Il mio viaggio a Berlino faceva parte del progetto #UnViaggioAlMese, tramite il quale mi ero imposta di spendere tra volo e alloggio massimo 120 euro, ci sarò riuscita?
Ti parlerò di questo la prossima volta, perché come al solito preferisco dare prima spazio alle emozioni.
Berlino è una città diversa dalle altre, che va visitata con uno spirito giusto perché ha un impatto emotivo che definirei unico.
Mi piacerebbe che tu ora provassi ad immaginarla come una bella donna che però viene tradita dal proprio marito e che, dopo un lungo pianto, si sistema il trucco e riprende a camminare a testa alta.
Se riesci a mentalizzare questa cosa, allora hai davanti ciò che Berlino è realmente.
Le strade di Berlino ne hanno viste di cose ed è inutile dire che sono state teatro di eventi tanto importanti quanto crudeli, come se l’umanità -sto generalizzando troppo, ma so che capirai il senso- avesse perso il vero valore del termine, come se si fosse dimenticata l’importanza del resto del mondo.
Proprio quello che, invece, io stessa sto cercando di acquisire girandolo, questo mondo.
Berlino è una città fatta di street art e spazi immensi che ti permettono di respirare a pieni polmoni e, grazie ai suoi musei, di immaginare cosa significasse vivere in quel periodo o passeggiare in un passato non troppo remoto lungo la celebre Unter den Linden, che collega la Porta di Brandeburgo ad Alexanderplatz.
In soli due giorni siamo riusciti a visitare i luoghi e i musei più importanti, ampliando addirittura l’itinerario che avevo preparato prima della partenza. Ma si sa: uno crea mille programmi e duemila progetti, per poi lasciarsi avvolgere dall’inaspettato, da ciò che cattura l’attenzione sul posto e che, quasi sicuramente, non era nei piani.
Per esempio, ero molto curiosa di conoscere il museo delle DDR che tuttavia non mi ha entusiasmata, al contrario del Museo del Muro, sul quale invece ci sono pareri discordanti.
Avevo un vago ricordo di questo luogo e mi ha fatto piacere visitarlo nuovamente, per capire davvero la divisione della città iniziata nel 1961 e terminata nel 1989.
Tantissime famiglie, nel corso di una sola notte, sono state letteralmente separate.
Ascoltando la storia del muro, mi sono chiesta: “Come avrei reagito se all’improvviso non mi avessero più permesso di andare a trovare i miei parenti o addirittura i miei genitori, solo perché si trovavano, per esempio, nel lato est della città?”
Nel museo sono esposte tutte le fotografie delle persone che hanno tentato di passare da un lato all’altro e vengono raccontati sia i tentativi riusciti che quelli, purtroppo, falliti.
Le finestre di alcune abitazioni che si trovavano proprio sulla linea di confine sono state murate, perché le persone le usavano come via di fuga, saltando poi su un telo dei pompieri. Purtroppo non tutte sono riuscite a prendere le giuste misure, perdendo così la vita.
Sono rimasta molto colpita dalla storia di una mamma che era stata separata dal proprio figlio e che ha avuto un’idea brillante per andare a riprenderselo.
Come saprai, non era concesso a chiunque di attraversare il muro, tuttavia lei riuscì ad avere un permesso ed ebbe la geniale idea di portare con sé un carrellino della spesa per infilarci dentro il piccolo, dopo averlo fatto addormentare con una pasticca di tranquillante. Per non destare sospetti, lasciò la cerniera aperta, coprendogli la testa con uno strofinaccio.
Ma successe una cosa inaspettata: suo figlio iniziò a parlare nel sonno!
Fortunatamente, la foto che li ritrae di nuovo insieme e sorridenti è esposta in bella vista su una delle pareti del museo.
Berlino è una città che va capita ma soprattutto sentita.
E’ inevitabile mettere in valigia un pochino di pregiudizio, perché ha fatto da sfondo a vicende che abbiamo studiato tutti e delle quali riconosciamo l’atrocità. Però poi arrivi lì e ti rendi conto che invece di nascondere la polvere sotto al tappeto, lei l’ha messa lì in bella vista, ha detto “sì, queste cose sono successe e non lo nego”.
Fare un viaggio a Berlino vuol dire imbattersi in un passato che non l’ha risparmiata e del quale continua ancora a sentirne il peso sulle spalle, forse perché siamo in parte predisposti a ricordare in modo più vivido le esperienze terribili rispetto a quelle positive.
Io invece questa volta ho provato a guardarla con occhi diversi, imponendomi di riconoscerne l’eleganza, la forza, la tenacia e per fare ciò, ho inevitabilmente dovuto scontrarmi con le sue cicatrici.
Ma ho capito una cosa.
Berlino poteva scegliere di piangersi addosso, di continuare a strisciare, di perdersi in vittimismi.
E invece no, ha deciso di costruire un castello dove prima c’erano le sue stesse macerie.