È al lavoro, pertanto, l’ennesimo comitato (tecnico?) che dovrebbe allineare tutta quella parte, economica e normativa, che fa riferimento agli accordi di secondo livello, quelli aziendali per intenderci. Infatti, pur essendo le quasi defunte consorelle molto simili, se viste dall’esterno e da occhi profani, ad uno sguardo più attento rivelano differenze sostanziali che sono il risultato finale di una singolare stratificazione storica che ha seguito, in ciascuna azienda, percorsi non del tutto sovrapponibili. Fatto sta che ora, nell’imminenza di questa fusione - frettolosa quanto improcrastinabile - il comitatone si appresta a mettere ordine nella giungla di accordi, accordini ed accordicchi, che decenni di relazioni sindacali (all’insegna del volemose bene) hanno sedimentato. Ma come, direte, non apparteniamo tutti al settore autoferrotranviario? Ci saranno solo piccole, forse insignificanti, differenziazioni che possono tranquillamente e rapidamente essere appianate. Purtroppo (o fortunatamente), non è così, anzi. Le variabili sono innumerevoli e sarebbe semplicistico liquidare l’operazione armonizzazione riservandole un approccio minimizzante.
Innanzitutto, immagino che l’operazione sia stata preceduta da una ricognizione dello status quo. Ma anche questa solo apparentemente banale operazione potrebbe riservare delle spiacevoli sorprese. Non sarà così facile, infatti, raccogliere, in una sorta di testo unico, la moltitudine di trattamenti di nicchia creata grazie alla spinta di un sindacalismo d’antan - frutto della cogestione, della compartecipazione e della condivisione del periodo delle vacche obese. La stessa memoria storica della genesi di molti accordi è patrimonio, esclusivo e custodito gelosamente, di pochi iniziati. Fare ordine in quella palude, seppure doveroso, potrebbe essere compito ingrato, foriero di scarsi risultati.
Ma pur tralasciando gli aspetti puramente operativi, quello che mi preoccupa maggiormente è quale sia la strategia che governerà (?) il processo. Occorre capire, cioè, se l’intento finale è ridurre tutto a fattore comune ma con una tendenza al ribasso (come le difficoltà economiche imporrebbero) o se invece, il mandato affidato al Comitatone, è provare a trovare una mediazione sia riguardo agli aspetti puramente normativi che a quelli più strettamente economici. Per dirla più chiaramente: ci dobbiamo aspettare un livellamento verso il basso o il perdurare di un sistema variegato e discriminatorio anche nella nascente EAV 2.0?
Modestamente, ritengo che la pregressa esperienza fatta con la convergenza in EAVBUS delle aziende della gomma debba essere di severo monito. In quel caso, a detta di tutti, mi pare si siano prodotti soltanto problemi che, a distanza di ben tre anni, stentano a trovare una soluzione soddisfacente e condivisa. Insomma, il famigerato Comitatone avrà da lavorare e credo che in pochi oggi invidino coloro i quali sono stati chiamati a farne parte. Una speranza ci deve accomunare, però, e cioè che qualsiasi sia la modalità con cui i membri sono stati individuati, essi sappiano che nelle loro mani è stata depositata una irripetibile occasione per dare un volto diverso alle nostre future posizioni normative e retributive. I tempi sono propizi per un cambiamento epocale, che abbandoni i vecchi e superati schemi basati sostanzialmente sulla acquiescente accettazione dello status, per dare maggiore enfasi alla reale produttività. Gli impietosi e stringenti vincoli esterni potrebbero essere un’utile spinta al cambiamento, ma temo che, come sempre, ci si accontenterà di un’operazione di piccolo cabotaggio che finirà per scontentare tutti.
Ciro Pastore – Il Signore degli Agnelli
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