Oggi, rovistando tra i scaffali, ho trovato un libro prezioso. Si tratta di Viaggio a Samarcanda di Eugenio Turri. E' una sorta di reportage-romanzo, edito da Diabasis nel 2004, acquistato in occasione dell'esame di Storia delle esplorazioni. All'epoca frequentavo l'Università di Parma e ricordo quel corso come uno dei più appassionanti di quell'anno accademico. Luisa Rossi, la professoressa, ci diede una lista di saggi da studiare tra cui quello di Turri. E ancora oggi vorrei ringraziarla per questo.
La Via della Seta percorsa a "piccole tappe, con sofferenza e partecipazione, com'è raccontato in queste pagine", è il racconto che parte da Istanbul e si sviluppa fino a toccare Samarcanda - Mosca - Tiblis. Il viaggio risale al 1958, da un lato l'Occidente come unico mondo possibile, dove il capitalismo sfoggiava con arroganza le sue potenzialità, dall'altro il resto del Mondo. L'Asia e i Paesi sovietizzati dell'Asia rientravano in quest'altra porzione di Mondo, quella dove sembravano non esserci possibilità. Eugenio Turri, esploratore e geografo oltre che professore di Architettura e Urbanistica del Politecnico di Milano, racconta con grande sensibilità uno dei viaggi più affascinanti che un uomo, a mio parere, possa compiere in quanto si toccano città simbolo dell'antichità (Samarcanda ne è un esempio). Con estrema sensibilità, con un linguaggio puro, nitido, la parola scorrevole e facile alla lettura, Turri racconta il nomadismo pastorale e la vita nei villaggi d'oasi, arricchendo le pagine di aneddoti affascinanti.
Se da un lato la modernizzazione in atto si espandeva nel cosiddetto Occidente civilizzato, dall'altro l'antichità e la staticità dei popoli asiatici impediva alla modernità di permeare e di rivoluzionare Paesi che, ancor oggi, non conoscono il significato di mutamento o rivoluzione. Eugenio Turri, attraverso il suo saggio, invita a riflettere sul significato intrinseco del viaggio nella storia dell'uomo oltre al valore che certi luoghi (come l'Afghanistan) hanno nella storia dell'Umanità e al peso sociale che rivestono anche nel nostro quotidiano (anche se di questo pochi se ne accorgono) nonostante il loro immobilismo.