E confesso che, dopo avere incontrato Anna Russo, il direttore dell’ABA - Accademia di Belle Arti di Catanzaro, ne sono ancora più convinta. Tutto lo staff di ABA in questi giorni è impegnato a celebrare le sue quaranta primavere, traguardo piuttosto importante e… non facile.
Perché essere un’Accademia di Belle Arti in Italia è complicato, e ancora di più se lo sei in una regione del Sud. Ma i viaggi controvento sono quelli che lasciano il segno (e in arte questo conta, molto!) e sono anche quelli che fanno crescere.
A questo punto non ci resta che salpare.
Anna Russo, lei è direttore dell’Accademia di Belle Arti di Catanzaro dal 2011, ci sono due motivi che la rendono particolarmente orgogliosa di questo ruolo?
I motivi di orgoglio sono tanti. Innanzitutto sono direttore nella mia città e di solito questo non accade. In secondo luogo, sono il primo direttore donna di questa Accademia e la cosa è ancora più rara. E terzo, è l’orgoglio di lavorare per la realizzazione di un’Accademia che come docente ho sempre sognato. Un impegno che vivo con grande entusiasmo, forse anche eccessivo.
E due motivi di preoccupazione?
Quando si ha a che fare con la formazione si ha un’enorme responsabilità. Soprattutto per noi docenti delle Accademie che abbiamo tra le mani una materia umana molto diversa rispetto agli altri ambienti universitari, che offrono ai loro iscritti un ventaglio di possibilità molto più ampio del nostro.
Chi frequenta l’Accademia lo fa per una vocazione fortissima. Sono ragazzi formidabili con le incertezze tipiche della loro età, ma anche la forza di credere in loro stessi. In fondo, sono ragazzi che inseguono un sogno. La responsabilità più grande nei loro confronti è di non deluderli, non spegnere i loro sogni. Oltre, naturalmente, di formarli.
Chi sono gli studenti che s’iscrivono all’Accademia di Belle Arti oggi?
Io li definisco degli eletti e anche dei fortunati. Qualcuno ha detto che in ogni uomo e in ogni donna c’è un artista; un’idea che dovrebbe spingere tutti noi a vivere ogni giorno con la sensibilità e la delicatezza tipica di questa condizione. Certo è una sensibilità che spesso ti porta a vivere a pelle nuda, a essere vulnerabile. Sapesse come è facile per noi deludere le aspettative, a volte ancora utopiche, di un ragazzo!
Non è raro per chi sceglie un percorso di studi artistici, e lo posso dire per esperienza personale, sentirsi diverso in una società che si relazione al mondo del sensibile con modalità non-artistiche. È la stessa differenza che c’è tra il vedere e il guadare.
Siamo ancora davanti all’immagine dell’artista eletto, ma socialmente isolato?
Assolutamente no! È arrivato il momento di mettere da parte l’idea romantica dell’artista isolato. Il vero artista oggi prende il Boeing, si sposta da un capo all’altro del mondo: un giorno è a Roma, quello successivo a New York. È una persona che vive il suo tempo e la sua contemporaneità, in una dialettica continua tra se stesso e l’altro.
Io credo moltissimo nel valore del confronto, un aspetto a cui riservo particolare attenzione nella didattica perché lo ritengo fondamentale per la crescita di ogni studente. In fondo, non è possibile insegnare a esser artisti; io considero i docenti degli stimolatori culturali il cui compito è spingere ogni allievo a guardarsi intorno, esplorare il mondo, andare alla ricerca della propria storia e delle proprie radici.
Ma l’Italia ha ancora bisogno di artisti?
È chiaro a tutti che l’Italia ha sbagliato completamente la sua politica culturale, per non parlare di quella urbanistica del territorio. Le scelte fatte sono state dettate esclusivamente dalle esigenze del momento, senza alcuna politica di proiezione. E oggi, chi difende le arti? Chi le alimenta? Chi le promuove, se non le Accademie? Eppure facciamo tanta fatica…
Qual è la situazione attuale delle Accademie di Belle Arti italiane?
Le Accademie di Belle Arti in Italia sono appena venti, molte di meno rispetto ai Poli universitari. Esser parte di questa “minoranza” è la nostra forza, ma anche la nostra debolezza; incarniamo un peso politico totalmente differente dalle Università, sebbene i titoli di studio rilasciati siano equipollenti.
Mio malgrado, devo dire che spesso la politica non riconosce, né percepisce come un valore il nostro essere “élite culturale” in campo artistico. Ma, nonostante tutto, voglio essere positiva. Lavorare in un’Accademia di Belle Arti continuo a considerarlo un privilegio.
L’Italia vista da un’Accademia di Belle Arti che Paese è?
L’Accademia fotografa un mondo ancora possibile, fatto di giovani entusiasti. Chi s’iscrive all’Accademia sa che la strada è difficile, ma lo fa anche se tutti cercano di fargli cambiare idea. E quando arrivano i primi riconoscimenti, i primi premi la soddisfazione è doppia.
Lo vedo con i miei studenti di Catanzaro; negli ultimi anni la nostra Accademia ha ottenuto dei riconoscimenti in ambito nazionale e internazionale molto importanti, proprio grazie al loro lavoro. Come direttore ho insistito molto su questo punto: ho invitato gli studenti a partecipare a tutti i più noti concorsi e come Istituzione ci siamo fatti carico delle spedizioni delle opere e dei viaggi dei ragazzi.
Quanto è importante il tema dell’internazionalizzazione dal suo punto di vista?
La nostra Accademia mira a essere un’eccellenza nel territorio calabrese e in Italia, in grado di offrire ampie possibilità di incontro e confronto agli allievi. Proprio per questo abbiamo attivato l’Ufficio Erasmus e messo a disposizione di studenti e docenti borse di studio per entrare in contatto con le altre Accademie europee.
Io stessa a breve andrò in Cina per conoscere la realtà universitaria locale, con l’obiettivo di selezionare gli studenti più talentuosi per portarli nella nostra Accademia. Questo progetto ci permetterà di interagire con una cultura differente come quella cinese, ma già presente nel mondo artistico internazionale.
Quale rapporto c’è tra l’Accademia e la città che la ospita?
Io definirei l’Accademia un’isola felice in una città sempre più arroccata in posizioni di grande conservatorismo. La città ha iniziato da poco a interagire con l’Accademia e fortunatamente sempre più spesso veniamo coinvolti in avvenimenti o questioni che riguardano l’arte e la contemporaneità.
Quello che rilevo, però, è la paura del cambiamento che impedisce di cogliere occasioni preziose di rinnovamento dell’assetto urbano-architettonico e socio-culturale della città. All’inizio, anche il Beaubourg di Parigi è stato contestato e ha suscitato polemiche. E ben venga la discussione!
Ma poi deve esserci la forza e la volontà politica di andare oltre, per tirarsi fuori dall’immobilismo. Tutta questa esigenza di conservazione non ci ha portato lontano e a volte ha creato un eccesso di polemiche, come nel caso del recente progetto di restyling di Piazza Matteotti curato dall’architetto Franco Zagari e criticato in particolare per il tipo di sedute proposte.
Cosa non è piaciuto di questa proposta?
Credo non sia stato colto in pieno il suo messaggio, rivolto principalmente ai giovani e ai loro bisogni, come lo stesso Zagari ha sottolineato nella lettera inviata alla stampa in seguito alle prime critiche.
Riportare l’Accademia nel cuore della città sarebbe positivo non solo per chi la frequenta quotidianamente, ma anche per Catanzaro stessa, che potrebbe acquisire quella vivacità perduta.
Le celebrazioni del nostro quarantennale hanno anche questo obiettivo: dinamicizzare il centro storico attraverso eventi culturali e lezioni pubbliche. E non è un caso che il punto di riferimento per tutte le manifestazioni in programma sarà il complesso monumentale del San Giovanni, già consacrato all’arte da anni.
Il Quarantennale dell’ABA potrebbe diventare l’occasione per creare un ponte tra il passato e il futuro di questa città?
Certo! Solo poche settimane fa abbiamo inaugurato la mostra Visione In-attesa (visitabile sino al 31 ottobre), un’esposizione che raccoglie 90 opere di artisti che hanno creduto nel mio progetto di crescita dell’Accademia e hanno deciso di donarci una loro opera.
Tra i tanti mi piace ricordare il maestro Alessandro Mendini (di cui è nota la critica verso il mondo delle Accademie) che, ospite a Catanzaro per un breve soggiorno, ha ammirato l’entusiasmo del nostro lavoro e ha voluto inviarci un’opera serigrafica, quale segno della sua vicinanza.
Abbiamo anche inaugurato due video istallazioni realizzate dagli studenti e installate nei cortili di Palazzo di Città e Palazzo Rossi e solo pochi giorni fa una terza Stazione Creativa, realizzata dall’artista Mariagrazia Pontorno.
I prossimi appuntamenti in programma?
Venerdì 10 ottobre ci sarà la rivisitazione dello spettacolo teatrale Le Sedie di Ionesco, messo in scena nel cortile del Complesso Monumentale, e il 17 ottobre un doppio appuntamento: il conferimento del diploma honoris causa ad Aurelio Amendola, fotografo di fama internazionale, e la video-proiezione CZ Lumen in Piazza Prefettura. Si tratta della ricostruzione in 3D del Teatro San Carlino, simbolo della vecchia Catanzaro, demolito nel 1938 per inagibilità della struttura.
Le ultime due settimane di ottobre saranno dedicate alla didattica: una serie di lezioni di arte contemporanea, aperte al pubblico saranno svolte da alcuni docenti dell’Accademia nella sala conferenze del San Giovanni.
L’invito che rivolgiamo a tutti è di non perdere nessuno degli eventi in programma.
Sembra vogliate contaminare del vostro entusiasmo proprio tutta la città, un ottimo progetto. A questo punto possiamo dare un consiglio a un giovane aspirante artista: perché scegliere d’iscriversi a un’Accademia di Belle Arti, magari quella di Catanzaro?
Per quanto riguarda la nostra Accademia posso dire che i nostri studenti godono del privilegio di esser guidati da un corpo docente molto preparato, che li invita al dialogo e al confronto quotidiano. Ecco perché vincono così tanti premi!
Per finire, diamo un suggerimento anche a un giovane premier?
Visto che, come prima azione, il nostro premier ha visitato una scuola, lo inviterei a colmare le tante falle che esistono nel nostro settore, e a guardare con attenzione alla cultura dell’alta formazione artistica, ma anche musicale.
In Italia abbiamo Conservatori che formano eccellenti musicisti, ma – per dirne una – non ci sono le orchestre che possano accogliergli. L’unico consiglio valido, che sento di poter elargire, è quello di provare a restituire a questo Paese il suo primato culturale in campo artistico, musicale e letterario.
In effetti si viaggia controvento in ABA, ma con le idee chiare e tanto coraggio… Mille di questi giorni!