Verso l’Asia in bicicletta: Francesco Alaimo

Creato il 03 gennaio 2013 da Patrickc

Verso il confine bosniaco (di Francesco Alaimo)

Francesco pedala da due mesi. E’ partito dall’Italia e ha attraversato i Balcani mentre l’autunno faceva strada all’inverno. Lentamente, senza forzare i tempi, ma senza risparmiare le forze: sotto l’acqua a basse temperature ha macinato chilometri. Ma la strada è ancora lunga, perché la sua destinazione finale è l’Australia. Gli ho chiesto di raccontare per Orizzonti come si decide di partire per un viaggio così, in bici. E me lo ha raccontato mentre era fermo a Salonicco, in attesa di prendere la strada dell’Asia.  

(Francesco Alaimo, studente, ha 23 anni. Il racconto del suo viaggio lo trovate sul suo blog I’ve got a bike e su No borders magazine)

di Francesco Alaimo

Due mesi fa sono partito. Sono partito da solo, con l’idea di attraversare l’Asia in bicicletta. Dopo aver pedalato per più di 2000 chilometri in Est Europa, ci sto per entrare in Asia, e quello che era nato come un semplice pensiero ozioso sta per diventare una cosa reale. Un anno di preparativi,dubbi e aspettative e, finalmente, potrò associare strade e paesaggi alle linee sinora tracciate solo su mappe, con tutti i piaceri e gli inconvenienti che questo comporta.
Vorrei provare a spiegare come è riuscito questo pensiero, quello di un viaggio da solo, in bici, che sarebbe durato diversi mesi, ad entrare nella mia testa, a piantare radici in essa, sino a crescere, crescere e diventare il mio principale progetto per l’immediato futuro.


Una serie di esperienze vissute in prima persona, assieme a racconti di splendidi viaggi altrui (a piedi ed in bici), mi hanno avvicinato all’idea di viaggio lento, pianificato a lungo, ma comunque mai completamente definito, ‘zaino in spalla’ e via. La passione per la bicicletta, l’idea di stare da solo per un periodo di tempo così lungo e la componente di sfida intrinseca ad un simile progetto (che poi, nonostante possa sembrare l’opposto, le difficoltà che si incontrano sono più mentali che fisiche, come ha giustamente sottolineato Christian una volta) hanno fatto il resto.
Spesso trovo difficile spiegare che il fatto di non avere compagni di viaggio è una scelta. E lo è per diversi motivi, l’essere soli semplifica infatti le cose da un punto di vista organizzativo, e allo stesso tempo offre esperienze di viaggio molto più ricche ed intense. Inutile negare la presenza di momenti di solitudine o di frustrazione, ma è generalmente proprio in questi momenti che avvengono quei gesti che risollevano il morale e che ho iniziato a catalogare come ‘atti di spontanea generosità e gentilezza da parte di estranei’. Inoltre da solo il viaggio ti appartiene in una maniera diversa e si scoprono, grazie a gesti che probabilmente mai si sarebbe compiuti in presenza d’altri, nuovi aspetti del proprio carattere.
L’idea di viaggiare in bici e di attraversare dunque cittadine e villaggi che di per sè non sembrano offrire grandi attrazioni turistiche nasce anche da una parziale delusione. Proprio in questi giorni discutevo con una amica riguardo un mio viaggio in Perù e Bolivia e non ho saputo rispondere alla sua domanda sui contatti con la gente del posto, i quali ovviamente ci sono stati, ma quasi sempre posticci perché filtrati da una presenza eccessiva di turismo. Cuzco è la città che meglio esemplifica tutto ciò: agenzie di viaggio e negozi che vendono attrezzatura tecnica hanno oramai invaso il centro dell città. Lima è lo splendido esempio opposto. In questi due mesi nei Balcani, complici i posti attraversati ed il periodo dell’anno non proprio ideale per attraversarli, sono stato travolto da una genuina curiosità da parte della gente; spesso bastava fermarsi nella piazza di una cittadina a riempire le borracce per essere invitati in un bar a bere un caffè, essere tempestati di domande e sentire storie riguardanti la gente e il paese attraversato. Difficilmente dimenticherò il breve tempo passato a Gacko, paesino di montagna bosniaco, trascorso a chiaccherare nel nostro stentato francese con un signore che, avendomi visto pedalare con temperature ampiamente sotto zero, mi aveva invitato a sedermi con lui in un bar e mi aveva offerto un ‘petit gateau per riscaldarmi e per darmi forze per arrivare al villaggio successivo’. (Per inciso, vale comunque la pena andare in Sud America, anche solo per i paesaggi che si incontrano. Basta sapere cosa volere e cosa aspettarsi dal viaggio).

In Macedonia
(di Francesco Alaimo)

Una cosa che mi viene ripetutamente chiesta è se non mi annoio a pedalare tutto il giorno. Ovviamente no, altrimenti farei altro; quando trovi il ritmo giusto e smetti di contare i chilometri che hai fatto e quelli che ti mancano, le ore passano veloci, anche la fatica smette di farsi sentire e, sbagliando, pensi di poter continuare così per giorni e giorni; solo quando ti fermi capisci quanto il tuo corpo sia in realtà stanco. E poi, nonostante mi stia semplicemente adattando ad una nuova routine, il paesaggio attorno a me cambia continuamente.

Una delle migliori giornate sinora è stata quando ho attraversato il confine tra Bosnia e Montenegro; per tutta la mattina la strada è stata in salita, superati i 1000 m di altitudine ha iniziato a cadere un sacco di neve, ho pedalato attraverso una valle innevata e quasi completamente deserta e ho iniziato una lunghissima discesa verso il golfo di Kotor, che ha iniziato ad apparire all’orizzonte in contemporanea con i primi raggi di sole, per poi piantare la tenda in riva al mare. Una sensazione di euforia simile a quella provata quella sera l’ho provata quando, dopo aver attraversato le fredde montagne macedoni, sono entrato in Grecia e, presa una stradina secondaria, ho attraversato addormentati villaggi, ognuno con la  sua chiesa ortodossa, circondato dal verde delle colline greche e dal blu di un cielo limpidissimo.
In Asia le difficoltà aumenteranno inevitabilmente. E questo renderà giornate simili ancora migliori.

aggiornamento: Pedalando da Bologna a Sydney (articolo su Il Resto del Carlino)


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