25 gennaio 2013 – Quando nel giugno 2011 la tradizionale pausa estiva è stata bruscamente interrotta dal nuovo scandalo calcio scommesse la mia memoria è subito tornata indietro al 1980. In quella domenica di marzo, le manette ai polsi scattarono direttamente sui campi di calcio alla fine delle partite. Lo scandalo coinvolse giocatori più o meno famosi, dirigenti e vari personaggi di dubbia moralità. A questo naturalmente seguirono – come è facile immaginare – indagini, condanne, penalizzazioni e assoluzioni.
Il nuovo scandalo, venuto alla luce dopo un’attenta indagine condotta dalla procura di Cremona, ha evidenziato un incredibile intreccio di scommesse a livello internazionale. Una struttura decisamente ben articolata con sede a Singapore, capace di gestire un giro di scommesse su partite di molti campionati di diversi paesi. E nel calderone sono finite ahimè anche numerose partite dei nostri campionati di serie A e serie B. Al filone d’inchiesta di Cremona si sono poi aggiunti i filoni di Bari e di Napoli. Lascio a voi immaginare il polverone che si è scatenato con la contestazione di reati che partono dall’omessa denuncia fino ad arrivare alla frode sportiva e all’associazione a delinquere.
In tutto questo, come ogni indagine che si rispetti, la parte del leone l’hanno fatta ancora una volta i cosiddetti “pentiti”, che scoperti con le “mani nella marmellata”, hanno pensato bene, per salvare il proprio salvabile, di “portare a bordo” tutto e tutti.
Il punto cruciale del nostro sistema di giustizia sportiva, nei suoi diversi gradi di giudizio – primo grado, secondo grado, Tnas – credo abbia una sostanziale debolezza strutturale ovvero non ammette confronti tra pentito “accusatore” e accusato. Laddove il pentito sia considerato come dire “credibile” l’imputato chiamato in causa, sia esso colpevole o innocente – non ha di fatto pressochè alcuna possibilità di difendersi. Un sistema di giudizio che non esito a definire imbarazzante per un paese come il nostro. Non solo, oltre a questa imperfezione di base, in questi mesi ho notato da parte dei giudici un atteggiamento a dir poco discriminatorio. Ho visto giocatori di squadre blasonate uscire ben presto di scena o quanto meno ottenere in tempi brevi assoluzioni piuttosto che riduzioni di pena. Lo stesso trattamento è stato riservato anche a dirigenti, allenatori e società altrettanto blasonati.. Meno bene è andata per quelli che possiamo chiamare “pesci piccoli” che da diversi mesi attendono ancora di conoscere il loro destino. E spesso senza alcuna possibilità di potersi realmente difendere.
In sostanza un enorme polverone che con il tempo si è dissolto come se il mondo delle scommesse “clandestine” fosse divertimento di pochi eletti. Non credo sia proprio così, ma soprattuto credo che il tanto decantato “la legge è uguale per tutti” evidenzi in questo caso qualche lieve crepa.
Tuttavia mi piace e voglio pensare che si arrivi presto alla conclusione e soprattutto auspico che chi da sempre si professa estraneo alla vicenda veda riconosciuta quanto prima la propria innocenza. Secondo un indagine televisiva siamo secondi solo dopo l’Albania nel triste elenco dei campionati con il più alto livello di corruzione legato alle scommesse clandestine. Un primato del quale difficilmente possiamo andare fieri.
Forse è presto per considerare debellato il fenomeno. Serve una forte inversione di marcia soprattutto nella nostra cultura sportiva. La nascita tuttavia di una giustizia sportiva più efficace e soprattutto più equa potrebbe essere già un primo importante passo.
Enrico Brigi