L’ultima volta che sono salita su una di questi giganti di acciaio era nel febbraio del 2012 nel porto di Kochi, in Kerala. Era la petroliera Enrica Lexie e a bordo c’erano quattro maro’ impauriti dopo l’arresto del capo team Massimiliano Latorre e del suo vice Salvatore Girone.
Adesso la storia e’ un’altra anche se solchero’ le stesse acque del Mediterraneo prima, poi Suez e il Mar Arabico, sulla rotta dei pirati somali. Sono curiosa di vedere come funziona l’antipirateria.
La societa’ francese CMA CGM che mi ospita non ha mai avuto attacchi di pirateria e di fatti non vedo il filo spinato sulle fiancate come invece aveva la Lexie. Un avvocato keralese mi ha detto che la CMA CGM aveva ‘buoni rapporti’ con i pirati somali, facendomi capire che pagava per la sicurezza delle proprie navi. Come no lo so...
La Medea e’ una grande portacontainer con i suoi 349 metri di lunghezza da prua a poppa e 42 di larghezza. Puo’ portare 9.200, ma non e’ la piu’ grande,mi sembra che la piu’mastondotica ne porti 15 mila.
Uno stewart rumeno, Catelin, mi ha accompagnato in ascensore al ponte F, alla cabina ‘passeggeri’ numero uno (le cabine sono 5). E’ a due letti separati con un salottino al centro. Da un oblo’ vedo la prua e tutto l’immensa stiva dove escono e entrano le ‘scatole’ mentre due oblo’ si affacciano sul lato a sinistra. Sopra di me c’e’ solo il bridge di comando e ovviamente la cabina del capitano.
Alle 12 mi chiamano per pranzo in una sala sul ponte B. C’e’ una tavola per gli ufficiali, un’altra che penso sia per i cadetti, e una per i passeggeri. E’apparecchiata per due. Catelin, che serve anche a tavola, mi dice che e’atteso un altro compagno di viaggio.
Il capitano, Stephan Carpentier, scende con una decina di ufficiali e ingegneri. Si scusa perche’ non puo’ intratternersi con me perche’ ci sono le operazioni di carico e scarico in corso.
Il menu’ e’ stampato su foglio dove ci sono anche gli eventi del giorno nel passato. Leggo che il 18 settembre 1851 il New York Times ha iniziato le pubblicazioni. Chissa’ come erano i trasporti all’epoca. C’erano braccia umane a sollevare le cose che oggi vedo danzare su e giu dal mio oblo appese alla gru. Bicipiti, odore di sudore e delle merci, delle spezie, della frutta e poi chissa’gli imballaggi come erano. I porti erano aperti, c’era di tutto intorno, non come ora che sono zone off limits a diversi chilometri dalle citta’. Se voglio uscire dal terminal a piedi, e’ praticamente impossibile, per le distanze e anche penso perche’ non sarei autorizzata per la sicurezza.
Davanti alla Medea c’e’ una distesa di container colorati, quasi tutti CMA CGM. Alcuni sono uno sopra l’altro, tutti in file precise per permettere a un gigantesco muletto, che sembra un baldacchino con le ruote di sollevare le scatole passandoci sopra. Visti dall’alto sembrano dei mostri di un film di fantascenza, hanno dei movimenti veloci e non stanno mai fermi. Il guidatore e’in una cabina in alto. Immagino che vuol dire guidare uno di questi macchinari. Ma il compito piu’ difficile secondo me e’ di quello che guida le gru a ponte (non so come chiamarle) che caricano e scaricano i container. E’ un lavoro di precisione, perche’ bisogna centrare i quattro ‘buchi’ del container e per fare questo si aiuta con delle ‘alette’ . Oggi e’ una giornata di assoluta calma, ma chissa’ cosa succede quando c’e’vento. Poi quando serve ‘scoperchia’ la stiva per prendere o posare altre scatole. Sono due o tre le gru al lavoro, ma non vanno per ordine, a me sembra che prendano o mettano a casaccio.Ma a uno sguardo piu’ attento noto che i container frigo sono tutti insieme e che probabilmente saranno gli ultimi a essere scaricati.
E che c’e’ dentro? Boh, sui container c’e’ solo scrtto il peso, 34 tonnellate comprese le 4 di tara. Forse sono vuoti. Ormai dall’Europa non si esporta piu’nulla. Forse la frutta, o i formaggi. Magari olio d’oliva o vino come ai tempi dei romani. Ma dato che ci vogliono settimane non possono essere formaggi freschi o salumi, quelli viaggiano in aereo. Chissa’ se il comandante lo sa che trasporta...glielo chiedero’.
Sono affascinata dalla logistica. Dietro ci saranno i computer, ma di fatto e’ ancora un lavoro di motori, enormi carrucole, putrelle e rotaie. Come agli inizi della rivoluzione industriale.Alla fin fine, anche nell’era digitale e’ tutta una questione di ingranaggi e olio lubrificante. Amazon non potrebbe esistere senza una gru. Ma chissa’perche’ nessuno sa nulla del manovratore della gru mentre tutti sanno del fondatore di Amazon.