatante, ma anche cifre relativamente piccole possono contribuire a raggiungere il risultato atteso del break-even di bilancio o, quantomeno, a mitigare le eventuali perdite
Se la rinuncia agli interessi venisse considerata dal CFCB anche ai fini del FFP come un "provento finanziario", cadrebbe a tutti gli effetti fra i ricavi rilevanti e contribuirebbe al calcolo del risultato dell'esercizio e alla verifica del rispetto del break-even.
L'azionista/mecenate potrebbe quindi avere interesse, anziché far indebitare la squadra con il mondo bancario, di erogare un finanziamento soci remunerato (magari allo stesso tasso di interesse) per poi avere la flessibilità di decidere, a seconda del risultato dell'anno, se incassare effettivamente gli interessi oppure rinunciarvi.
Certo, si tratta di una perdita secca e di un costo, ma siamo sicuri che l'esclusione da una competizione UEFA per mancato rispetto dei parametri del Fair Play Finanziario non sia più onerosa in termini di suo intervento?
Se, invece, la rinuncia agli interessi fosse equiparata "solo" ad una donazione, il beneficio che verrebbe riconosciuto all'azionista è molto più contenuto: rinunciare a dei soldi a lui dovuti (gli interessi) anzichè effettuare un versamento a fondo perduto per ripianare la perdita di bilancio, che comunque rimarrebbe con il vincolo di non superamento dei 45 milioni di Euro nel periodo di monitoraggio.