Verso una società del tempo libero

Creato il 18 luglio 2013 da Sviluppofelice @sviluppofelice

di Arturo Hermann*

Esiste una crescente difficoltà nel tardo capitalismo a portare la domanda effettiva al livello di pieno impiego. Ciò avviene per una serie di contraddizioni le quali, rendendo il nostro modello di sviluppo sempre meno sostenibile, spingono il sistema verso “una società del tempo libero”. È quindi necessaria una politica economica capace di favorire queste trasformazioni.

L’evoluzione dei moderni sistemi economici ha visto nei più importanti Paesi un continuo aumento della quota della spesa pubblica sul PIL. Un’importante spiegazione di ciò è — senza dimenticare il ruolo dei vari gruppi di interesse “pubblici” e “privati” — che la spesa pubblica è un’importante componente della domanda effettiva, e quindi contribuisce ai profitti delle imprese. Tale fenomeno, già evidenziato dai cd Socialisti della Cattedra, e in particolare da Adolph Wagner, ha trovato un fondamento più rigoroso, sebbene non del tutto esplicito, nell’analisi keynesiana ed istituzionalista.

In un ipotetico sistema di soli operatori privati non potrebbero esservi profitti di rilievo. Infatti i salari, a livello aggregato, costituiscono un costo per le imprese. Tale costo può essere ridotto a zero se i lavoratori spendono tutto il loro reddito, ma non può costituire una fonte di profitto.

D’altra parte, nemmeno le spese di investimento degli imprenditori, anche se danno luogo a profitti per le singole imprese, possono generare un profitto netto per tutte le imprese: al profitto di un imprenditore non può che corrispondere una spesa per un altro, di conseguenza il saldo netto dei profitti per l’insieme delle imprese è zero.

Certo, gli imprenditori possono accrescere i loro consumi, ma ciò trova un limite nelle caratteristiche della produzione di massa (possono comprarsi lo yacht, ma acquistare, ad esempio, mille televisori a testa per sostenere la domanda aggregata è un po’ meno pratico).

Di conseguenza, una parte significativa dei profitti delle imprese proviene da “fonti esterne” al sistema delle imprese. Tali fonti di profitto assumono due forme principali ed interrelate: spesa pubblica e creazione di credito. Entrambi gli aggregati hanno origine nell’intervento pubblico; anche nel caso del credito, dove il settore pubblico funge da garante ultimo del valore della moneta.

Nella nostra “società opulenta” esiste una contraddizione di fondo tra molte politiche di credito, che tendono ad elevare la capacità di spesa di consumatori e investitori ben oltre il loro reddito corrente, e le politiche del lavoro, le quali mirano a ridurre i salari dei lavoratori.

L’analisi di questi aspetti — rendendo chiaro che la “finanziarizzazione” dell’economia è rinforzata dalla carenza cronica di domanda effettiva — può contribuire a spiegare il carattere “sistemico” dell’attuale crisi economica.

Il rilancio della domanda attraverso politiche espansive e redistributive (ad esempio, una maggiore progressività dell’imposta sul reddito), anche se necessario, non è sufficiente nel medio-lungo periodo per uscire dalla crisi.

Infatti, da un lato, le innovazioni tecnologiche tendenti a risparmiare forza lavoro, e dall’altro, i problemi della sostenibilità ambientale, rendono sempre più difficile raggiungere l’equilibrio di piena occupazione attraverso la sola espansione della domanda.

Infine, vi è il problema, sottolineato da vari autori, della “sazietà” per certi consumi, che rende “sub-ottimale” per molte persone aumentare senza limiti i propri consumi.

Per tutti questi motivi, come evidenziato da J.M.Keynes, J.K.Galbraith e altri autori, la soluzione di fondo consiste nell’instaurare una società del tempo libero, basata sullo sviluppo delle attività sociali e culturali.

In un tale scenario, osserva Keynes, i tratti più negativi del capitalismo — l’obiettivo primario del profitto, l’eccessiva parsimonia, l’egoismo — avranno sempre meno ragione di esistere. Per questo motivo, egli auspica che l’economia diventi una materia per specialisti — ad esempio, come nel caso della professione del dentista — alla quale ricorrere solo in caso di necessità (Essays in Persuasion, Norton, Londra e New York, 1963 [1931], pp. 372-3).

Tale trasformazione potrebbe contemplare la riduzione dell’orario di lavoro, il sostegno del reddito per i disoccupati, lo sviluppo di forme cooperative e partecipative, la promozione della ricerca e della cultura, la trasformazione in senso sostenibile del sistema economico.

Il problema maggiore di questa transizione è come utilizzare il tempo libero per lo sviluppo della personalità. Ciò può essere collegato con un senso di colpa inconscio, che tende ad equiparare il tempo libero con la pigrizia e l’indifferenza.

Infatti, se il sistema di mercato tende ad essere percepito come un severo ed inflessibile super-io, si tenderà a verificare una dicotomia inconscia tra la “disciplina del mercato”, dove “veramente avviene la produzione”, e l’aspetto protettivo e materno della spesa pubblica, che, proprio per questo, viene ritenuta “improduttiva”.

Per realizzare una società sostenibile, basata sulle reali esigenze delle persone, sembra quindi opportuno promuovere un processo di valutazione sociale che renda espliciti i valori e i conflitti che sono alla base della nostra azione. 


* Primo ricercatore presso l’Istat. Il lavoro impegna solo l’autore.

Hermann, A., “La ‘Società Opulenta’ di John Kenneth Galbraith e la sua rilevanza per i problemi attuali”, Il Pensiero Economico Moderno, nn. 1-2, 2012.

Hermann, A., “Gli ‘Essays in Persuasion di Keynes’ e la loro rilevanza per le politiche attuali”, Nuova Economia e Storia, n.4, 2012.