Viaggiare che fatica: 5 imprese degne di nota

Creato il 03 marzo 2016 da Elena Zappi

Che cosa significa per voi viaggiare?

Per me ha molteplici significati: scoprire, vivere, aprire la mente e gli occhi verso un mondo che a volte ci sembra così lontano e irraggiungibile, mentre è qui a pochi passi da noi. Quando viaggio la mia mente si libera e si rilassa e raccoglie come una spugna tutto quello che è possibile carpire dai popoli che incontro, dalle culture con le quali m'interseco, dai paesaggi e dai luoghi. Volti, immagini, profumi, sapori sono come un uragano di emozioni, difficili da descrivere a parole.

Viaggiare ha sicuramente significati profondi e diversi per ognuno di noi ma viaggiare ha anche significati concreti e tangibili perché quando viaggiamo fatichiamo "fisicamente" e io che sono rinomata per non essere una super sportiva, pur avendo un fidanzato che fa triathlon, ogni volta che mi cimento in avventure non proprio alla mia portata, all'inizio la fatica prende il sopravvento annebbiandomi ogni capacità cognitiva ma poi con caparbietà riesco sempre a portarle a termine.

Voglio raccontarvi 5 imprese "degne di nota" dei miei viaggio, escursioni che mi hanno fatto davvero sudare l'impossibile, mi hanno fatto arrabbiare, dire un sacco di parolacce mentre il mio fidanzato se òa ride e mi prende in giro perché il mio è un copione fisso:

" Ma che palle, ma dov'è? Ma quanto manca? Aveva detto un'ora ne sono passate due! Ma a me sembra un sentiero per esperti! Lo so oggi morirò! Ti odio, perché cavolo mi hai fatto fare questa cosa! Perché non ho forze altrimenti ti picchiere! Mi sento male!"

Queste sono solo alcune delle mie frasi standard che ripeto a raffica quando vengo "costretta" ad un'attività fisica leggermente superiore a 3 scalini; poi alla fine gioia e soddisfazione prendono il sopravvento e come da copione ripeto:

"Hai visto dove ti ho portato! Comunque hai visto che ce l'ho fatta?"

Trekking a Hsipaw

Prima di partire per la Birmania, avevo trovato molte informazioni sul trekking nello stato Shan, un'esperienza imperdibile per avvicinarsi allo splendido popolo birmano. Ci siamo affidati al Mr. Charles massimo esperto a Hsipaw per i trekking, (abbiamo preferisco questa città a Kalaw perchè meno battuta) e con un gruppo di 7 persone siamo partiti per 2 giorni di trekking (25km ca) tra le splendide colline dei villaggi Shan. Quando sono in gruppo ho l'ansia da prestazione perchè non voglio risultare la più scarsa o rallentare il gruèèp, in queste situazioni il mio mood è il mutismo. Non parlo, cammino e non dico nulla, soffoco le mie fatiche per non fare figuracce. Il trekking è stato bellissimo, io lo raccomando a tutti ma bisogna essere onesti: è stato una faticaccia. Io sono stata abbastanza fortunata, il mio gruppo era molto omogeneo: tutti atleti che passeggiavano senza versare una goccia di sudore, io neanche ve lo spiego. La nostra guida ha ben pensato di allungare alcuni tratti per farci addentrare ancora di più in questi luoghi magici, soste frequenti ma breve, ho odiato i 3kg di reflex che portavo sulle spalle ripromettendomi che l'anno dopo avrei mollato a casa quell'aggeggio pesante come un macigno e avrei usato solo compatte e cellulari (ovviamente non ho mai lasciato a casa la reflex); ho esaurito le scorte d'acqua nella metà del tempo, chiesto zuccheri per evitare di svenire e morire tra quelle colline, e poi come sempre maledetto il giorno in cui avevo deciso di fare quell'escursione. Ora vi dico che è stata tra le più belle della mia vita e forse la più bella in Birmani e se volte approfondire leggete anche: La Birmania che non ti aspetti.

Trekking Monkey Rocks

In Kenya ci siamo affidati ad un'agenzia locale ci ha aiutato a scovare posti nuovi e poco battuti dai turisti, le Monkey Rocks ne sono l'esempio. Si tratta di un sistema di colline a poca distanza dal Lago Viktoria, sono abitate da popolazioni locali molto isolate e poco propense al turismo di massa. Mi era stata preannunciata una camminata di un ora per raggiungere un dei due view point e il resto del tempo sarebbe stato dedicato alle popolazioni. Ve la faccio breve, di view point ne abbiamo visto uno solo e l'ora si è trasformata in 4h di trekking. Io sarà lenta e poco atletica ma loro avevano tarato male i tempi. La temperatura media era di 30° i nostri due accompagnatori non hanno accusato nessuna fatica, con le loro infradito, saltellavano su di un sentiero improvvisato e praticamente inesistente, io arrancavo, sono caduta non ricordo più quante volte, avevo terra e sporco ovunque, dopo mezzora avevo perso le speranze ma ormai ero in ballo e dovevo finire questo percorso. I locali mi guardavano perplessi, non si capacitavano del perchè fossi così stremata, con estrema gentilezza mi offrivano ogni volta acqua (ho dovuto declinare sempre per ovvi motivi) e poi finalmente raggiungiamo la vetta. Il panorama ad essere sincera non era degno della fatica, la parte migliore è stata interagire con le popolazioni di questi villaggi sperduti nel nulla assoluto. E poi, mentre ti rilassi, guardando il panorama e bevendo l'ultima bottiglia d'acqua a tua disposizione, vedi un bambino che terrorizzato scoppia a piangere perchè sei bianco e non capisce se sei vero oppure un robot, questa per me è una di quelle esperienze uniche e che non ha prezzo.

Petra

Petra è una delle sette meraviglie del mondo moderno, uno di quei posti che devono essere visti almeno una volta nella vita La maggior parte delle persone non immagina che Petra sia un grandissimo villaggio archeologico molto ben conservato e dalle considerevoli dimensioni (in quella giornata abbiamo calcolato di aver camminato circa 30 km per vedere l'intero sito di Petra). Una delle aree meno battute è il Monastero, locato a circa 8km dalla porta del famoso tempio principale. Noi abbiamo visitato il sito in A prile, forse uno dei mesi migliori per farlo quando il caldo non è torrido e rende praticabile molte delle sue parti più nascoste e lontane. Abbiamo iniziato la salita al monastero nel pomeriggio dopo aver accumulato già svariati km sulle gambe, mezza bottiglietta d'acqua e tanti ma tanti scalini da salire. Stremata a dir poco non vedevo la fine, affianco a me "sfrecciavano" asinelli carichi di gente che stremata raggiungeva il Monastero nel modo meno faticoso. NON FATELO, non prendete quei poveri asinelli e ve lo dice una scansafatiche come me; piuttosto fate meno cose ma non incentivate questi abusi. Sali e sali e sali e io non ne potevo davvero più ma poi arrivata al Monastero senza turisti perchè molti avevano desistito, i miei sforzi erano stati ripagati! Alla sera le mie gambe non reggevano più, avevo un tremolio costante ma non ha prezzo bersi un tè di fronte a così tanta bellezza.

La muraglia cinese

Per quanto fossi preparatissima - sulla carta - per il viaggio in Cina non mi ero mai domandata cosa significasse scalare la Muraglia cinese. Io nella mia ignoranza mi aspettavo di dover fare una "passeggiata" sulle mure più alte e più lunghe del mondo e invece... Ne ho fatti solo 5km ma a me sono sembrati 40, ho imparato che la muraglia cinese non è pianeggiante, non ha lievi dislivelli, è un massacro sconnesso in salita che se fatta in agosto significa avere una media di 39°/40° con oltre il 90% di umidità. Il mio viso a riacquistato un colore sano solo verso le 6 di sera quando ormai stavamo rientrando a Pechino. Noi abbiamo optato per il tratto di muraglia di Mutianyu, che in molte parte è ancora del tutto sconnesso. Non ho mai sudato così tanto, nemmeno dopo una sauna, la maglietta che avevo in dosso era un tutt'uno con me, così bagnata che si poteva strizzare. Io annaspavo passo dopo passo, gradino dopo gradino ( sulla muraglia, ci sono anche i gradini...) e la gente che discendeva e che aveva appena vissuto quella fatica d'ercole mi guardava incitandomi! Non ho raggiunto la vetta ma i miei 5km li ho fatti con i miei soliti modi coloriti ma con la gioia alla fine, accampata sotto l'ombrellone di un cinese che vendeva acqua a cifre folli, ho ripreso fiato e poi l'ho guardata: io ero li su quella muraglia cinese tanto famosa e tanto imponente e non ho potuto fare a meno di apprezzarne la magnificenza, lo splendore e capire come mai, è una delle sette meraviglie del mondo.

Duna nel deserto del Sahara

Vi ho raccontato in questo post ( Una notte nel deserto marocchino ) della splendida notte trascorsa tra le dune e il cielo stellato nel deserto del Marocco. Quando abbiamo raggiunto in dromedario l'accampamento beduino era quasi il tramonto e il posto migliore per goderselo era questa sinuosa duna disegnata nella sabbia che aveva l'altezza giusta per gustarsi lo spettacolo. Si preannunciava un momento romantico e unico tutto da vivere ma ecco che bisogna salirci su questa splendida duna e per me è stato tutto tranne che semplice. Il sole inizia a scendere rapido alle nostre spalle e i nostri accompagnatori c'invitano a salire in fretta sulla duna: passo dopo passo sprofondo nella sabbia, le scarpe si riempiono sempre di più, aggiungendo peso inutile alla mia camminata, arranco, sudo, la sabbia mi entra in ogni parte del corpo anche in bocca e quando la mia faccia diventa rossa come un pomodoro maturo e il fiato mi si spezza del tutto inizio a sbraitare contro l'ignoto, maledicendo quella breve salita di 10 minuti. Il tramonto è stato da urlo, tra i più belli mai visti. Ma il silenzio di tomba delle persone li intorno a me, incantate dalla vista di quell'emozionante sole arancione, era rotto dal respiro asmatico di una persona che aveva scalato l'Everest e non una semplice duna di sabbia.


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